San Gerardo Maiella (Muro Lucano, 6
aprile 1726 – Materdomini, 16 ottobre 1755)
patrono
della Basilicata.
festa:
il 16 ottobre
È un uomo che
richiama più di trecentomila persone all’anno: persone che lo amano, che lo
venerano. Il suo nome è ricordato e rispettato in tutto il mondo: nelle
Americhe, in Australia, nel Benin, nel Madagascar. Dà lavoro, con le attività
dedicate al suo nome e grazie a lui, a centinaia, forse migliaia, di persone.
Non è un imprenditore, non è un intellettuale, non è un politico, non è un
filantropo: è un santo.
È sicuramente
il lucano non solo più conosciuto ma quello che ha fatto di più per la sua
terra e per il suo popolo. Eppure la sua cultura, la sua vita tutto lasciavano
prevedere tranne che questo successo “mondano”.
Nasce il 6
aprile 1726 a Muro Lucano, un paese a circa 35 chilometri da Potenza, da madre
murese e da padre oriundo di Baragiano. Riceve una modesta istruzione,
imparando a leggere e a scrivere. A dodici anni gli muore il padre e va a
bottega dal sarto Pannuto. A quindici va a servizio dal vescovo di Lacedonia,
mons. Claudio Albini, uomo dotto ma di carattere poco dolce, che tempra
ulteriormente il penitente Gerardo.
Alla morte del
Vescovo, nel 1744, Gerardo torna a Muro dove apre una piccola sartoria in
proprio. Ma la sua vocazione è quella di dedicarsi completamente a Dio. Era
stato già rifiutato dai Cappuccini per la sua salute gracile; viene respinto
anche dai Redentoristi, fondati da poco da S. Alfonso. Finalmente il 17 maggio
1749, dopo molte insistenze, viene accettato in prova dai Redentoristi di
Deliceto (in provincia di Foggia). Il 16 luglio 1752 fa la professione
religiosa come fratello laico.
L’episodio più
noto della sua vita è quello della calunnia da parte di Nerea C. che, gelosa
della santa familiarità di Gerardo con future novizie, immaginò chissà quali
intrighi amorosi. Confidò questi suoi pensieri al confessore, il quale in buona
fede le chiese di mettere per iscritto le sue fantasticherie. La lettera fu spedita
a S. Alfonso, superiore dei Redentoristi, e così iniziò la dura prova per S.
Gerardo. Alla fine Nerea C. pentita ritrattò tutte le sue calunnie. S. Gerardo,
alle richieste di S. Alfonso, spiegò che non si era difeso perché così aveva
operato Gesù e perché «la Regola proibisce di scusarci e vuole che si soffra in
silenzio qualunque mortificazione».
Da questo
episodio traspare tutto il suo spirito di eroica ubbidienza e di assoluta
fiducia nella Provvidenza.
Il miracolo
che ottenne nella campagna pugliese, facendo morire tutti i topi di un campo,
fa intuire che Gerardo non era solo il pazzerello di Dio, come lo chiamava il
popolo per il suo carattere sempre allegro, ma uomo prudente e saggio. Al
massaro che gli implorava, quasi per sfogarsi: «Padre, i sorci mi rovinano i
seminati, da’ loro una maledizione», come narra il processo di canonizzazione,
Gerardo domanda: «Vuoi che muoiano o che vadano altrove?»; sembra una domanda
ingenua, ma serve a sondare e ad evidenziare le oneste intenzioni del massaro,
che ribatte: «Faranno male ad altri, sarebbe meglio che morissero». E Gerardo a
questa risposta fa un segno di croce verso il campo: subito si vede sulla sua
superficie un enorme numero di sorci morti con il ventre all’aria. Il massaro
rimane meravigliato: credeva di avere a che fare con un prete qualunque.
Una nipote di
Rosa Sturchio di Caposele fu guarita miracolosamente dalle doglie del parto
grazie a una sua reliquia. A Castelgrande tre partorienti furono salvate col
semplice contatto di una biografia del santo. È perciò considerato patrono
delle madri e delle partorienti, lui che era di un candore virginale.
Egli che non
era nemmeno sacerdote e che partecipava alle missioni popolari solo per aiutare
i Padri Missionari e per questuare, predicò a suore di clausura (Domenicane di
Corato, Benedettine di Atella, di Corato e di Calitri, Clarisse di Muro Lucano
e di Melfi, Teresiane di Ripacandida e del Conservatorio del SS. Salvatore di
Foggia). Riformò monasteri come quelli delle suore di Atella, Corato e Ripacandida.
Ha aiutato tanti giovani a realizzare la loro vocazione. È indicativa a tale
proposito l’affermazione di mons. Vito Maio, vescovo di Muro Lucano, che
«valeva più una chiacchierella di fratel Gerardo che le stesse prediche dei
Padri Missionari».
È evidente che
la sua era una semplicità apparente che racchiudeva solidità di dottrina, che
era apprezzata soprattutto da anime mistiche come suor Maria di Gesù, suor
Maria Michela di S. Francesco, suor Celeste Cristarosa di Foggia (la cui anima
al momento della morte vide volare in cielo il 14 settembre 1755), con le quali
ebbe una corrispondenza assidua. Poche sono le lettere che ci sono rimaste ma
«contengono una tale incandescenza da poter essere avvicinate a quelle di
Caterina da Siena e, per lo spirito di semplicità, agli scritti della piccola
Teresa di Gesù Bambino». (G.D’Addezio, S.
Gerardo..., Materdomini, stampa 1995).
Bene ha
sintetizzato la personalità del santo il Card. Michele Giordano proclamando,
nel solenne rito di apertura delle celebrazioni centenarie: «San Gerardo resta
una figura di santo ricca di un fascino tutto particolare. La sua santità,
infatti, ci appare come una santità imposta dal popolo e capace di sintetizzare
ed elevare tutte le aspirazioni del popolo, da quelle concrete e quotidiane,
come guarigioni, protezioni di bambini e benedizioni dei campi, a quelle più
prettamente religiose e spirituali. San Gerardo è un Santo del popolo e per il
popolo
».
È opportuno
precisare che gli uomini della Chiesa usano la parola popolo e mai massa. Papa
Pio XII ha precisato esaustivamente la differenza tra i due concetti (cfr. Radiomessaggio al mondo intero del
24.12.1944). Noi qui ci limitiamo a ricordare che la massa è per sé inerte e
aspetta l’impulso dal di fuori.
«Il popolo
invece vive della pienezza della vita degli uomini che lo compongono, ciascuno
dei quali - al proprio posto e nel proprio modo - è una persona consapevole
della propria responsabilità e delle proprie convinzioni».
Ecco perchè la
Chiesa per iniziare un processo di canonizzazione chiede che la santità sia
riconosciuta e invocata dal popolo. Ecco perchè vox populi, vox Dei. Ecco perchè il 5 settembre 1846 il re
Ferdinando (di Napoli) come membro e al tempo stesso rappresentante del popolo
aveva richiesto a papa Pio IX la glorificazione anche terrena «dell’eroe
cristiano, le cui eccellenti virtù e fama di santità erano divulgate presso
ogni ceto di persone!».
Morì nel 1755
a soli ventinove anni, dopo aver fatto porre sulla porta della sua
cameretta la scritta: «Qui si sta
facendo la volontà di Dio, come vuole Dio e per quanto tempo piace a Dio». Era
ridotto pelle e ossa ma non aveva perso il suo spirito sereno. Morì di tisi e
da solo, come aveva predetto. Era l’una di notte del 16 ottobre. La sua festa
liturgica perciò cade in questo giorno. Uno dei riti che caratterizzano la
festa è la benedizione di quattro quintali di grano offerti dal Consorzio
agrario e dall’Ispettorato agrario della provincia. Questo grano sarà poi
mescolato alla semina autunnale per proteggerla da ogni flagello.
L’itinerario
di civilizzazione e di benessere conseguenza della proclamazione del Vangelo prosegue nei luoghi collegati
alla vita e alla morte di fratel Gerardo. Le poche case sparse in Caposele
presso la chiesetta dedicata alla Materdomini si sono moltiplicate fino a diventare un paese (4000 abitanti).
E’ sorta nei locali del convento redentorista la Tipografia S.Gerardo Maiella,
che pubblica tra l’altro la “Rivista di S.Gerardo”. L’antica chiesetta è diventata
Basilica Pontificia «Deiparae Virgini ac
Divo Gerardo dicata». Oltre le numerose associazioni cattoliche ed
ecclesiali, chiese, villaggi, scuole, cliniche di maternità, case di
accoglienza per anziani sono dedicate a lui, che era un semplice fratello
laico, congregazioni di religiosi e di religiose: Oblati di S.Gerardo in
Australia e Suore Gerardine presenti in Italia, Perù e Benin.
A sigillo e a
conferma dell’amore dei lucani per questo loro santo, i vescovi della
Basilicata, accogliendo i voti comuni del clero e del popolo fedele, hanno presentato
al Papa la richiesta di proclamare S. Gerardo, fratello della Congregazione del
SS. Redentore, come patrono presso Dio per la provincia ecclesiastica della
Basilicata.
Papa Giovanni
Paolo II con decreto del 21 aprile 1994, pertanto, lo ha proclamato patrono
della Basilicata.
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3 commenti:
Mi pare che sia errato il cognome:MACELLA. Da rettificare in:MAIELLA.
San Gerardo Maiella, una persona di autentica fede cristiana.
Grazie per la segnalazione del refuso: provvedo subito a correggerlo.
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