La pace sia con te

sabato 18 aprile 2009

Novus Ordo Missae e Motu proprio di papa Benedetto XVI sul "rito in latino".

Don Piero Cantoni ne il "Novus Ordo Missae e
Fede Cattolica. Massa, 1 gennaio 1988" arriva alla seguente

"CONCLUSIONE (pagg. 131-134)
Giunti al termine del nostro cammino, è arrivato il momento di
lanciare uno sguardo retrospettivo all'itinerario percorso.
Siamo partiti da questa domanda fondamentale: le critiche di
radicale protestantizzazione rivolte al NOM (Novus Ordo Missae), che si presenta con caratteristiche tanto diverse dall'ordo tradizionale e con tante somiglianze con la pratica protestantica, sono giustificate?
Per rispondere a questo quesito abbiamo, anche se
frettolosamente, interrogato la storia, per cogliere i punti essenziali di
divisione/distinzione fra concezione cattolica e protestantica della Messa.
Identificatili nel carattere sacrificale, nella presenza reale e nel
sacerdozio ministeriale, ci siamo accinti a verificarne il permanere nel
nuovo rito, nella sua «introduzione generale» e nelle sue rubriche.
Ci è sembrato tuttavia necessario premettere due esposizioni di
carattere teologico e metodologico. Perché la Messa è sacrificio? Perché è
«imago repraesentativa passionis Christi», risponde san Tommaso.
Perché è il «memoriale della morte del Signore», dice la tradizione. Il
concetto chiave di memoriale si trova così inserito nella «sana dottrina».
Quali sono i criteri corretti di interpretazione di un testo liturgico e di
un atto del magistero (perché in casu si tratta dell'uno e dell'altro)?
Poiché si tratta di interpretare un testo, il problema di una corretta
metodologia che tenga conto della natura del testo si impone, e si rivela
in definitiva come il punto centrale. L'allargamento dell'orizzonte
ermeneutico alle note e ai pronunciamenti del Magistero nella loro
continuità costituisce un imprescindibile dovere. Solo in questo
contesto allargato si può cogliere il senso proprio e oggettivo dei nostri
testi ed esso si rivela inequivocabilmente cattolico.
La prova documentaria si snoda seguendo i punti dottrinali cardine che si vuole verificare negli articoli dell'IGMR ( Institutio generalis Missalis Romani) e nelle preghiere dell'OM.
a) Si constata allora che il carattere sacrificale non è negato
coll'uso del termine «memoriale» e che il fine propiziatorio è affermato
con l'affermata identità di sacrificio del Calvario e sacrificio eucaristico e con l'uso di termini equivalenti.
b) Si constata che il sospetto silenzio sul termine scottante
«transustanziazione» è stato corretto nel testo definitivo, che l'insistenza su altre forme di presenza di Cristo, diverse da quella eucaristica, non esce dall'ambito della concezione cattolica della presenza eucaristica «reale non per esclusione ma per antonomasia» (Mysterium fidei).
c) Si constata che la differenza essenziale fra sacerdozio comune e
sacerdozio ministeriale è nuovamente affermata e l'insistenza sulla
partecipazione dei fedeli si inserisce in una concezione «organica» e non
ha niente a che vedere con la concezione indifferenziata dei protestanti.
Fatta la verifica che il rito è sostanzialmente cattolico, ci siamo
posti la domanda se – data la sua indiscutibile natura di «misura di
interesse generale» emanante dalla suprema autorità della Chiesa –
sarebbe stato, per ipotesi, possibile giungere ad una conclusione
contraria. La dottrina sull'infallibilità dottrinale e pratica della Chiesa
ha confermato i nostri rilievi. Problematica esaminata dopo nella
riflessione teologica, ma che viene prima nel concreto esercizio dell'atto
di fede.
Una raccolta di testi del Magistero viene a fornire il supporto
documentario (non completo, ma sufficientemente vasto) alla nostra
linea interpretativa, mentre qualche testo liturgico, esaminato nelle sue
parti più importanti, costituisce una ulteriore, preziosa, verifica.
Abbiamo detto all'inizio che era nostra intenzione fare
dell'apologetica autentica, la quale, fondata come è sulla verità e
sull'obiettività, non può esimersi dal registrare anche quello che le
critiche hanno di vero. Questo è importante per comprendere come le
critiche sono state possibili e per aprire la strada ad una soluzione che
dia soddisfazione ai malcontenti fondati.

Abbiamo così riscontrato uno sbilanciamento ecumenico
eccessivo che dà luogo ad una certa confusione. L'attenuazione dei
termini efficacemente propiziatori risulta poi tanto più pericolosa in
quanto avviene nel contesto edonistico contemporaneo che ha perduto –
è cosa evidente per tutti – il senso del peccato e ha dimenticato il valore
del sacrificio. La centralità della presenza eucaristica risulta anch'essa
attenuata, quando si tratta del nucleo centrale del mistero e di qualcosa
di particolarmente ostico per la mentalità moderna refrattaria al
«miracolo» e al «mistero» (e quindi bisognoso di più ferma professione).
Anche la sottolineatura unidirezionale del sacerdozio dei fedeli ci pare
molto pericolosa nel contesto ugualitaristico contemporaneo, per cui il
rischio di comprendere tutto – senza distinzioni – in un'ottica
«democratica» risulta tutt'altro che chimerico.
La prima redazione dell'IGMR ha poi messo in circolazione un
testo (il famoso articolo 7) perlomeno gravemente ambiguo nella forma
(definizione?) e nel contenuto (la Messa è un'assemblea?). Questo testo
purtroppo, nonostante l'autorità lo abbia corretto e abbia dunque
lasciato il testo modificato come unico valido, continua a circolare ...
A queste (e ad altre che si trovano sparse nel tessuto
dell'argomentazione) si può aggiungere una osservazione di carattere
più generale.
Il fatto che il NOM si presenti come un rito nuovo. Nuovo sotto
tanti punti di vista. Quanto al modo della sua comparsa: «molto è
successo in modo troppo improvviso – osserva il card. Ratzinger – in
modo tale che per molti fedeli non era più riconoscibile l'intima unità
con ciò che precedeva». Quanto alla relazione con il Messale precedente:
«si è data l'impressione di un nuovo libro, anziché presentare il tutto
nell'unità della storia liturgica» e con il Concilio: «qui è stato travolto
anche lo stesso Concilio, che per esempio aveva ancora detto che la
lingua del rito latino rimaneva il latino dando alla lingua volgare uno
spazio conveniente. Oggi ci si può chiedere se esiste ancora un rito
latino; una coscienza di esso è a stento ancora riscontrabile». Quanto al
modo con cui è stato realizzato: il nuovo Messale «è stato realizzato
come se fosse un nuovo libro elaborato da professori e non una fase di
una crescita continuata. Una cosa simile, in questa forma, non era mai
successa, contraddice il modello del divenire liturgico e proprio questo
procedimento ha soprattutto provocato l'idea assurda che Trento e Pio V
avessero fatto, da parte loro, un messale quattrocento anni fa. La
liturgia cattolica è stata così declassata a prodotto degli inizi dell'età
moderna e, in questo modo, si è prodotto uno scivolamento di
prospettiva che è inquietante». Inquietante perché rischia di
compromettere qualcosa di essenziale: «la coscienza dell'ininterrotta
intima unità della storia della fede, che si manifesta proprio nell'attuale
unità della preghiera proveniente da questa storia»1.
Ciononostante dobbiamo affermare, come conclusione che ci pare
ampiamente dimostrata dal nostro studio, che l'«intima unità» di cui
parla il card. Ratzinger, sia sostanzialmente conservata nel NOM, anche
se la sua manifestazione ha subito qualche attenuazione.

Non si può legittimamente mettere in dubbio che si tratti di un rito cattolico, che rappresenta, rispetto alla sostanza del mistero celebrato, un cambiamento soltanto accidentale, espressione di un avvicinamento
ecumenico, che può essere discutibile nella «politica» che sottintende,
ma non può essere accusato di compromesso dogmatico.
Detto questo non possiamo non auspicare che una «riforma della
riforma» venga a ridonare una maggiore limpidità al rito della Messa,
fugando definitivamente ogni restante ombra e permettendo così a tutti,
anche a coloro che un certo ecumenismo ha allontanato, di partecipare
ancor meglio al mistero del Corpo e del Sangue del Signore, in attesa
che, caduto il velo dei sacramenti, possiamo partecipare insieme, nella
visione, alla Messa eterna."


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In termini sintetici il dotto studio di don Piero Cantoni arriva alla conclusione che il "Novus ordo missae", cioè il messale introdotto da Papa Paolo VI nel 1969 con la Costituzione Missale romanum, è un rito cattolico attenuato.

Adesso si capisce perché il 7 luglio 2007 Benedetto XVI ha pubblicato l'attesissimo "motu proprio" papale sul rito della messa anteriore alla riforma del 1970 assieme a una lettera di spiegazione ai vescovi.
Attenuare significa diminuire (cfr. Grande dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia. Torino, 1970).
Infatti si parla di circostanze attenuanti per indicare un qualcosa che comporta una diminuzione della pena.

A questo punto una domanda sorge spontanea: a chi giova avere una Santa Messa attenuata, quando la si potrebbe avere intera?

Quale madre darebbe ai propri figli un cibo attenuato , cioé diminuito di proteine, vitamine e sali minerali, anziché intero?
Sì, con il cibo attenuato, depauperato delle sostanze nutritive, si vive lo stesso ma di una vita stentata e debole: un'altra cosa è la la vera salute, vita piena, rigogliosa e forte.


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giovedì 16 aprile 2009

Ricerca e raccolta fondi per il cancro

Tratto da un libro scritto dal dr. HERBERT M. SHELTON (1885-1985)

“Parlate di cancro a qualcuno a bruciapelo, lo vedrete impallidire, apparire imbarazzato, supplicarvi con lo sguardo di cambiare argomento; ciò perché il cancro benefica del prestigio dell’orrore.
La medicina ha subito una disfatta totale, irreparabile, disperata, che non può essere celata da alcune delle false dichiarazioni ottimistiche che appaiono settimanalmente sulla grande stampa. Una disfatta che è rappresentata da migliaia di vite perdute, da torture inimmaginabili, fisiche e morali inflitte a milioni di esseri umani.
Questo a causa di anni ed anni di lavoro sprecato dai ricercatori dediti a ricerche inutili perché fondate su presupposti gratuiti, teorie totalmente errate, su idee che non hanno assolutamente alcun rapporto con la realtà…
La ricerca medica, le fondazioni mediche (con tutto il rispetto per coloro che vi si dedicano in buona fede) altro non sono, che grossi imbrogli. I cavalieri d’industria della crociata contro il cancro, usano l’arte di spaventare le genti per creare la psicosi del terrore di cui hanno bisogno per portare coloro che credono a finanziare i loro sporchi lavori….
Chi non sa che la paura ha un effetto magico sulle borse più serrate!! Il decesso della maggior parte dei malati di cancro e almeno il novanta per cento delle loro sofferenze, sono provocate dai farmaci, dai bisturi, dai raggi X…
Tutti i medici sanno che le terapie attuali abbreviano la vita dei malati di cancro…
Questi demoni non si stancano mai di mendicare sempre più soldi per finanziare le inutili e sadiche torture che infliggono ai malati. Se vi fossero uomini intelligenti ai posti direttivi dello stato, questo delitto sarebbe severamente punito anziché sostenuto ed incoraggiato…
Da ogni parte sentiamo chiedere sempre più fondi da sciupare in ricerche inutili sempre più nuove. Fondi per le cosiddette malattie incurabili che costituiscono la fortuna di quella categoria di persone che ponendo in atto ogni mezzo, non disdegano di sfruttare impunemente ed a loro maggior profitto l’ignoranza e l’ingenuità del pubblico.
La scoperta della causa del cancro inaridirebbe il ruscello di latte e miele che la ricerca medica rappresenta per molti, ma sarebbe anche la rovina per le industrie che producono apparati chirurgici, radiologici, farmaci chemioterapici ed ogni altra cosa conseguente il problema.
La causa del cancro è proprio l’ultima cosa al mondo che quest signori si preoccupano di scoprire e divulgare; si impegnano strenuamente a puntare i loro microscopi verso la luna, mentre la causa del cancro è a portata delle loro mani.
Chiedono continuamente soldi allo sciocco merlo che è il pubblico e come l’inferno il loro motto è di non confessarsi mai sazi…”

dal sito: http://www.nuovamedicinagermanica.it/

Herbert Macgolfin Shelton (1885-1985) è stato uno dei padri fondatori della corrente naturopata chiamata igienismo, o igiene naturale.
Sosteneva che la salute si basa sull'esercizio fisico, l'aria aperta, il sole, il riposo, la tranquillità mentale, e una dieta principalmente vegetariana basata su pochi grassi e poche proteine e molti frutti e ortaggi integrali principalmente crudi, noci e semi. Il fatto che sia campato cento anni la dice lunga.

sabato 11 aprile 2009

Madre Eugenia Elisabetta Ravasio della Congregazione di Nostra Signora degli Apostoli

Testimonianza del Vescovo di Grenoble, S.E. Mons. Alexandre Caillot,

a conclusione dell'inchiesta canonica, condotta dalla Commissione di esperti convocati da varie parti della Francia per il processo diocesano da lui stesso avviato nel 1935 e che durò dieci anni. 

Fra gli altri fecero parte della commissione: il Vicario del Vescovo di Grenoble Mons. Guerry, teologo; i fratelli gesuiti Alberto e Augusto Valencin, tra le massime autorità in campo filosofico e teologico ed esperti in valutazione di casi simili; due dottori in medicina, uno dei quali psichiatra. 


    Sono passati dieci anni da quando, come Vescovo di Grenoble, ho deciso l'apertura di un'inchiesta sul caso di Madre Eugenia. Possiedo ora elementi sufficienti per portare alla Chiesa la mia testimonianza di Vescovo.
 
1. Una prima certezza si pone in piena luce dall'inchiesta: quella delle solide virtù di Madre Eugenia. 
    Fin dai primi tempi della sua vita religiosa la Suora aveva attirato l'attenzione delle Superiore per la sua pietà, la sua obbedienza, la sua umiltà.
    Le Superiore, turbate dal carattere straordinario dei fatti che si erano verificati durante il suo noviziato, erano intenzionate a non tenerla in convento. Esse esitarono e dovettero rinunciare al loro progetto, data la vita esemplare della Suora.
    Durante l'inchiesta, Suor Eugenia dette prova di grande pazienza e di perfetta docilità, sottomettendosi a tutti gli esami medici senza lamentarsi, rispondendo agli interrogatori, spesso lunghi e penosi, delle Commissioni teologiche e mediche, accettando le contraddizioni e le prove.
    Tutti gli inquirenti hanno lodato soprattutto la sua semplicità.
Parecchie circostanze hanno permesso anche di scoprire che la Suora era capace di praticare le virtù in modo eroico, come testimoniano i teologi, specialmente l'obbedienza nel corso dell'inchiesta del rev. p. Auguste Valencin, nel giugno 1934, e l'umiltà, come nella dolorosa giornata del 20 dicembre 1934.
    Per quanto riguarda le sue funzioni di Superiora Generale, posso attestare che l'ho trovata molto dedita al dovere, consacrata al suo compito - che doveva tuttavia sembrarle molto più difficile poichè non vi era preparata - piena di grande amore per le anime, la sua Congregazione e la Chiesa. Quelli che le vivono vicino sono colpiti, come lo sono io stesso, dalla sua forza d'animo nelle difficoltà.
    Non sono soltanto le virtù che mi impressionano, sono le qualità che la Madre rivela nell'esercizio dell'autorità ed il fatto che una suora, poco istruita giunga ad essere designata per la più alta funzione della sua Congregazione. C'è già in questo qualcosa di straordinario e, da questo punto di vista, l'inchiesta fatta dal mio Vicario Generale Mons. Guerry il giorno dell'elezione è molto suggestiva. Le risposte delle capitolari, tutte, superiori e delegate delle diverse missioni, hanno mostrato che - nonostante la giovane età della candidata e gli ostacoli canonici che normalmente avrebbero indotto a scartare la sua nomina - esse sceglievano Suor Eugenia come Superiora Generale in considerazione delle sue qualità di giudizio, di equilibrio, di energia e di fermezza. la realtà sembra aver di gran lunga sorpassato le aspettative che le elettrici ponevano in colei che esse designavano.
    Ciò che ho maggiormente notato in lei è innanzi tutto la sua intelligenza luminosa, viva, penetrante. Ho detto che la sua istruzione era stata carente, ma ciò per delle ragioni estranee alla sua volontà: la lunga malattia di sua madre l'aveva obbligata, giovanissima, a prendersi cura della casa e a rimanere molto spesso assente dalla scuola. Seguirono poi, fino alla sua entrata in convento, i duri anni della vita in fabbrica come tessitrice. Nonostante queste lacune di base, le cui conseguenze sono evidenti nel suo modo di scrivere e nell'ortografia, Madre Eugenia tiene numerose conferenze alla sua Comunità. Da notare che ha redatto lei stessa le circolari alla sua congregazione e i contratti conclusi con i municipi o Consigli d'amministrazione per gli istituti ospedalieri affidati alle Suore di Nostra Signora degli Apostoli. Ha composto un lungo direttorio.
    Vede chiaro e giusto in ogni situazione, anche nei casi di coscienza. Le sue direttive sono nette, precise, particolarmente pratiche. Conosce singolarmente ognuna delle sue 1400 figlie, le loro attitudini e le loro virtù, e così, nell'attribuire i diversi compiti, riesce a scegliere quelle tra loro che sono le più qualificate. Ha anche una esatta e personale conoscenza dei bisogni, delle risorse della sua Congregazione e della situazione di ogni casa. Ha visitato tutte le sue missioni.
    Vogliamo sottolineare anche il suo spirito di lungimiranza. Ella ha adottato tutte le disposizioni necessarie perchè nell'avvenire ogni Istituto ospedaliero o scolastico abbia le suore diplomate e quanto occorre per vivere e svilupparsi. Infine mi sembra particolarmente interessante far notare: Madre Eugenia sembra dotata di spirito di decisione, realismo e volontà realizzatrice. In sei anni ha dato vita a 67 fondazioni e ha saputo apportare dei miglioramenti veramente utili alla Congregazione.
    Se metto in evidenza le sue qualità di intelligenza, di giudizio, di volontà, le sue attitudini di amministrazione, è perchè esse mi sembrano tali da fugare definitivamente tutte le ipotesi formulate nel corso dell'inchiesta e risultate quindi insoddisfacenti e insostenibili: ipotesi di allucinazione, di illusione, spiritismo, isterismo, delirio.
    La vita della Madre è una costante conferma e manifestazione del suo equilibrio mentale e generale e, anche agli stretti osservatori, questo equilibrio sembra essere la nota dominante della sua personalità. Le altre ipotesi di suggestionabilità, di maneggiabilità, che avevano spinto gli inquirenti a domandarsi se non fossero in presenza di una natura molto impressionabile, come uno specchio sfaccettato che risente di tutte le influenze e le
suggestioni, sono state ugualmente smentite dalla realtà quotidiana. Madre Eugenia, benchè dotata di una natura sensibile e di un temperamento emotivo, ha dato prova che non usava preferenze riguardo a nessuno, e che, lungi dal lasciarsi influenzare dalle considerazioni umane, sapeva sostenere i suoi progetti, la sua attività, le sue realizzazioni e imporsi agli altri per il suo fascino personale. Un semplice racconto val più che ogni apprezzamento: l'indomani della sua elezione a Superiora Generale ella dovette procedere alla nomina di alcune Superiore; ebbene, non esitò a sostituirne una che pur aveva votato per lei e che, sbarcando in Egitto, apprese la revoca dell'incarico notificatole per via aerea.
 
2. Sull'oggetto della Missione:
    L'oggetto della Missione che sarebbe stato affidato a Madre Eugenia è preciso, e, dal punto di vista dottrinale, mi pare legittimo ed opportuno.
    Oggetto preciso: far conoscere ed onorare il Padre, soprattutto con l'istituzione di una festa speciale, chiesta alla Chiesa. L'inchiesta ha stabilito che una festa liturgica in onore del Padre ben si collocherebbe nella linea di tutto il culto cattolico, conforme al movimento tradizionale della preghiera cattolica, che è un'ascensione verso il Padre, mediante il Figlio, nello Spirito, come lo provano le orazioni della Messa e l'oblazione liturgica al Padre nel Santo Sacrificio. D'altra parte, tuttavia, è strano che non esiste nessuna festa speciale in onore del Padre: la Trinità è onorata come tale, il verbo e lo Spirito Santo sono onorati nella loro missione e nelle loro manifestazioni esteriori, solo il Padre non ha una festa propria, che attirerebbe l'attenzione del popolo cristiano sulla sua Persona. Come risulta da una inchiesta abbastanza estesa compiuta presso numerosi fedeli delle diverse classi sociali e perfino presso numerosi preti e religioni, questa assenza di una festa liturgica in Suo onore è attribuibile al fatto che: "il Padre non è conosciuto, non lo si prega, non si pensa a Lui". Chi ha condotto la ricerca scopre anche, con stupore, che un gran numero di cristiani si allontanano dal Padre perchè vedono in Lui un Giudice terribile. Preferiscono rivolgersi all'umanità del Cristo, e quanti domandano a Gesù di proteggerli contro la collera del Padre!
    Una festa speciale avrebbe dunque come primo effetto di ristabilire l'ordine nella pietà di molti cristiani e di ricondurli alla consegna del divin Salvatore: "Tutto ciò che chiederete al Padre, nel mio nome ...", e ancora: "Voi dunque, pregerete così: Padre nostro ...".
    Nello stesso tempo, una festa liturgica in onore del Padre li aiuterebbe anche ad elevare lo sguardo verso Colui che l'apostolo san Giacomo chiamava: "Il Padre di Luce, dal quale ci vengono tutti i doni ...". Abituerebbe le anime a considerare la Bontà divina, i benefici di Dio, la sua Provvidenza paterna, e che questa Provvidenza è proprio quella di Dio Trinità; ed è per la sua natura divina, comune alle tre Persone, che Dio spande sul mondo i tesori ineffabili della sua Misericordia infinita.
    Sembrerebbe dunque, a prima vista, che non ci sia nessuna ragione speciale per onorare il Padre in particolare, tuttavia, non è forse il Padre che ha mandato Suo Figlio nel mondo? Se è sommamente giusto rendere un culto al Figlio e allo Spirito, per le loro manifestazioni esteriori, non sarebbe giusto e doveroso rendere grazie a Dio Padre, come lo domandano i prefazi della Messa, per il dono che Egli ci ha fatto di Suo Figlio?
    L'oggetto proprio di questa festa speciale si delinea allora in maniera netta: onorare il Padre, ringraziarLo, lodarLo per averci dato Suo Figlio; in una parola, come dice esattamente il Messaggio, onorarLo, ringraziarLo e lodarLo quale Autore della Redenzione. Rendere grazie a Colui che ha tanto amato il mondo da dare il Suo unico Figlio perchè tutti gli uomini, riuniti nel Corpo Mistico del Cristo, in questo Figlio, divengano figli in Lui. Nel momento in cui il mondo, turbato dalle dottrine del laicismo, dell'ateismo e delle filosofie moderne, non conosce più Dio, il vero Dio, questa festa non farebbe conoscere a molti il Padre vivente che Gesù ci ha rivelato, il Padre di misericordia e di bontà? Non contribuirebbe ad accrescere il numero di quegli adoratori del Padre "in spirito e verità" che
Gesù ha annunciato? Nel momento in cui il mondo, sconvolto dalle guerre micidiali, va provando il bisogno di cercare un principio solido di unione, per un riavvicinamento tra i popoli, questa festa porterebbe una grande luce, insegnando agli uomini che essi hanno tutti nel cielo lo stesso Padre: Colui che ha donato loro Gesù, verso il quale li attira, come membra del suo Corpo Mistico, nell'unità dello stesso Spirito d'Amore! Nel momento in cui tante anime, sfinite o stanche dalle prove della guerra, potrebbero bramare di volgersi verso una vita interiore profonda, non sarebbe questa festa capace di muoverle "dal di dentro", per adorare il Padre che è nel segreto, e per offrirsi in una oblazione filiale e generosa al Padre, sorgente unica della vita della Trinità Santa in loro? Una tale festa non conserverebbe il bel movimento di vita soprannaturale che trascina logicamente le anime verso l'infanzia spirituale e verso la vita filiate con il Padre, mediante la confidenza, l'abbandono alla Volontà Divina, lo spirito di fede? 
    D'altra parte, distinto da questa questione di una festa speciale e qualunque sia la decisione della Chiesa su questo punto, vi è un problema di dottrina che si pone. Illustri teologi pensano che la dottrina dei rapporti dell'anima con la Trinità debba essere approfondita e che essa potrebbe essere, per le anime, una sorgente di luce sulla vita di unione tra il Padre ed il Figlio, di cui parla S. Giovanni, e sulla partecipazione alla vita di Gesù, Figlio del Padre, e specialmente al suo amore filiale per Lui.
    Qualunque cosa ne sia di questi problemi teologici, ciò che voglio qui sottolineare, è questo fatto: una povera ignorante in teologia dichiara di avere comunicazioni divine, che potrebbero essere molto ricche di dottrina.
      Le costruzioni immaginarie di una visionaria sono povere, sterili, incoerenti. Al contrario, il Messaggio che Madre Eugenia dice esserle stato affidato dal Padre è fecondo, contrassegnato da un incrocio armonioso di due caratteri che lo rendono più sicuro: da una parte esso si pone nella tradizione della Chiesa, senza un aspetto di novità che potrebbe farlo tracciare di sospetto, poichè esso ripete incessantemente che è stato già detto tutto, mediante la rivelazione del Cristo su Suo Padre, e che tutto è nel Vangelo. Ma, d'altra parte esso rende chiaro che questa grande Verità, sulla conoscenza del Padre, necessita di essere ripensata, approfondita, vissuta.
    La sproporzione tra la debolezza dello strumento - incapace esso stesso di scoprire una dottrina di questa natura - e la profondità del Messaggio che la Suora trasmette, non lascia intravedere che un'altra causa superiore, soprannaturale, divina è intervenuta per affidarle questo Messaggio?
    Io non vedo come, umanamente, si potrebbe spiegare la scoperta, da parte della Suora, di un'idea di cui gli inquisitori teologi hanno intravisto soltanto a poco a poco l'originalità e la fecondità.
    Un altro fatto mi sembra ugualmente molto suggestivo: quando Suor Eugenia ha annunciato che aveva avuto delle apparizioni del Padre, gli inquisitori teologi le hanno replicato che le apparizioni del Padre erano in se stesse impossibili, che esse non si erano mai verificate nella storia; a queste obiezioni la Suora ha resistito, dichiarando semplicemente:"Il Padre mi ha detto di descrivere quello che io vedevo. Egli chiede ai suoi figli teologi di cercare". La Suora non ha mai cambiato niente nelle sue spiegazioni, ha ribadito le sue affermazioni per lunghi mesi. Fu solo nel gennaio 1934 che i teologi, nello stesso s. Tommaso d'Aquino, la risposta all'obiezione che essi sollevavano.
    La risposta del grande dottore, sulla distinzione tra l'apparizione e la missione, fu luminosa. Essa superò l'ostacolo che paralizzava tutta l'inchiesta. Contro sapienti teologi, la piccola ignorante aveva avuto ragione. Come spiegare umanamente, anche in questo caso, la luce, la saggezza, la perseveranza della Suora? Una falsa visionaria avrebbe cercato di adattarsi alle spiegazioni dei teologi. La Suora ha tenuto duro; ecco le nuove ragioni per le quali la sua testimonianza ci sembra degna di essere sostenuta con fiducia.
    In ogni caso, ciò che mi sembra degno di nota è questo atteggiamento di riservo assunto a riguardo del meraviglioso. Mentre le false mistiche fanno passare in primo piano, anzi non vedono che le cose straordinarie, queste sono, nel caso della Suora, messe in secondo piano, a titolo di prove e di mezzi. C'è un'assenza di esaltazione, un equilibrio di valori che fanno buona impressione.
    Dell'inchiesta dei teologi dirò solo poche cose. I reverendi pp. Alberto e Augusto Valencin sono stimati per la loro conoscenza nel campo della vita spirituale. Già in altre circostanze essi hanno dovuto intervenire per fatti del genere di quelli sottomessi, questa volta, al loro esame.
    Sappiamo che l'avevano fatto con molta prudenza. Queste sono le ragioni per cui, nella nostra scelta, abbiamo designato loro.
    Siamo loro riconoscenti per una collaborazione che fu devota e veramente coscienziosa. La loro testimonianza a favore della Suora e a credito di una spiegazione soprannaturale dei fatti nel loro insieme ha ancor più valore in quanto essi, per tanto tempo, avevano indugiato, dapprima ostili e scettici, poi esitanti. Si sono convinti poco a poco, dopo aver sollevato ogni tipo di obiezione e imposto alla Suora delle dure prove.
 
 
C o n c l u s i o n i
 
    Secondo la mia anima e la mia coscienza, con vivissimo senso della mia responsabilità davanti alla Chiesa, dichiaro:
    che l'intervento soprannaturale e divino mi sembra il solo capace di dare una spiegazione logica e soddisfacente all'insieme dei fatti.
    Privo di tutto ciò che lo circonda, questo fatto essenziale mi sembra pieno di nobiltà, di elevazione, di fecondità soprannaturale.
    Un'umile religiosa ha richiamato le anime al vero culto, quello del Padre, tale come Gesù lo ha insegnato e come la Chiesa l'ha fissato nella sua liturgia. Non c'è in questo niente di allarmante, niente altro che di molto semplice e conforme ad una solida dottrina.
    I fatti meravigliosi che accompagnano questo messaggio potrebbero essere dissociati da quell'avvenimento centrale e questo conserverebbe tutto il suo valore. La Chiesa dirà se l'idea della Festa speciale può essere accolta al di là del fatto particolare legato alla Suora, e per delle ragioni dottrinali.
    Io credo che la grande prova dell'autenticità della Missione della Suora ci è fornita dal modo in cui lei applica alla vita reale la bella dottrina che ella sarebbe venuta a ricordare. Reputo conveniente lasciarle continuare la sua opera. Credo che lì ci sia il dito di Dio e, dopo dieci anni di ricerca, di riflessione e di preghiera, benedico il Padre di essersi degnato di scegliere la mia diocesi, come luogo di manifestazioni così toccanti del suo Amore.
 
ALEXANDRE CAILLOT
Vescovo di Grenoble all'epoca in cui è stato rivelato il Messaggio

Per chi voglia conoscere il Messaggio di Dio Padre:
www.armatabianca.org/padre.php?sottomenu=4

Per chi voglia conoscere la vita di Madre Eugenia, da lei raccontata a Padre Andrea D'Ascanio, e rivista insieme a lei prima della stampa:
www.armatabianca.org/padre/padre_1-2.php?sottomenu=4&level=1