La pace sia con te

venerdì 29 aprile 2011

LA GUERRA CONTRO LA LIBIA: MOTIVI VERI.

La Libia non appartiene alla Banca per i Regolamenti Internazionali -144 tonnellate d’oro nella sua riserva – Le coppie che si sposano ricevono 50mila dollari a fondo perduto.
Antonio de Martini
http://corrieredellacollera.com/


Quale può essere il fil rouge che collega tutti i paesi attaccati – e presi di mira in varie forme - dagli USA e Gran Bretagna con l’aiuto di una serie di ausiliari tradizionali più o meno consapevoli?
Libia, Libano, Siria,Irak,Somalia, Sudan, Iran. Non hanno in comune l’etnia ( Iran è ariano mentre gli altri sono semiti o – Sudan – misti).

Non hanno in comune la religione: Libano ha cristiani, l’Iran è sciita, la Siria è mista. Non il petrolio: Somalia e Siria non ne hanno in quantità significative. Non la ricchezza: Somalia e Sudan non lo sono.

Se invece vediamo il negativo, vediamo che nessuno di questi paesi figura tra i 56 aderenti alla Banca per i Regolamenti Internazionali.

In pratica sono paesi che hanno rifiuutato di far parte della comunità finanziaria internazionale e la Libia in particolare se la stava cavando molto bene:

•Stando ai dati del FMI la Banca centrale libica possiede 144 tonnellate di oro nei suoi forzieri. Per un paese di tre milioni e mezzo di abitanti, non è niente male. L’educazione e l’assitenza medica sono gratuite; le coppie che si sposano ricevono 50.000 dollari a fondo perduto.
•I Ribelli, ancora prima di costituire un governo provvisorio, hanno annunziato ( il 19 marzo) di aver costituito la BANCA CENTRALE DI LIBIA. La Banca centrale di Libia ( quella di Gheddafi per intenderci) è pubblica e non privata, stampa la moneta e presta denari allo stato senza interessi per finanziare le opere pubbliche tra cui il famoso fiume sotterraneo fatto dall’uomo che utilizza le acque fossili del Sahara per irrigare tutta l’area agricola della Libia che si trova al Nord. A proposito l’attività agricola in Libia è esentasse. Completamente. Questa politica è l’esatto contrario di quella seguita dal mondo occidentale che fa pagare tutti i servizi quali l’educazione e la sanità ed ha privatizzato le banche centrali che fanno pagare gli interessi agli stati quando forniscono loro i fondi.
•La ragione ufficiale che ha spinto l’occidente a non mantenere le Banche Centrali come pubbliche è che questi prestiti aumentano l’inflazione, mentre prendere prestiti dalle Banche estere o dall FMI , non provocherebbe inflazione. In realtà prendere i denari a prestito da Banche centrali pubbliche – senza interessi – riduce grandemente il costo dei progetti pubblici di investimento e in alcuni casi li riduce del 50%.
•Gheddafi aveva da poco lanciato la proposta di creare una moneta unica africana IL DINARO ORO e l’unico paese africano che si era opposto, è stata la Repubblica del Sud Africa, che è stata proprio quella che si è presentata a Tripoli per la mediazione con i ribelli e la NATO. Su questa proposta c’è un commento di Sarlosi che l’ha giudicata “una minaccia per l’Umanità”.
•Sia Saddam Hussein che Gheddafi avevano proposto – entrambi sei mesi prima dell’attacco – di scegliere l’Euro ( o il dinaro) come valuta per le transazioni petrolifere.
ADESSO RESTIAMO IN ATTESA DI VEDERE – IN CASO DI VITTORIA DELLA NATO – SE EDUCAZIONE E SANITA’ RESTERANNO GRATUITE, SE LA BANCA CENTRALE LIBICA ADERIRA’ ALLA B.R.I. E SE L’INDUSTRIA PETROLIFERA LIBICA VERRA’ SVENDUTA A PRIVATI. Poi anche i più ingenui cominceranno ad avere sospetti



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GUERRA ALLA LIBIA: la vergogna dei nuovi Badoglio, mercanti dell'energia.

Nella guerra in Libia sono in gioco 20 miliardi
Ecco perché all'Italia conviene stare coi ribelli
di Claudio Borghi

Non possiamo sottrarci all’intervento militare in Libia: in ballo ci sono
300mila barili di greggio al giorno con l’Eni e 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno, pari a un terzo del nostro fabbisogno energetico. Nell'area lavorano anche imprese private come Impregilo e Iveco
Ma è proprio necessario usare mezzi armi e bombe in Libia? Si, purtroppo è
necessario perché l’economia non ci lascia scelta.
Le riunioni dei pacifisti verrebbero meglio d’inverno, con il riscaldamento
spento e magari il bambino che piange per il freddo nell’altra stanza. Il fatto è che in Italia sono tutti bravissimi sul piano degli ideali ma a pochissimi piace sporcarsi le mani con matita e quaderno a quadretti per fare due somme, anzi, quando lo si fa si passa per cinici e senza cuore. Correremo ancora una volta il rischio e partiamo da un numero tondo: quaranta, che per la smorfia napoletana può significare la pelle, la sabbia o la vendetta ma che per le nostre tasche significa molto semplicemente i miliardi di euro dei nostri interscambi commerciali annui con i paesi dell’area del Maghreb. Una cifra enorme, quasi il 3% del prodotto interno lordo di cui metà è rappresentata dalla Libia, seguita
dall’Algeria con 11 miliardi e, a seguire, Tunisia e Marocco. Giusto per capire, stiamo parlando di uno scontrino da supermercato di oltre 4,5 milioni di euro ogni ora per tutti i giorni dell’anno, notte e festivi compresi.

È evidente che per quanto signori ci possiamo considerare, l’idea di non
interessarci direttamente della situazione nordafricana sarebbe stata
impensabile. Il nostro interventismo forzato diventa poi ancora più evidente se consideriamo che cosa si nasconde sotto queste cifre iperboliche, dato che se con i libici ci fossimo scambiati solo tappeti e pomodori magari si poteva anche soprassedere, purtroppo però la verità è che dalla Libia arriva energia (e con quella non si scherza), sotto forma di circa un terzo del nostro fabbisogno di petrolio e gas, una pompa di benzina sempre in funzione che sul display dell’importo fa segnare cifre vicine ai 15 miliardi di euro l’anno, con il benzinaio che ha la familiare divisa dell’Eni, la principale società estrattiva straniera della
Libia, impegnata da anni in virtù di accordi pluridecennali a trivellare 300mila barili di greggio al giorno e a spedirci 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno.
Le anime belle di solito quando sentono questi dati fanno spallucce, tanto se non c’è la Libia basta comprarlo da qualche altro esportatore, che problema c’è?
Nella guerra in Libia sono in gioco 20 miliardi Ecco perché all'Italia conviene stare Il problema c’è eccome invece, dato che il gas non arriva avvolto in carta arcobaleno, ma ci vogliono gasdotti la cui costruzione necessita di lunghi anni.
Di queste condotte di approvvigionamento l’Italia ne ha quattro principali che consentono ai nostri fornelli di scaldarci l’acqua per la pasta e alle nostre stufe di farci stare al calduccio, però oltre alla Libia uno arriva dall’Algeria (che non è esattamente un paese tranquillo) mentre l’altro arriva da Russia e Ucraina (che hanno la pessima abitudine di chiudere il rubinetto ogni tanto per le loro beghe), solo uno è europeo ed è collegato con la Norvegia, ma di certo da solo non basterebbe nemmeno per cominciare a scaldarci.
Alternative? I rigassificatori consentirebbero più flessibilità, peccato però che non appena se ne progetta uno partano catene umane, ricorsi (sempre vinti) al Tar ed altre sciocchezze in grado di bloccare i lavori sine die. Sarebbe bello poter importare il gas dai paesi che ci piacciono, tipo dalla Svizzera, magari insieme con il cioccolato, però non ce l’hanno, e allora che si fa? La Libia no, l’Algeria no, i rigassificatori no, il nucleare per carità, il solare di inverno non funziona e ovviamente guai a chi tocca un albero per mettere almeno un ceppo nel camino. Con i no non si va da nessuna parte, anzi, si rischia di dover decidere al freddo un bel piano di emergenza. Tanto vale muoversi prima. Le
importazioni poi sono solo una faccia della medaglia: non vanno infatti
dimenticate le nostre imprese private attive nell’area, dai camion dell’Iveco alle costruzioni dell’Impregilo, ai lavori per 5 miliardi per la costruzione di 1.700 km di autostrada litoranea coordinati dall’Anas, fino alle centinaia di imprese medio piccole (quasi settecento solo in Tunisia) che hanno fino ad oggi combattuto per far salire quei dati dell’export di cui tanto andiamo fieri.
Purtroppo quindi, anche se non ci piace, bisognava intervenire anche per
difendere questi nostri interessi vitali: per i motivi sopra detti la neutralità non è un’opzione, la scelta sarebbe stata solo se partecipare alle operazioni insieme con la Nato o difendere Gheddafi cont ro gli Usa e l’Europa, e si capisce bene anche solo scrivendo per gioco questa seconda opzione che la scelta in realtà non c’era.

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giovedì 21 aprile 2011

San Tommaso D’Aquino era omofobo?




San Tommaso D’Aquino o.p., Summa Theologica, II-II,q.142,a.4)

ARGOMENTO 142 I VIZI OPPOSTI ALLA TEMPERANZA

Articolo 4 In 3 Ethic., lect. 20
Se il peccato di intemperanza sia quello più disonorante.
Pare che il peccato di intemperanza non sia quello più disonorante. Infatti: 1. Come l‘onore è dovuto alla virtù, così il disonore è dovuto al peccato. Ma tanti peccati sono più gravi dell‘intemperanza: p. es. l‘omicidio, la bestemmia, ecc. Quindi il peccato di intemperanza non è il più disonorante. 2. I peccati più comuni sono meno disonoranti: poiché gli uomini se ne vergognano di meno. Ma i peccati di intemperanza sono quelli più comuni, avendo essi per oggetto le cose di uso più comune nella vita umana, nelle quali molti peccano. Perciò i peccati di intemperanza non sono i più disonoranti. 3. Il Filosofo [Ethic. 7, 6] afferma che «la temperanza e l‘intemperanza riguardano le concupiscenze e i piaceri umani». Ora, ci sono alcuni desideri e piaceri più turpi di questi, e che il Filosofo denomina «bestiali e morbosi». Quindi l‘intemperanza non è il vizio più disonorante. In contrario: Il Filosofo [Ethic. 3, 10] insegna che l‘intemperanza, fra gli altri vizi, «Pare a giusto titolo disonorante». Dimostrazione: Il disonore si contrappone all‘onore e alla gloria. Ora l‘onore, come sopra [q. 102, a. 2; q. 103, a. 1] si è visto, è dovuto all‘eccellenza, mentre la gloria comporta lustro e chiarezza [q. 103, a. 1, ad 3; q. 132, a. 1]. Perciò l‘intemperanza è sommamente disonorante per due motivi. Primo, perché è la cosa più incompatibile con l‘eccellenza o grandezza dell‘uomo: essa infatti ha per oggetto i piaceri comuni a noi e alle bestie, come sopra [q. 141, a. 2, ad 3; a. 7, ob. 1; a. 8, ad 1] si è notato. Da cui le parole del Salmo [48, 21 Vg]: «L‘uomo non ha compreso il proprio onore: si è messo alla pari dei giumenti irragionevoli divenendo simile ad essi». - Secondo, poiché essa ripugna sommamente allo splendore e alla bellezza dell‘uomo: infatti nei piaceri che sono oggetto dell‘intemperanza la luce della ragione, da cui dipende tutto lo splendore e la bellezza della virtù, viene oscurata al massimo. Per cui anche questi piaceri sono detti sommamente servili. Analisi delle obiezioni: 1. Come dice S. Gregorio [Mor. 33, 12], sebbene i vizi carnali, compresi sotto il nome di intemperanza, siano di minore gravità, sono però più infamanti. Infatti la gravità della colpa dipende dal suo allontanamento dal fine, ma l‘infamia viene desunta dalla turpitudine, che riguarda soprattutto la degradazione di colui che pecca. 2. Il generalizzarsi di un peccato ne diminuisce la turpitudine e l‘infamia nell‘opinione degli uomini, ma non nella natura stessa del vizio. 3. Quando si dice che l‘intemperanza è il vizio più disonorante ci si riferisce ai peccati umani, cioè all‘ambito delle passioni che in qualche modo sono conformi alla natura umana. Ma quei peccati che sorpassano i limiti della natura umana sono ancora più disonoranti. Tuttavia anche questi sembrano ridursi per eccesso al genere dell‘intemperanza: come il fatto di provare gusto nel mangiare carne umana, o nel rapporto con le bestie od omosessuale.



(San Tommaso D’Aquino, Summa Theologica, II-II, q. 154,a.12)
ARGOMENTO 154 LE SPECIE DELLA LUSSURIA

Articolo 12 Infra, q. 170, a. 1, ad 2; I-II; q. 73, a. 7; In 4 Sent., d. 41, a. 4, sol. 3; In Rom., c. 1, lect. 8 Se il vizio contro natura sia il più grave dei peccati di lussuria
Pare che il vizio contro natura non sia il più grave dei peccati di lussuria. Infatti: 1. Un peccato è tanto più grave quanto più è contrario alla carità. Ora, è più contrario alla carità verso il prossimo l‘adulterio, lo stupro e il rapimento, che fanno ingiuria al prossimo, che non i peccati contro natura in cui non si fa ingiuria ad altri. Perciò il peccato contro natura non è il più grave tra i peccati di lussuria. 2. I peccati più gravi sono quelli che si commettono contro Dio. Ma il sacrilegio si commette direttamente contro Dio: poiché è un‘offesa al culto verso di lui. Quindi il sacrilegio è un peccato più grave del vizio contro natura. 3. Un peccato è più grave se viene perpetrato contro una persona che dobbiamo amare di più. Ora, secondo l‘ordine della carità dobbiamo amare di più le persone a noi maggiormente legate, che vengono offese con l‘incesto, piuttosto che le persone estranee, che vengono coinvolte in certi peccati contro natura. Quindi l‘incesto è un peccato più grave del peccato contro natura. 4. Se il peccato contro natura fosse il più grave, dovrebbe essere tanto più grave quanto più è contro natura. Ma la cosa maggiormente contro natura Pare essere il peccato di immondezza, ovvero di masturbazione: poiché la natura Pare esigere in questo atto soprattutto la distinzione tra agente e paziente. Quindi in base a ciò la masturbazione sarebbe il più grave dei peccati contro natura. Ma ciò è falso. Quindi i peccati contro natura non sono i più gravi tra quelli di lussuria.
Articolo 12 Infra, q. 170, a. 1, ad 2; I-II; q. 73, a. 7; In 4 Sent., d. 41, a. 4, sol. 3; In Rom., c. 1, lect. 8 Se il vizio contro natura sia il più grave dei peccati di lussuria Pare che il vizio contro natura non sia il più grave dei peccati di lussuria. Infatti: 1. Un peccato è tanto più grave quanto più è contrario alla carità. Ora, è più contrario alla carità verso il prossimo l‘adulterio, lo stupro e il rapimento, che fanno ingiuria al prossimo, che non i peccati contro natura in cui non si fa ingiuria ad altri. Perciò il peccato contro natura non è il più grave tra i peccati di lussuria. 2. I peccati più gravi sono quelli che si commettono contro Dio. Ma il sacrilegio si commette direttamente contro Dio: poiché è un‘offesa al culto verso di lui. Quindi il sacrilegio è un peccato più grave del vizio contro natura. 3. Un peccato è più grave se viene perpetrato contro una persona che dobbiamo amare di più. Ora, secondo l‘ordine della carità dobbiamo amare di più le persone a noi maggiormente legate, che vengono offese con l‘incesto, piuttosto che le persone estranee, che vengono coinvolte in certi peccati contro natura. Quindi l‘incesto è un peccato più grave del peccato contro natura. 4. Se il peccato contro natura fosse il più grave, dovrebbe essere tanto più grave quanto più è contro natura. Ma la cosa maggiormente contro natura Pare essere il peccato di immondezza, ovvero di masturbazione: poiché la natura Pare esigere in questo atto soprattutto la distinzione tra agente e paziente. Quindi in base a ciò la masturbazione sarebbe il più grave dei peccati contro natura. Ma ciò è falso. Quindi i peccati contro natura non sono i più gravi tra quelli di lussuria.
In contrario: S. Agostino [De bono coniug. 8] afferma che «fra tutti questi peccati», cioè quelli di lussuria, «il peggiore è quello contro natura». Dimostrazione: In ogni genere di cose la degenerazione più grave è la corruzione dei princìpi, da cui tutto il resto dipende. Ora, i princìpi della ragione umana sono dati da ciò che è secondo la natura: infatti la ragione, presupposto ciò che è determinato dalla natura, dispone il resto in conformità ad essa. E ciò è evidente sia in campo speculativo che in campo pratico. Come quindi in campo speculativo l‘errore circa i princìpi noti per natura è quello più grave e vergognoso, così in campo pratico l‘agire contro ciò che è secondo la natura è il peccato più grave e più turpe. Poiché dunque nel vizio contro natura si trasgredisce ciò che è determinato secondo la natura nell‘uso della sessualità, ne segue che questo è il peccato più grave in tale materia. - Dopo del quale viene l‘incesto, che è contro la riverenza naturale dovuta ai propri congiunti, come si è detto [a. 9]. Invece nelle altre specie della lussuria si trasgredisce solo ciò che è determinato dalla retta ragione: partendo tuttavia dal presupposto dei princìpi naturali. Ora, ripugna maggiormente alla ragione che uno usi dei piaceri venerei non solo contro il bene della prole da generarsi, ma anche con ingiuria verso la comparte. Perciò la semplice fornicazione che viene commessa senza fare ingiuria a un‘altra persona è il minore fra i peccati di lussuria. - L‘ingiuria poi è più grave se si abusa di una donna soggetta al potere di un altro uomo in ordine alla generazione, piuttosto che per la sola tutela. Quindi l‘adulterio è più grave dello stupro. - E l‘uno e l‘altro diventano più gravi per la violenza. Per cui il ratto di una vergine è più grave dello stupro, e il ratto di una sposa è più grave dell‘adulterio. - E tutti questi peccati diventano ancora più gravi se vi è sacrilegio, come sopra [a. 10, ad 2] si è accennato. Analisi delle obiezioni: 1. L‘ordine della retta ragione deriva dall‘uomo, ma l‘ordine della natura deriva da Dio. Perciò nei peccati contro natura, nei quali si viola tale ordine, si fa ingiuria a Dio stesso, Ordinatore della natura. Scrive quindi S. Agostino [Conf. 3, 8]: «I peccati contro natura come quelli dei Sodomiti sono sempre degni di detestazione e di castigo; e anche se fossero commessi da tutte le genti, queste sarebbero ree di uno stesso crimine di fronte alla legge di Dio, la quale non ammette che gli uomini si comportino in quel modo. Così infatti viene violata la società che deve esistere tra noi e Dio, essendo profanata con la perversità della libidine la natura di cui egli è l‘autore». 2. Anche i vizi contro natura sono contro Dio, come si è detto [ad 1]. E sono tanto più gravi del sacrilegio quanto più l‘ordine della natura è primordiale e stabile rispetto a qualsiasi altro ordine successivo. 3. A ciascuno la natura della propria specie è unita più intimamente di qualsiasi altro individuo. Perciò i peccati che sono contrari alla natura specifica sono più gravi. 4. La gravità di un peccato dipende più dall‘abuso di una cosa che dall‘omissione del debito uso. Perciò fra tutti i vizi contro natura occupa l‘infimo posto il peccato di immondezza, o masturbazione, che consiste nella sola omissione del rapporto sessuale con un‘altra persona.

- Il peccato più grave è invece la bestialità, in cui non si rispetta la propria specie. Per cui la Glossa [interlin.], spiegando quel passo della Genesi [37, 2]: «[Giuseppe] accusò i suoi fratelli di un peccato gravissimo», aggiunge: «cioè di avere rapporti carnali con le bestie». - Dopo di questo c‘è il vizio della sodomia, in cui non si rispetta il debito sesso. - Infine viene il peccato di chi non rispetta il debito modo di avere il rapporto. E il non fare uso dei debiti organi è più grave del disordine riguardante solo il modo dell‘unione.

San Tommaso D’Aquino o.p., Summa Theologica



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La nuova Costituzione ungherese parla di Dio

Orrore, orrore. La nuova Costituzione ungherese parla di Dio.

di Paolo Deotto

L’Europa è in pericolo. Già, forse non lo sapevate, e vi trastullavate tranquilli. Ma oscure trame si stanno intessendo per trasformare la libera (?) Europa in un angosciante carcere, dove i dissidenti verranno sottoposti a torture, dove la lotta per le libertà più preziose (aborto, eutanasia, omosessualità, sfascio della famiglia, diffusione della droga) verrà repressa da spietati aguzzini. Ebbene sì. È la stessa ANSA, la più importante agenzia di notizie, che ci comunica che in Ungheria è stata approvata proprio oggi, lunedì 18 aprile 2011, la nuova costituzione “ultraconservatrice”. Capito? Mica semplicemente “conservatrice”, che già sarebbe agghiacciante. No, “ultraconservatrice”. Non dubitiamo che le forze sane, laiche e democratiche, scenderanno al più presto in lotta. Però, per ora, sono annichilite dall’orrore, vetrificate dallo sdegno. Pensate un po’: la nuova Costituzione magiara contiene un preambolo in cui dichiara che “Dio e il cristianesimo ... ... sono gli elementi unificanti della nazione”. Ohibò. Poi ci sono altre cose terribili. Si arriva a dire che la vita del feto va protetta dal momento del concepimento, il che significa un futuro divieto d’aborto. Brivido.E poi si prevede il diritto di voto per gli ungheresi all’estero. Ciò causerà, stabiliscono non ben identificati “analisti”, attriti con Romania e Slovacchia, dove vivono forti minoranze ungheresi. Perché attriti? Boh! Forse gli ungheresi all’estero quando andranno a votare (presumibilmente nei loro consolati o ambasciate) si abbandoneranno ad azioni turpi e riprovevoli, o diranno parolacce, o sbeffeggeranno i passanti? Non si sa, ma se lo dicono gli analisti, vuol dire che hanno analizzato.E poi, altre norme che limitano il potere della magistratura, e altre che identificano la nazione politica con la nazione etnica, e così via.Vuoi mettere i grandi passi che ha fatto la civiltà in altri Paesi? Proprio ieri leggevamo che il Senato della California ha intenzione di approvare una legge che imporrà nelle scuole un nuovo insegnamento: il contributo di invertiti e invertite al progresso dello Stato. Proprio così, gli studenti della California dovranno imparare che il loro Stato senza invertiti/e sarebbe andato a rotoli. Oppure, per restare a casa nostra, si sono già accoppati sei milioni di italiani, che essendo ancora feti non potevano né urlare né, soprattutto, votare. E poi ci sono i matrimoni tra pervertiti, e ci sono le proposte per la legittimazione dell’incesto. Insomma, il progresso marcia. (con un dubbio: la radice è “marciare” o “marcire”?).E adesso arrivano questi pazzi ungheresi a parlare di Dio e a dire che la vita va difesa fin dal concepimento. Dove andremo a finire? Non vorranno questi quattro pellegrini fermare la trionfale marcia dell’Europa verso il fondo della fogna. I paladini della libertà vigilano, e lo impediranno. Potrebbero chiedere una consulenza ad Asor Rosa. È un tantino suonato, ma sa tutto sulle democrazie in pericolo e sui metodi per rimediare.Ah, dimenticavo. La nuova costituzione è stata approvata dal partito di centro destra, che detiene il potere e ha due terzi dei seggi in Parlamento. C’è da presumere che anche in Ungheria capiti che si vada in Parlamento se si è eletti, per cui la nuova Costituzione è stata votata dai rappresentanti del popolo.Già, però è ultraconservatrice. Quindi, bisogna attivare la vigilanza democratica. Anzi, come direbbe Peppone, “attivizzare”.Al proposito l’ANSA ci fornisce anche, non senza un fremito di preoccupazione, la mappa dei partiti di destra che stanno mettendosi in luce in Europa. Volete vederla? (ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2011/04/18/visualizza_new.html_900443058.html). Si sa mai che questi ultraconservatori si imbaldanziscano, e vadano a parlare di Dio anche altrove. Sarebbe inaccettabile.Comunque, tanti auguri al popolo e al governo ungherese. E ai governanti magiari ci permettiamo di dare solo un consiglio: viste le scelte politiche ben precise che hanno fatto, e visto ciò che accadde in Polonia, per i loro spostamenti evitino scrupolosamente l’aereo, perché se precipita ci si fa molto male, si può anche morire. Non si sa mai, quando si votano costituzioni “ultraconservatrici” bisogna stare attenti. [Fonte Riscossa Cristiana]

Paolo Deotto

http://www.pontifex.roma.it/index.php/editoriale/esteri/7310-orrore-orrore-la-nuova-costituzione-ungherese-parla-di-dio







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venerdì 15 aprile 2011

IMMIGRAZIONE: imitiamo l'Australia o la Svizzera.

POROCAN
15 aprile 2011
di Eugenio Benetazzo
http://www.eugeniobenetazzo.com/immigrati-pericolo-economia.htm

Il Sig. Francesco è un pensionato di Vicenza che ha visto crollare del 30% il valore dell’appartamento residenziale che aveva acquistato con la liquidazione mettendolo tosto in affitto al fine di integrare la sua modesta pensione. Investire la liquidazione in obbligazioni o in titoli di stato ? Dopo Argentina e Parmalat, meglio un decoroso appartamento residenziale in Viale S. Lazzaro in prossimità del centro storico della città del Palladio, almeno affitto e controvalore dell’investimento sono sicuri e garantiti. I suoi sogni di serenità finanziaria sono ben presto svaniti dopo la trasformazione che ha subito il quartiere in pochi anni diventando un ghetto multietnico di nigeriani, marocchini, rumeni e cinesi, senza dimenticare una serie di servizi accessori (prima inesistenti) che arricchiscono notevolmente l’appeal del quartiere: prostituzione e spaccio di droga lungo ed in largo le strade e gli appartamenti.

Risultato ? Gli italiani hanno iniziato a svendere uno con l’altro le abitazioni con una gara al ribasso degna di un crollo di borsa. Adesso il Sig. Francesco si trova con un immobile deprezzato e non ci pensa proprio ad affittare ad extracomunitari (viste oltretutte le problematiche di riscossione in caso di inquilini morosi nel pagamento dei canoni). Destino beffardo ! Proprio lui che per decenni ha votato prima la sinistra e dopo il centro sinistra, appoggiando con etica cristiana i processi di integrazione a favore di etnie extracomunitarie. Porocan (in dialetto veneto significa poveretto) ! Pensare che ora è il primo nella fila a denigrare quelle scellerate e libertine politiche immigratorie senza alcun vincolo meritocratico.

In questi giorni i media nazionali continuano a concentrasi sugli sbarchi dei clandestini (e non migranti, non capisco perché in pochi giorni è stata cambiata anche la loro definizione) e su cosa deve o dovrebbe fare l’Unione Europea per aiutarci a risolvere questa situazione di emergenza. Nessuno tuttavia si è mai soffermato a raccontarci i fenomenali benefici economici che abbiamo ottenuto dall’immigrazione extracomunitaria. Sicuramente qualcuno che legge mi darà ora del razzista o del leghista, non me ne preoccupo il suo lamento rappresenta una voce statisticamente poco rilevante, infatti dagli ultimi sondaggi ormai oltre l’80% degli italiani è unanime nel pensiero: basta con gli extracomunitari !

Ce ne accorgiamo tutti a distanza di tempo: ci avevano promesso che sarebbero entrati tecnici specializzati, architetti, docenti, ricercatori e professionisti qualificati, invece ci troviamo con manovali generici, camerieri che parlano a mala pena l’italiano, badanti, prostitute e spacciatori. Persino il primo ministro inglese, David Cameron (forse il migliore primo ministro del pianeta al momento) ha sentenziato di recente la fine ed il fallimento del multiculturalismo. Questo non è razzismo, ma semplicemente buon senso, quello che avremmo dovuto avere tempo addietro clonando le politiche di immigrazione più severe al mondo come quella svizzera ed australiana.

Gli extracomunitari sono responsabili di rimesse verso l’estero dal nostro paese per miliardi e miliardi di euro (stima ufficiale tra i sei e sette miliardi ogni anno), hanno provocato ed indotto un abbassamento dei livelli medi salariali delle maestranze operaie italiane, hanno prodotto fenomeni di microcriminalità ove prima non vi era, hanno causato la decadenza e rallentamento dei programmi scolastici nelle scuole dell’obbligo (a causa della presenza di bambini e ragazzi che non sanno parlare e scrivere perfettamente la lingua italiana), hanno portato alla ghettizzazione dei quartieri residenziali: ovunque nel mondo ci si rende conto di questo, persino nei paesi scandinavi (con la Svezia in pole position) in cui la popolazione si è sempre dimostrata molto disponibile al diverso.

Tuttavia fin tanto che avremo ancora una minoranza della popolazione costituita da finti perbenisti (o dai loro figli che girano in Porsche, con vestiti firmati tipo Prada e Jeckerson) che rinnegano scioccamente quanto sopra, i prossimi “porocan” saranno tutti gli altri italiani, i quali a distanza di una dozzina d'anni si chiederanno di come sia stato possibile lasciar degradare il paese verso il basso senza opporre alcuna sensata resistenza. A quel punto aspettatevi anche un peggioramento del quadro macroeconomico per l’intero paese, ricordo ancora per chi non lo sapesse che la causa del collasso dei mutui subprime in USA è stata una scellerata politica di immigrazione affiancata da una fuorviante politica di assistenza finanziaria con sussidi di stato alle classe sociali più deboli (fatalità proprio quelle immigrate). Chi è causa del suo male, pianga se stesso.



| Riproduzione concessa con citazione della fonte

venerdì 8 aprile 2011

VALORI CAPOVOLTI: vizi pubblici, virtù private.

Caso Ruby e giornali: ormai il sesso è reato,
hanno capovolto i valori
di Marcello Veneziani

I danni di un'era ipermediatica: con i valori capovolti il sesso diventa un reato.
Un tempo la vita intima era il privato, fede e cultura la sfera pubblica. Ora è ilcontrario.
Sì, ho trovato triste anch’io che il Parlamento abbia dovuto pronunciarsi sulla vicenda Ruby e trovo avvilente che abbia dovuto avallare la tesi del premier realmente convinto che si trattasse della nipote di Mubarak. È una brutta pagina del Parlamento, anche se di brutte pagine si potrebbe comporre un volume assai corposo di atti impuri del Parlamento. Seguendo la tradizione del Giornale di Indro Montanelli, mi turo il naso e dico: meglio così che far cadere un governo e una maggioranza su Ruby. Sarebbe stato ancora più indecente e vergognoso.
Montanelli esortava a turarsi il naso su condotte pubbliche che avevano più rilevanza sul piano politico e sul malaffare. Questo invece è un turarsi il naso su unabrutta faccenda privata che sconfina ai margini del ruolo pubblico. Sul caso Ruby - lo dico ai feroci automi che ululano sul web la condanna di Berlusconi non puòessere né penale né politica ma morale. Quella morale massacrata, irrisa, licenziata da vari decenni col largo concorso di chi ora s’indigna.
Il potere giudiziario non può paralizzare il potere legislativo ed esecutivo, non può rovesciare la sovranità popolare e gettare nel caos una nazione. Mi pare questo il bene supremo rispetto a cui turarsi il naso. E non me ne vergogno se costretto a scegliere, scelgo questa via. Anche se ai servi d’indole non pare possibile, non mi frega niente di compiacere o dispiacere nessuno. Né Berlusca né le jene di cui sopra. Lo faccio per il mio Paese. In un cucù ricordavo la forte analogia tra le vicende che hanno riguardato Berlusconi e quelle del Re Vittorio Emanuele II nella testimonianza autorevole di Carlo Dossi: harem di ragazze,
ingenti somme per le escort con i lelemora e tarantini dell’epoca, perfino storie di minori. Immaginate cosa avrebbe fatto l’austero Parlamento dell’epoca se avesse dovuto pronunciarsi su queste vicende? Pensate che non si sarebbe trovata la maggioranza in difesa del re per amor di patria, fino a votare il riconoscimento di una ragazza-squillo come la nipote di Menelik? La differenza rispetto a quel tempo non è dunque il fatto ma la sua evidenza, e l’attenzione di magistrati e Parlamento.
Lascio le polemichette quotidiane e risalgo all’analisi. Mi pare che rispetto ai Caso Ruby e giornali: ormai il sesso è reato, hanno capovolto i valori precedenti, ci sia una svolta non di sostanza ma di forma: con Berlusconi è diventato trasparente tutto ciò che prima era coperto da ragion di Stato, da segreto istruttorio, da arcana imperii, da buon senso e da buon gusto. Di tutto quel che è accusato Berlusconi c’erano tanti precedenti nel regno delle imprese e delle istituzioni, dei poteri e della politica. Variavano i dosaggi: all’epoca democristiana, ad esempio, c’erano meno faccende di sesso e più clientelismo, abusi d’ufficio e raccomandazioni. Dal punto di vista dell’esuberanza sessuale gli ultimi precedenti democratici dell’era Berlusconi sono due: in Italia l’era
craxiana, ma anche agnelliana; negli Stati Uniti l’era kennediana (perfino Luther King subì accuse di abusi sessuali). Ma solo ora la marpioneria agisce in una casa di vetro, è vistosa, spettacolare. Ecco a voi il sesso e i festini, la corte e l’harem, le carriere siliconate e le regalie, il malaffare e l’intimità. Perfino le deprecate barzellette «sporche» prima si raccontavano tra pochi intimi, ora tra pochi milioni di intimi. Per un malinteso senso di libertà e partecipazione democratica di massa, è caduto il pudore anche al potere. Volevano il Re Nudo, e l’hanno avuto. Populismo erotico.
Così è stata abbattuta ogni soglia di pudore, per metà a causa dei giudici e dei media, per metà a causa dello stesso protagonista, oltre che degli antagonisti e dei deuteragonisti. Non dunque la sostanza ma la forma è cambiata, le inibizioni si sono fatte esibizioni, come vuole del resto un’era trasparente, ipermediatica e televisiva, esibizionista e narcisista, spiona e guardona. Non a caso il colpevolevittima è un imprenditore televisivo.
È inutile dire che di questo cambiamento non me ne rallegro, e non perché
preferisca l’ipocrisia alla verità, ma perché il pudore, pur con tutto l’alone di falsità e mezze bugie che lo circonda, è comunque meglio della spudoratezza.
Ma il problema di fondo resta uno: è stato capovolto il rapporto tra sfera pubblica e sfera privata. Un tempo i valori, le fedi, le culture erano la sfera pubblica, e il sesso, i suoi orientamenti, la vita intima, erano la sfera privata. Ora i primi sono ricacciati nella sfera privata e individuale, mentre i secondi sono esibiti con orgoglio spudorato o sconfinano nella sfera pubblica. Se hai un dio tienilo per te,
nel segreto della tua coscienza; se hai una storia piccante, vieni a mostrarla in video. E poi i telefonini, le intercettazioni, il web fanno il resto. Il personale è pubblico. Di questa rivoluzione Berlusconi è agente e utente, vittima e beneficiario. Comunque non causa, semmai effetto. Me le ricordo le risate e i vituperi contro chi difendeva la morale perduta. Ora raccogliete i frutti, bastardi.

© IL GIORNALE ON LINE S.R.L. 8 aprile 2011






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