Un Rabbino americano chiede la canonizzazione di Pio XII
Nella prefazione all’ultimo libro di suor Margherita Marchione
di Antonio Gaspari
ROMA, venerdì, 12 giugno 2009 (ZENIT.org).- E’ un Rabbino statunitense, fino al settembre del 2008 aveva sollevato dubbi sull’idoneità per la beatificazione di Pio XII, mentre adesso prega per il Pontefice e propone di riconoscere Papa Pacelli come santo
Nella prefazione all’ultimo libro di suor Margherita Marchione, “Papa Pio XII. Un antologia di testi nel 70° anniversario dell’incoronazione”, edito in italiano e inglese dalla Libreria Editrice Vaticana, il Rabbino americano Erich A. Silver del Temple Beth David in Cheshire, responsabile per il miglioramento delle relazioni tra Giudaismo e Chiesa Cattolica, racconta il perchè del suo cambio di opinione.
“Credevo – ha scritto Silver nella prefazione al libro della Marchione – che poteva fare di più. Volevo sapere se, infatti, fosse stato un collaboratore, un antisemita passivo, mentre milioni furono uccisi, alcuni in vista del Vaticano”.
Poi – ha raccontato il Rabbino – nel mese di settembre del 2008 venne a Roma, invitato da Gary Krupp a partecipare ad un simposio organizzato dalla Pave The Way Foundation, in cui si voleva esplorare il ruolo di Pio XII durante l’Olocausto.
In quell’occasione il Rabbino Silver conobbe suor Marchione e una cinquantina tra, Rabbini, sacerdoti, studiosi e giornalisti che avevano studiato e indagato a fondo sul tema.
Per Silver, quel simposio è stata una folgorazione: “Le prove che ho visto – ha scritto – mi hanno convinto che la sua sola motivazione (di Pio XII ndr) è stata di salvare tutti gli ebrei che poteva”.
E l’immagine negativa contro Pio XII? Secondo Silver, tutto è cominciato con la pubblicazione del libro “The Deputy” con la diffusione di bugie e l’abitudine a non indagare i fatti storici. Così molte persone sono diventate “strumento di coloro che detestano Pio XII perchè fu sempre anticomunista”.
“E’ da notare – ha rilevato Silver – che, dopo la fine della guerra, e fino alla sua morte gli ebrei lo hanno lodato continuamente riconoscendolo come salvatore”.
“Io spero – ha auspicato il Rabbino – che la canonizzazione di Papa Pio XII possa procedere speditamente, affinché non solo i cattolici, ma tutto il mondo possa conoscere il bene compiuto da quest’uomo di Dio”.
Nella parte finale della sua introduzione al libro della Marchione, Silver ha ricordato che nel 50° anniversario della morte di Pio XII, nella predica di Yom Kippur, “ho parlato del bisogno che c’è di correggere gli sbagli fatti nel passato. Dopo tutto, Eugenio Pacelli è un amico speciale di Dio – un santo. Tocca a noi riconoscere questo fatto”.
Intervistata da ZENIT suor Margherita Marchione, conosciuta come “Fighting Nun” (la suora che combatte), autrice di oltre 15 libri sulla figura di Pio XII, ha ricordato di aver conosciuto e incontrato Papa Pacelli nell’estate del 1957, quando venne in Italia per condurre una serie di ricerche sul poeta Clemente Rebora.
Per suor Margherita, Pio XII è la più grande personalità dell’epoca della Seconda Guerra Mondiale. “Questo Papa – ha detto a ZENIT – nel silenzio e nella sofferenza, senza armi e senza eserciti, riuscì a salvare tante vite umane e ad alleviare tante pene. E’ la verità storica”.
Suor Margherita ha dimostrato che Pio XII fu nemico acerrimo dei nazisti e dei comunisti.
Come ha scritto monsignor Fulton J. Sheen, “il Vaticano è stato tacciato di comunismo dai nazisti, di comunismo dai nazisti, di antifascismo dai fascisti, ma in realtà si oppone a ogni ideologia antireligiosa”.
In merito al rapporto con gli ebrei, suor Margherita può dimostrare che “Pio XII ha salvato più ebrei di qualsiasi altra persona inclusi Oskar Schindler e Raoul Wallemberg”.
“Durante la guerra – ha aggiunto – Pio XII ha fatto di più di qualsiasi altro capo di stato come il presidente americano Franklin Roosevelt oppure Winston Churchill i quali potevano servirsi di mezzi militari. L’unico capo mondiale che ha salvato migliaia di ebrei è stato Pio XII, il quale non aveva mezzi militari”.
“Per questo motivo – ha concluso la religiosa – Pio XII merita di essere riconosciuto come beato” .
giovedì 18 giugno 2009
domenica 14 giugno 2009
ESTERNAZIONI DI COSSIGA.IL PROGETTO EVERSIVO MIRA A TREMONTI.
DA " IL GIORNALE" DEL 14 GIUGNO 2009
«Sì, puntano a far fuori Silvio. È Draghi il loro candidato» di Roberto Scafuri
Roma. Presidente emerito Francesco Cossiga, un «progetto eversivo» vuole sostituire Berlusconi con un «non eletto dal popolo». Sospetti?
«Certezze».
Un Dini del 2009.
«Un governatore della banca d’Italia».
Mario Draghi?
«Chi altri? Il cavallo su cui ha sempre puntato Pierfurby Casini, nel caso di parità elettorale... Ma Silvio ancora una volta ha ribaltato pronostici e avversari».
Già, il Pdl ha retto. Anzi, con le amministrative la vittoria è stata più che netta.
«Aspettiamo i ballottaggi per avere il quadro completo».
Ma altri nomi di «non eletti» spendibili per un progetto del genere ci sono, secondo lei?
«Non ne vedo altri, e mi pare che i rapporti tra il ministro del Tesoro e il Governatore siano tornati sufficientemente tempestosi... Nel passato in lizza c’è stato Mario Monti, ma non mi sembrano i tempi».
Affidare l’Italia a «non eletto», dopo aver distrutto psicologicamente e mediaticamente l’«eletto». Il trauma già vissuto da Berlusconi nel ’94.
«Sì, fu un grosso trauma quando Bossi abbandonò la coalizione e, soprattutto, Scalfaro si rimangiò la promessa delle elezioni...».
Talmente scottato che gli è rimasta la sindrome?
«Possibile».
Esagerato parlare di complotto?
«Ma no... Gridare al lupo al lupo ogni tanto è una tattica di salvaguardia legittima. La difesa non è mai troppa».
Ma chi sono i mandanti dell’attacco? Anche lei pensa a Murdoch?
«Penso che Murdoch c’entri, eccome...».
Soltanto per vendicarsi dell’Iva al 20 per cento, come chiedeva l’Europa? Il movente sembra un po’ debole.
«Murdoch è ancora incavolato come una belva, ma non per l’Iva, che deve aver digerito... Anche se fu virulenta, la campagna lanciata contro il governo».
Sembrava essere diventato il vate della sinistra, il difensore dei deboli...
«Certo! Ma oggi lui ha il dente avvelenato per la questione del digitale terrestre, che moltiplica il numero di canali, e soprattutto perché Rai e Mediaset si vogliono sfilare dalla piattaforma Sky e metterne su una propria, gratuita... Questioni serie, una montagna di denaro».
Quindi non è sbagliato il parallelo con i poteri forti del ’94...
«No, anche se ora non ci sono più in gioco gli Agnelli... E poi De Benedetti c’è sempre».
Un nemico che sembrava però essere diventato più amico...
«Anche lui è molto arrabbiato con il governo, e per di più con il figlio che ha separato le attività finanziarie da quelle editoriali, e con Repubblica ed Espresso che non vanno proprio a gonfie vele...».
E il governo che c’entra?
«Hanno fatto le fusioni bancarie, e lui è rimasto fuori. Hanno sistemato, se così si può dire, la questione Telecom, e lui fuori. Hanno fatto la Cai-Alitalia, e lui...».
Fuori.
«Poi gli è andata male pure l’operazione con la società immobiliare...».
Insomma, sono passati davanti tanti piattini prelibati...
«E lui dice: “ma a me non spetta niente”?».
E per questo ispirerebbe la ruvidezza di «Repubblica», che risulta così indigesta al premier?
«In quel caso c’entra anche un altro fattore: non la cattiveria, direi, ma la durezza di cervice di Eziuccio Mauro. E di D’Avanzo, con le sue ricostruzioni di gossip così lunghe ma anche tanto povere di fatti».
A Berlusconi non può essere imputato nulla?
«Gli avevo consigliato di non parlare di queste vicende... Lui invece è andato a Porta a Porta».
Non si può dire che la controffensiva mediatica non abbia avuto un certo successo. Tornando ai poteri forti, può darsi che il Vaticano non abbia gradito tutto questo clamore attorno a fatti così privati e delicati?
«Ai vertici non prevale un atteggiamento moralistico, anche se riconoscono che tali vicende abbiano creato danno nella fascia degli elettori cattolici, specie delle regioni meridionali. La crescita dell’astensionismo l’ha dimostrato...».
Pensa che tra i beneficiari del «progetto eversivo» ci potesse essere anche il presidente della Camera?
«Assolutamente no. Lui cerca di farsi una sua piattaforma personale... Ha visto che scatto d’orgoglio dei vecchi tempi, con l’affare Gheddafi?».
Forse sarebbe stato meglio evitare del tutto.
«Nella prassi parlamentare i presidenti parlano e straparlano, ma devono evitare di entrare nella sfera diplomatica. Meglio non ricevere personalità di rango così più elevato dal proprio... Anch’io ricevetti in Parlamento il principe di Galles, ma in quanto primo dei lords, che equivale a essere, per così dire, il primo dei senatori del Regno Unito».
Prima, con Gheddafi, c’era stato l’incidente del discorso in Senato...
«Un altro piccolo pasticcio, salvato in corner».
Ma in sala Zuccari Gheddafi l’ha vista e abbracciata con affetto.
«In italiano m’ha detto: “Mio caro amico Cossiga...”. Quando c’era ancora l’embargo, sono stato il primo a essere ricevuto nella tenda del deserto, e lì ho capito che comprende l’italiano...».
E da cosa l’ha capito?
«Ho raccontato una barzelletta, e ha riso ancora prima che il traduttore gliela traducesse...».
Però... ha visto che amazzoni si porta dietro il Rais?
«Lasci stare, più belle le veline».
«Sì, puntano a far fuori Silvio. È Draghi il loro candidato» di Roberto Scafuri
Roma. Presidente emerito Francesco Cossiga, un «progetto eversivo» vuole sostituire Berlusconi con un «non eletto dal popolo». Sospetti?
«Certezze».
Un Dini del 2009.
«Un governatore della banca d’Italia».
Mario Draghi?
«Chi altri? Il cavallo su cui ha sempre puntato Pierfurby Casini, nel caso di parità elettorale... Ma Silvio ancora una volta ha ribaltato pronostici e avversari».
Già, il Pdl ha retto. Anzi, con le amministrative la vittoria è stata più che netta.
«Aspettiamo i ballottaggi per avere il quadro completo».
Ma altri nomi di «non eletti» spendibili per un progetto del genere ci sono, secondo lei?
«Non ne vedo altri, e mi pare che i rapporti tra il ministro del Tesoro e il Governatore siano tornati sufficientemente tempestosi... Nel passato in lizza c’è stato Mario Monti, ma non mi sembrano i tempi».
Affidare l’Italia a «non eletto», dopo aver distrutto psicologicamente e mediaticamente l’«eletto». Il trauma già vissuto da Berlusconi nel ’94.
«Sì, fu un grosso trauma quando Bossi abbandonò la coalizione e, soprattutto, Scalfaro si rimangiò la promessa delle elezioni...».
Talmente scottato che gli è rimasta la sindrome?
«Possibile».
Esagerato parlare di complotto?
«Ma no... Gridare al lupo al lupo ogni tanto è una tattica di salvaguardia legittima. La difesa non è mai troppa».
Ma chi sono i mandanti dell’attacco? Anche lei pensa a Murdoch?
«Penso che Murdoch c’entri, eccome...».
Soltanto per vendicarsi dell’Iva al 20 per cento, come chiedeva l’Europa? Il movente sembra un po’ debole.
«Murdoch è ancora incavolato come una belva, ma non per l’Iva, che deve aver digerito... Anche se fu virulenta, la campagna lanciata contro il governo».
Sembrava essere diventato il vate della sinistra, il difensore dei deboli...
«Certo! Ma oggi lui ha il dente avvelenato per la questione del digitale terrestre, che moltiplica il numero di canali, e soprattutto perché Rai e Mediaset si vogliono sfilare dalla piattaforma Sky e metterne su una propria, gratuita... Questioni serie, una montagna di denaro».
Quindi non è sbagliato il parallelo con i poteri forti del ’94...
«No, anche se ora non ci sono più in gioco gli Agnelli... E poi De Benedetti c’è sempre».
Un nemico che sembrava però essere diventato più amico...
«Anche lui è molto arrabbiato con il governo, e per di più con il figlio che ha separato le attività finanziarie da quelle editoriali, e con Repubblica ed Espresso che non vanno proprio a gonfie vele...».
E il governo che c’entra?
«Hanno fatto le fusioni bancarie, e lui è rimasto fuori. Hanno sistemato, se così si può dire, la questione Telecom, e lui fuori. Hanno fatto la Cai-Alitalia, e lui...».
Fuori.
«Poi gli è andata male pure l’operazione con la società immobiliare...».
Insomma, sono passati davanti tanti piattini prelibati...
«E lui dice: “ma a me non spetta niente”?».
E per questo ispirerebbe la ruvidezza di «Repubblica», che risulta così indigesta al premier?
«In quel caso c’entra anche un altro fattore: non la cattiveria, direi, ma la durezza di cervice di Eziuccio Mauro. E di D’Avanzo, con le sue ricostruzioni di gossip così lunghe ma anche tanto povere di fatti».
A Berlusconi non può essere imputato nulla?
«Gli avevo consigliato di non parlare di queste vicende... Lui invece è andato a Porta a Porta».
Non si può dire che la controffensiva mediatica non abbia avuto un certo successo. Tornando ai poteri forti, può darsi che il Vaticano non abbia gradito tutto questo clamore attorno a fatti così privati e delicati?
«Ai vertici non prevale un atteggiamento moralistico, anche se riconoscono che tali vicende abbiano creato danno nella fascia degli elettori cattolici, specie delle regioni meridionali. La crescita dell’astensionismo l’ha dimostrato...».
Pensa che tra i beneficiari del «progetto eversivo» ci potesse essere anche il presidente della Camera?
«Assolutamente no. Lui cerca di farsi una sua piattaforma personale... Ha visto che scatto d’orgoglio dei vecchi tempi, con l’affare Gheddafi?».
Forse sarebbe stato meglio evitare del tutto.
«Nella prassi parlamentare i presidenti parlano e straparlano, ma devono evitare di entrare nella sfera diplomatica. Meglio non ricevere personalità di rango così più elevato dal proprio... Anch’io ricevetti in Parlamento il principe di Galles, ma in quanto primo dei lords, che equivale a essere, per così dire, il primo dei senatori del Regno Unito».
Prima, con Gheddafi, c’era stato l’incidente del discorso in Senato...
«Un altro piccolo pasticcio, salvato in corner».
Ma in sala Zuccari Gheddafi l’ha vista e abbracciata con affetto.
«In italiano m’ha detto: “Mio caro amico Cossiga...”. Quando c’era ancora l’embargo, sono stato il primo a essere ricevuto nella tenda del deserto, e lì ho capito che comprende l’italiano...».
E da cosa l’ha capito?
«Ho raccontato una barzelletta, e ha riso ancora prima che il traduttore gliela traducesse...».
Però... ha visto che amazzoni si porta dietro il Rais?
«Lasci stare, più belle le veline».
venerdì 12 giugno 2009
CASORIA-GATE ovvero IL DUELLO MURDOCH-BERLUSCONI
IL DUELLO MURDOCH-BERLUSCONI VISTO DA Conrad Black, EX magnate dei media, Dal 2007 IN GALERA - "Come Napoleone, non ha alcuna politica se non la guerra e con lui nessuna OPERAZIONE amichevole è niente di più di una tregua prima di un nuovo assalto"...
DA "IL FOGLIO"
Pubblichiamo un articolo apparso su "The Daily Beast" scritto da Conrad Black, storico canadese e giornalista, membro della Camera Lord britannica. È stato il terzo maggior magnate dei media al mondo. Dal 2007 è detenuto nel carcere federale di Coleman, in Florida, numero di matricola 18330424.
La disputa in corso tra il premier italiano e imprenditore dei media Silvio Berlusconi e il presidente di News Corp. Rupert Murdoch è una nuova temeraria frontiera per l'insaziabile espansionista Murdoch. Quando mostrarono al generale De Gaulle le macerie di Stalingrado durante una visita in Urss nel 1944, lui scandalizzò i suoi ospiti russi dicendo: "Che gran popolo! - riferendosi ai tedeschi - Ad aver raggiunto il Volga".
Non è chiaro chi vincerà questa battaglia tra giganti dei media, ma è un riconoscimento
all'invasore il fatto stesso che stia accadendo. Berlusconi non avrebbe potuto mettere in piedi un'offensiva simile contro Murdoch in Australia. Nonostante una personalità abbastanza affabile, Murdoch è un uomo d'affari aggressivo-compulsivo.
Come Napoleone, non ha alcuna politica se non la guerra e con lui nessuna separazione apparentemente amichevole da un mercato o da una impresa è niente di più di una tregua prima di un nuovo assalto. Ha fatto accordi infiniti con uomini d'affari e politici, ma a eccezione di Ronald Reagan, e forse di Tony Blair, li ha abbandonati tutti - Margaret Thatcher, John Major, Jimmy Carter, i Clinton e una lunga serie di australiani.
Non serve dire che Silvio Berlusconi non è un leader politico comune. Ha riscosso il successo elettorale più grande di chiunque altro nella storia italiana. Mussolini non fece vere elezioni e i leader di lungo corso della Dc Alcide De Gasperi e Giulio Andreotti guidavano coalizioni fragili e furono parecchio aiutati e guidati dai pontefici di allora, come quando Pio XII scomunicò preventivamente tutti gli elettori comunisti italiani appena prima delle elezioni del 1949.
In questi eventi alcuni schemi comportamentali suonano familiari. Berlusconi fu al fianco di Murdoch mentre metteva insieme un monopolio virtuale della televisione a pagamento in Italia, mentre la sua società, Mediaset, era leader di mercato nella programmazione
generalista, davanti al gruppo statale, la Rai. Murdoch rese Sky Italia un successo, che ora fa profitti annuali da 3,2 miliardi di dollari, contro i 4 miliardi di Mediaset e i 2,9 miliardi della Rai.
La relazione fra i due cominciò ad andare a monte con le reciproche incursioni fra i principali protagonisti delle rispettive emittenti. Da quando è suonato il campanello d'allarme, ha iniziato a pesare - sempre di più ogni settimana che passa - il fatto che Berlusconi controlla il governo, il Parlamento e, di fatto, la Rai, che l'Italia non sia un ambiente politico puritano e che la sua opinione pubblica non vada in particolare subbuglio
per questioni di etica finanziaria e sessuale che rovescerebbero i governi britannici o persino australiani e porterebbero a una procedura di impeachment negli Stati
Uniti.
Berlusconi ha raddoppiato la tassa sulle pay tv - ovvero sull'azienda di Murdoch - dal 10 al 20 per cento, un pesante colpo basso per la maggior parte degli standard anglosassoni. Sta anche sfilando Mediaset e Rai dai canali di Murdoch. Questo è giocare pesante, ma è lo stile preferito anche da Murdoch, che sapeva bene di trovarsi nel paese di Machiavelli e dei Borgia, non alle Bermuda, in Svizzera o in Danimarca.
Come è sua abitudine, Murdoch ha risposto con editoriali bigotti sul Times londinese e altrove, di fatto accusando Berlusconi di essere un corrotto aspirante dittatore e un libertino depravato sessualmente alla ricerca costante di minorenni. Questo ha fatto gioco con l'annuncio della signora Berlusconi della richiesta di divorzio dal marito,
che "frequenta le ragazzine". Questa coppia ha avuto per diversi anni una divertente serie di dispute pubbliche con accuse, minacce, scuse pubbliche da parte di lui e lacrimose riconciliazioni.
Giornali cerimoniosi e perbenisti come l'Economist si sono lamentati a lungo del comportamento ridicolo di Berlusconi, ma gli italiani in generale lo hanno ritenuto un efficace capo di governo e un personaggio accattivante. E' molto ricco, flamboyant, ha riempito il suo governo di signore attraenti e non sempre qualificate, e intrattiene i suoi concittadini che nel complesso, e per ovvie ragioni storiche, considerano la politica
un'attività assurda.
Berlusconi rivela ammirabili qualità umane in caso di crisi, come quando ha tenuto un consiglio dei ministri a Napoli durante lo sciopero della spazzatura un anno fa, e quando ha personalmente supervisionato la distribuzione degli aiuti alla popolazione colpita dal recente terremoto. L'unica elezione che ha perso in dieci anni l'ha persa di pochissimo, quando il suo avversario, un socialista essiccato come Romano Prodi, lo lasciò di sasso
sostenendo che le uniche iniziative prese da Berlusconi erano state "un trapianto di capelli e un naso rifatto".
E' gioco facile per il Times di Murdoch - quotidiano che non ha alcuna influenza in Italia e che Murdoch ha trasformato da una delle testate più importanti del mondo a un altro tabloid del gruppo News Corp. - accusare Berlusconi di "disprezzo verso il popolo italiano". Murdoch può tranquillamente lasciare che siano gli italiani che hanno eletto Berlusconi a deciderlo.
Nipote di un pastore presbiteriano scozzese, Murdoch ama dipingersi come una specie di moralista. Ma avendo degradato gli standard pubblici di informazione e intrattenimento più di ogni altro nella storia dei media in lingua inglese, e non essendo esattamente un testimonial di fedeltà coniugale, questo atteggiamento da moralista si posiziona fra i più bizzarri dei suoi tanti tentativi di finzione.
Berlusconi ha giurato che non ci fosse nulla di "piccante" nella sua relazione con l'ex diciassettenne, e la ragazza e la madre confermano. Nel momento in cui non emerge nulla che implichi coercizione, gli italiani con tutta probabilità non si faranno toccare dalla questione.
Il sostegno a Murdoch da parte dei giornali della famiglia Agnelli - il Corriere della Sera e La Stampa - indica che ha fatto qualche attenta attività di "coalition-building" - Murdoch è stato un abile giudice di uomini politici per molti anni, saltando al momento giusto e, con qualche lieve plausibilità, raccogliendo il merito di essere uno che fa e disfa governi.
Ma pure se gli italiani dovessero stancarsi delle buffonerie da circo di Berlusconi, non si scalderanno certo per un intruso australiano, cinico e grigio. Rupert Murdoch è un grande uomo d'affari, ma non potrà mai emergere in un atto di una commedia da nightclub, soprattutto in Italia, dove la politica è spesso misurata sulla base di questo
standard.
Murdoch potrebbe anzi rivelarsi un calcio provvidenziale per la demagogia pseudopopulista e vagamente xenofoba di Berlusconi. Questa volta non è probabile che Murdoch riesca a far sloggiare un premier forte e intelligente, nonostante il logoro travestimento di Berlusconi in un buffone iperattivo. Ma nel peggiore dei casi, Murdoch subirà una modesta erosione di profitti in Italia e una ramanzina in una lingua che non capisce. La cosa non gli farà certo male, ma nemmeno bene.
Dagospia [12-06-2009]
DA "IL FOGLIO"
Pubblichiamo un articolo apparso su "The Daily Beast" scritto da Conrad Black, storico canadese e giornalista, membro della Camera Lord britannica. È stato il terzo maggior magnate dei media al mondo. Dal 2007 è detenuto nel carcere federale di Coleman, in Florida, numero di matricola 18330424.
La disputa in corso tra il premier italiano e imprenditore dei media Silvio Berlusconi e il presidente di News Corp. Rupert Murdoch è una nuova temeraria frontiera per l'insaziabile espansionista Murdoch. Quando mostrarono al generale De Gaulle le macerie di Stalingrado durante una visita in Urss nel 1944, lui scandalizzò i suoi ospiti russi dicendo: "Che gran popolo! - riferendosi ai tedeschi - Ad aver raggiunto il Volga".
Non è chiaro chi vincerà questa battaglia tra giganti dei media, ma è un riconoscimento
all'invasore il fatto stesso che stia accadendo. Berlusconi non avrebbe potuto mettere in piedi un'offensiva simile contro Murdoch in Australia. Nonostante una personalità abbastanza affabile, Murdoch è un uomo d'affari aggressivo-compulsivo.
Come Napoleone, non ha alcuna politica se non la guerra e con lui nessuna separazione apparentemente amichevole da un mercato o da una impresa è niente di più di una tregua prima di un nuovo assalto. Ha fatto accordi infiniti con uomini d'affari e politici, ma a eccezione di Ronald Reagan, e forse di Tony Blair, li ha abbandonati tutti - Margaret Thatcher, John Major, Jimmy Carter, i Clinton e una lunga serie di australiani.
Non serve dire che Silvio Berlusconi non è un leader politico comune. Ha riscosso il successo elettorale più grande di chiunque altro nella storia italiana. Mussolini non fece vere elezioni e i leader di lungo corso della Dc Alcide De Gasperi e Giulio Andreotti guidavano coalizioni fragili e furono parecchio aiutati e guidati dai pontefici di allora, come quando Pio XII scomunicò preventivamente tutti gli elettori comunisti italiani appena prima delle elezioni del 1949.
In questi eventi alcuni schemi comportamentali suonano familiari. Berlusconi fu al fianco di Murdoch mentre metteva insieme un monopolio virtuale della televisione a pagamento in Italia, mentre la sua società, Mediaset, era leader di mercato nella programmazione
generalista, davanti al gruppo statale, la Rai. Murdoch rese Sky Italia un successo, che ora fa profitti annuali da 3,2 miliardi di dollari, contro i 4 miliardi di Mediaset e i 2,9 miliardi della Rai.
La relazione fra i due cominciò ad andare a monte con le reciproche incursioni fra i principali protagonisti delle rispettive emittenti. Da quando è suonato il campanello d'allarme, ha iniziato a pesare - sempre di più ogni settimana che passa - il fatto che Berlusconi controlla il governo, il Parlamento e, di fatto, la Rai, che l'Italia non sia un ambiente politico puritano e che la sua opinione pubblica non vada in particolare subbuglio
per questioni di etica finanziaria e sessuale che rovescerebbero i governi britannici o persino australiani e porterebbero a una procedura di impeachment negli Stati
Uniti.
Berlusconi ha raddoppiato la tassa sulle pay tv - ovvero sull'azienda di Murdoch - dal 10 al 20 per cento, un pesante colpo basso per la maggior parte degli standard anglosassoni. Sta anche sfilando Mediaset e Rai dai canali di Murdoch. Questo è giocare pesante, ma è lo stile preferito anche da Murdoch, che sapeva bene di trovarsi nel paese di Machiavelli e dei Borgia, non alle Bermuda, in Svizzera o in Danimarca.
Come è sua abitudine, Murdoch ha risposto con editoriali bigotti sul Times londinese e altrove, di fatto accusando Berlusconi di essere un corrotto aspirante dittatore e un libertino depravato sessualmente alla ricerca costante di minorenni. Questo ha fatto gioco con l'annuncio della signora Berlusconi della richiesta di divorzio dal marito,
che "frequenta le ragazzine". Questa coppia ha avuto per diversi anni una divertente serie di dispute pubbliche con accuse, minacce, scuse pubbliche da parte di lui e lacrimose riconciliazioni.
Giornali cerimoniosi e perbenisti come l'Economist si sono lamentati a lungo del comportamento ridicolo di Berlusconi, ma gli italiani in generale lo hanno ritenuto un efficace capo di governo e un personaggio accattivante. E' molto ricco, flamboyant, ha riempito il suo governo di signore attraenti e non sempre qualificate, e intrattiene i suoi concittadini che nel complesso, e per ovvie ragioni storiche, considerano la politica
un'attività assurda.
Berlusconi rivela ammirabili qualità umane in caso di crisi, come quando ha tenuto un consiglio dei ministri a Napoli durante lo sciopero della spazzatura un anno fa, e quando ha personalmente supervisionato la distribuzione degli aiuti alla popolazione colpita dal recente terremoto. L'unica elezione che ha perso in dieci anni l'ha persa di pochissimo, quando il suo avversario, un socialista essiccato come Romano Prodi, lo lasciò di sasso
sostenendo che le uniche iniziative prese da Berlusconi erano state "un trapianto di capelli e un naso rifatto".
E' gioco facile per il Times di Murdoch - quotidiano che non ha alcuna influenza in Italia e che Murdoch ha trasformato da una delle testate più importanti del mondo a un altro tabloid del gruppo News Corp. - accusare Berlusconi di "disprezzo verso il popolo italiano". Murdoch può tranquillamente lasciare che siano gli italiani che hanno eletto Berlusconi a deciderlo.
Nipote di un pastore presbiteriano scozzese, Murdoch ama dipingersi come una specie di moralista. Ma avendo degradato gli standard pubblici di informazione e intrattenimento più di ogni altro nella storia dei media in lingua inglese, e non essendo esattamente un testimonial di fedeltà coniugale, questo atteggiamento da moralista si posiziona fra i più bizzarri dei suoi tanti tentativi di finzione.
Berlusconi ha giurato che non ci fosse nulla di "piccante" nella sua relazione con l'ex diciassettenne, e la ragazza e la madre confermano. Nel momento in cui non emerge nulla che implichi coercizione, gli italiani con tutta probabilità non si faranno toccare dalla questione.
Il sostegno a Murdoch da parte dei giornali della famiglia Agnelli - il Corriere della Sera e La Stampa - indica che ha fatto qualche attenta attività di "coalition-building" - Murdoch è stato un abile giudice di uomini politici per molti anni, saltando al momento giusto e, con qualche lieve plausibilità, raccogliendo il merito di essere uno che fa e disfa governi.
Ma pure se gli italiani dovessero stancarsi delle buffonerie da circo di Berlusconi, non si scalderanno certo per un intruso australiano, cinico e grigio. Rupert Murdoch è un grande uomo d'affari, ma non potrà mai emergere in un atto di una commedia da nightclub, soprattutto in Italia, dove la politica è spesso misurata sulla base di questo
standard.
Murdoch potrebbe anzi rivelarsi un calcio provvidenziale per la demagogia pseudopopulista e vagamente xenofoba di Berlusconi. Questa volta non è probabile che Murdoch riesca a far sloggiare un premier forte e intelligente, nonostante il logoro travestimento di Berlusconi in un buffone iperattivo. Ma nel peggiore dei casi, Murdoch subirà una modesta erosione di profitti in Italia e una ramanzina in una lingua che non capisce. La cosa non gli farà certo male, ma nemmeno bene.
Dagospia [12-06-2009]
giovedì 4 giugno 2009
Rivelazioni di Cossiga. Scandaletti alla Lewinsky: il vero bersaglio è Tremonti.
Riprendiamo dal sito http://www.movisol.org/08news150.htm un articolo pubblicato in data non sospetta del 16 luglio 2008:
Il sistema nazionale contro il Britannia
"L'oligarchia anglo-olandese aggrappata al sistema che sta colando a picco ha un solo modo per fermare le iniziative del ministro dell'Economia italiano che stanno guadagnando consensi nazionali e internazionali: rovesciare il governo. Per raggiungere quell'obiettivo, è stato attivato il "partito britannico", e in particolare la "fazione del Britannia", nota al pubblico italiano da quando l'EIR, nel 1993, denunciò la famosa riunione a bordo del panfilo della Regina Elisabetta al largo di Civitavecchia, il 2 giugno 1992, in cui banchieri della City, grand commis e affaristi italiani dell'economia e della politica discussero delle future privatizzazioni. La figura centrale di quel consesso fu Mario Draghi, allora direttore generale del ministero del Tesoro e, in seguito, regista delle privatizzazioni (o meglio, "Piratizzazioni") prima di passare alla Goldman Sachs e essere incoronato governatore di Bankitalia dopo la caduta di Fazio.
Membro emerito del partito britannico è l'ex Presidente Francesco Cossiga. Cossiga appartiene a un piano superiore a quello dei Britannia boys, da cui si può trattare Draghi (come Cossiga spesso fa) alla stregua di un cameriere. Recentemente, Cossiga ha rivelato che esiste un piano per far cadere Berlusconi entro quattro mesi con azioni della magistratura, condite da scandaletti alla Lewinsky, e sostituirlo con una rosa di tecnocrati tra cui spiccano i nomi di, appunto, Draghi e Mario Monti.
Le rivelazioni-minacce di Cossiga vanno collocate nel contesto più ampio in cui agisce il "partito del Britannia", che nel 1992-93 fu rappresentato dall'operazione "Mani Pulite". Antonio Di Pietro, un protagonista dell'epoca, si è oggi messo a capo del fronte radicale che è quasi riuscito a dirottare il Partito Democratico su un binario giustizialista, se non fosse per il fallimento politico della manifestazione di Piazza Navona. Dal canto suo Berlusconi, si dice consigliato dai suoi legali, ha provocato lo scontro con la famosa legge per la sospensione dei processi, poi modificata, invece di ripristinare l'immunità parlamentare esistente in quasi tutti i paesi democratici. Poi si è mosso in questa direzione con la legge per le alte cariche dello stato, ma intanto si è rivissuta l'atmosfera del 1993-95.
Ribadiamo che, ovviamente, il bersaglio del partito britannico non è Berlusconi ma Tremonti."
Una semplice domanda: ma Cossiga come faceva a prevedere nel luglio 2008 -con inquietante accuratezza- quello che sarebbe successo circa otto mesi dopo?
Il sistema nazionale contro il Britannia
"L'oligarchia anglo-olandese aggrappata al sistema che sta colando a picco ha un solo modo per fermare le iniziative del ministro dell'Economia italiano che stanno guadagnando consensi nazionali e internazionali: rovesciare il governo. Per raggiungere quell'obiettivo, è stato attivato il "partito britannico", e in particolare la "fazione del Britannia", nota al pubblico italiano da quando l'EIR, nel 1993, denunciò la famosa riunione a bordo del panfilo della Regina Elisabetta al largo di Civitavecchia, il 2 giugno 1992, in cui banchieri della City, grand commis e affaristi italiani dell'economia e della politica discussero delle future privatizzazioni. La figura centrale di quel consesso fu Mario Draghi, allora direttore generale del ministero del Tesoro e, in seguito, regista delle privatizzazioni (o meglio, "Piratizzazioni") prima di passare alla Goldman Sachs e essere incoronato governatore di Bankitalia dopo la caduta di Fazio.
Membro emerito del partito britannico è l'ex Presidente Francesco Cossiga. Cossiga appartiene a un piano superiore a quello dei Britannia boys, da cui si può trattare Draghi (come Cossiga spesso fa) alla stregua di un cameriere. Recentemente, Cossiga ha rivelato che esiste un piano per far cadere Berlusconi entro quattro mesi con azioni della magistratura, condite da scandaletti alla Lewinsky, e sostituirlo con una rosa di tecnocrati tra cui spiccano i nomi di, appunto, Draghi e Mario Monti.
Le rivelazioni-minacce di Cossiga vanno collocate nel contesto più ampio in cui agisce il "partito del Britannia", che nel 1992-93 fu rappresentato dall'operazione "Mani Pulite". Antonio Di Pietro, un protagonista dell'epoca, si è oggi messo a capo del fronte radicale che è quasi riuscito a dirottare il Partito Democratico su un binario giustizialista, se non fosse per il fallimento politico della manifestazione di Piazza Navona. Dal canto suo Berlusconi, si dice consigliato dai suoi legali, ha provocato lo scontro con la famosa legge per la sospensione dei processi, poi modificata, invece di ripristinare l'immunità parlamentare esistente in quasi tutti i paesi democratici. Poi si è mosso in questa direzione con la legge per le alte cariche dello stato, ma intanto si è rivissuta l'atmosfera del 1993-95.
Ribadiamo che, ovviamente, il bersaglio del partito britannico non è Berlusconi ma Tremonti."
Una semplice domanda: ma Cossiga come faceva a prevedere nel luglio 2008 -con inquietante accuratezza- quello che sarebbe successo circa otto mesi dopo?
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