La corsa alle installazioni di campi fotovoltaici nasconde comportamenti predatori
Egregio direttore,
nell'Italia investita da una crisi senza precedenti ancora una volta il nostro territorio è al centro d'interessi economici di alcuni privati, in palese conflitto con il bene della collettività intera. Mi riferisco alla triste e anche un po' paradossale vicenda del ricorso al TAR che alcuni ambienti di Confindustria Ascoli avrebbero fatto nei confronti della Regione Marche e della Provincia di Ascoli Piceno.
Aldilà di una certa miopia nella visione strategica di sviluppo per il territorio, la corsa alle installazioni di campi fotovoltaici nasconde comportamenti predatori, che comportano enormi danni all'intera società civile in ambito economico, ambientale e sociale.
Da un punto di vista economico il fotovoltaico, lungi dall'essere una risposta concreta ed efficace ai problemi energetici, rappresenta una vera fonte di speculazione a favore di alcuni ricchi investitori e a danno dei cittadini. Non occorre fare lunghi e approfonditi studi per accorgersi del bluff attorno a quelle che vengono chiamate "fonti rinnovabili", tra cui il fotovoltaico.
È sufficiente leggere qualche articolo intellettualmente onesto a riguardo
oppure andare a controllare i dati direttamente riportati dal Gestore dei
Servizi Energetici (GSE) per rendersi immediatamente conto che il
fotovoltaico, come le altre rinnovabili, è una perdita secca per la collettività:
senza incentivi statali non riesce ad ammortizzarsi neppure in parte. Il
sussidio pubblico erogato dal GSE è di circa 440 euro per MWh e per un
impianto di terra ad esempio da 1 MW, in un ventennio il GSE trasferirà agli investitori circa tre volte il costo dell'investimento (qualcosa come 6 milioni di euro per un guadagno netto del 300%!)
La domanda a questo punto nasce spontanea: se un impianto è così
svantaggioso economicamente parlando, perché c'è un interesse così alto
nella realizzazione di campi fotovoltaici? Perché c'è lo Stato che li finanzia, prelevando i soldi necessari sulla bolletta a carico dei consumatori. Si capisce bene che le energie alternative sono quindi un modo per "mungere lo Stato" non apportando tra l'altro nessun beneficio al territorio (altro che Cassa del Mezzogiorno). Si capisce bene allora la corsa agli incentivi, il ricorso al TAR, le varie bandiere sventolate in nome dell'ambientalismo da parte di certe organizzazioni.
In un illuminante articolo recentemente apparso sul sito la VOCE.INFO,
Giorgio Ragazzi, professore associato di Scienza delle Finanze all'Università di Bergamo, fa luce su tutto quello che di solito non viene detto riguardo alle energie rinnovabili, scrivendo tra l'altro: < resterà nulla, mentre si dovranno smaltire milioni di pannelli obsoleti>>. E ancora: < anche alla riduzione nel costo dei pannelli, è dunque in atto una corsa a investire, da parte di numerosissimi soggetti, inclusi fondi esteri, attratti da rendimenti molto elevati e praticamente senza rischio. [...] Oggi tutti festeggiano, imprese, investitori, ministri ed ecologisti, mentre i consumatori sono ignari dell'onere che graverà su di loro in futuro. Ai francesi l'energia nucleare costa circa 35 euro per MWh, una buona centrale termica produce a 60 euro, il fotovoltaico
ne costa almeno 450: l'effetto sulla competitività del paese è dunque molto
pesante, come pure l'onere sui consumatori che già oggi pagano tariffe assai più elevate della media europea>>.
Aldilà dell'installazione dei pannelli, operazione molto limitata nel tempo e a basso valore aggiunto, l'industria del fotovoltaico non crea affatto nuovi posti di lavoro (l'Italia praticamente non produce pannelli al silicio) mentre favorisce l'importazione di celle di silicio a tutto svantaggio della bilancia commerciale italiana. Credo che da un punto di vista economico ci sia poco più da aggiungere. È in atto una corsa all'oro per pochi, a spese dell'economia del Paese e del futuro delle prossime generazioni.
Per quanto riguarda gli aspetti ambientali e sociali il discorso si muove su un piano più complesso, fornendo così spesso vie di fuga ai sostenitori delle rinnovabili, di fronte alle cifre che attestano un impietoso fallimento dal punto di vista economico delle "energie verdi". Il terreno coperto dagli impianti e sottratto per decenni alle coltivazioni o alle normali condizioni atmosferiche s'impoverisce irrimediabilmente, mentre le distese di pannelli fotovoltaici forniscono uno spettacolo poco edificante all'interno del paesaggio.
Da considerare poi che lo smaltimento dei pannelli costituisce una ulteriore minaccia per l'ambiente3 e un problema economico che oggi purtroppo viene sottovalutato, lasciando così altre pesanti eredità alle generazioni future.
Il solare fotovoltaico si basa su una tecnologia obsoleta, con minimi margini di miglioramento a causa dei limiti intrinseci del materiale. Attualmente l'efficienza di conversione varia tra l'8 e il 20% secondo il tipo di cella utilizzato e per produrre 1 kWp (in condizioni ottimali di irraggiamento) sono necessari mediamente 10 metri quadrati di pannelli di silicio.
Studi recenti hanno individuato un limite fisico ultimo del 29% per
l'efficienza di conversione, come dire che si potrà al massimo ridurre della metà la superficie di un pannello per ottenere la stessa energia. Inutile ricordare poi che la produzione di energia dal fotovoltaico è altamente discontinua e tende a diminuire con il tempo (si stima una perdita di circa il 1-2% annuo nell'efficienza delle celle di silicio).
Nonostante gli evidenti limiti di questa tecnologia, oggi in Italia ci sono
106533 impianti per una potenza installata complessiva di circa 1737 MW7,
che hanno richiesto un utilizzo totale di suolo (terreno o altre superfici)
approssimativamente di 17370000 metri quadrati, per una spesa complessiva
di circa 9 miliardi di euro8, in pratica come una manovra finanziaria dello
Stato italiano. A fronte dell'immenso investimento questi impianti solari nel 2009 hanno prodotto 676 GWh, niente di meno che lo 0,9% di tutta l'energia prodotta in Italia! È chiaro a questo punto quale sia uno dei problemi più grandi e gravi delle energie rinnovabili: quello di distrarre fondi pubblici dalla ricerca vera di fonti energetiche alternative al petrolio, favorendo invece solo la speculazione di alcuni investitori a scapito della collettività.
Le Marche nel 2009 hanno consumato il doppio dell'energia prodotta (7981
GWh richiesti a fronte di una produzione di 4064 GWh prodotti: -50.9%)
confermandosi una delle regioni meno virtuose di Italia, è necessario
prendere provvedimenti e creare un vero piano energetico senza ideologie ed
interessi speculativi sottostanti.
Per questi motivi non posso che plaudire all'iniziativa della Provincia di Ascoli Piceno di limitare gli impianti fotovoltaici a terra, sperando che altrettanto faccia l'intera comunità locale, prendendo coscienza del progressivo impoverimento del territorio. In un periodo storico dove sembra prevalere un relativismo culturale che abbraccia molti ambiti, almeno lasciamo ancora un po' di dignità ai numeri e alla realtà fisica delle cose che ci circondano.
Dr. Andrea Pomozzi
Presidente Associazione PICENO TECNOLOGIE
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