|
Nuestra Señora de Guadalupe |
SANTA MARIA DI GUADALUPE
STAMPATASI SUL MANTELLO
DI SAN JUAN DIEGO
Sono vostra Madre, piena di pietà e d'amore per
voi e per tutti coloro che mi amano, hanno fiducia in me e a me ricorrono.
Ascolterò le loro lamentele e lenirò la loro afflizione e le loro sofferenze
La promessa di Nostra Signora di Guadalupe
Il 9 dicembre 1531, di sabato,
Juan Diego Cuauhtlatoatzin mentre passa ai piedi della collina di
Tepeyac sente una voce di donna dolce e
delicata che lo chiama: «Juanito! Juan
Dieguito!» S'inerpica rapidamente sulla collina e si trova davanti ad una
giovane bellissima, le cui vesti brillano come il sole.
Rivolgendosi
a lui in nahuatl, la sua lingua materna, gli dice: «Figlio mio, Juanito, dove
vai? – Nobile Signora, mia Regina, vado a Messa a Città del Messico per
apprendervi le cose divine che ci insegna il sacerdote. – Voglio che tu sappia
con certezza, caro figlio, che io sono la perfetta e sempre Vergine Maria,
Madre del vero Dio da cui proviene ogni vita, il Signore di tutte le cose,
Creatore del cielo e della terra. Ho un grandissimo desiderio: che si
costruisca, in mio onore, un tempio in cui manifesterò il mio amore, la mia
compassione e la mia protezione. Sono vostra madre, piena di
pietà e d'amore per voi e per tutti coloro che mi amano, hanno fiducia in me e
a me ricorrono. Ascolterò le loro lamentele e lenirò la loro afflizione e le
loro sofferenze. Perché possa manifestare tutto il mio amore, va’
ora dal vescovo, a Città del Messico, e digli che ti mando da lui per fargli
conoscere il grande desiderio che provo di veder costruire, qui, un tempio a me
consacrato».
Un giorno in cui
contemplava una riproduzione dell'Immagine di Nostra Signora di Guadalupe, Papa
Giovanni Paolo II fece questa confidenza: «Mi sento attirato da
quest'Immagine, perché il viso è pieno di tenerezza e di semplicità; mi chiama...».
Più tardi, il 6 maggio 1990, in occasione di un pellegrinaggio in Messico, il
Santo Padre beatificava il messaggero di Nostra Signora, Juan Diego, e
diceva: «La Vergine ha scelto Juan Diego fra i più umili, per ricevere
quella manifestazione affabile e benigna che fu l'apparizione di Nostra Signora
di Guadalupe. Il suo viso materno sulla santa Immagine che ci lasciò in dono ne
è un ricordo imperituro». Nel secolo XVI, la Santa Vergine, piena di pietà per
il popolo azteco che, vivendo nelle tenebre dell'idolatria, offriva agli idoli
innumerevoli vittime umane, si è degnata di prendere in mano essa medesima
l'evangelizzazione degli Indiani dell'America Centrale che erano anch'essi suoi
figli. Un dio degli Aztechi, cui era attribuita la fertilità, si era
trasformato, con l'andar del tempo, in dio feroce. Simbolo del sole, quel dio,
in lotta permanente con la luna e le stelle, aveva bisogno – così si credeva –
di sangue umano per restaurare le proprie forze, poiché, se fosse perito, la
vita si sarebbe spenta. Sembrava dunque indispensabile offrigli, in perpetuo
sacrificio, sempre nuove vittime.
Un'aquila
su un cactus
I sacerdoti aztechi avevano profetizzato che
il loro popolo nomade si sarebbe insediato nel luogo in cui si fosse mostrata
un'aquila che, appollaiata su un cactus, divorasse un serpente. L'aquila figura
sulla bandiera del Messico attuale. Giunti su un'isola palustre, in mezzo al
lago Texcoco, gli Aztechi vedono compiersi il preannunciato presagio:
un'aquila, appollaiata su un cactus, sta divorando un serpente; siamo nel 1369.
Fondano quindi lì la città di Tenochtitlán, che diventerà Città del Messico.
Essa si sviluppa fino a diventare una vasta città su palafitte con numerosi
giardini in cui abbondano fiori, frutti e verdure. L'organizzazione progressiva
del regno azteco fa di esso un impero gerarchizzato e molto strutturato. Le
conoscenze dei matematici, degli astronomi, filosofi, architetti, medici,
artisti ed artigiani sono molto avanzate per l'epoca. Ma le leggi fisiche
rimangono poco note. La potenza e la prosperità di Tenochtitlán sono dovute
soprattutto alla guerra. Le città conquistate devono pagare un tributo di
derrate varie e di uomini per la guerra e per i sacrifici. I sacrifici umani e
l'antropofagia degli Aztechi hanno pochi riscontri analoghi nel corso della
storia.
Nel
1474, nasce un bambino cui vien dato il nome di Cuauhtlatoazin («aquila
parlante»). Alla morte di suo padre, è lo zio che si incarica del piccolo. Fin
dall'età di tre anni, gli si insegna, come a tutti i bambini aztechi, a
partecipare ai lavori domestici ed a comportarsi dignitosamente. A scuola,
impara il canto, la danza e soprattutto la religione con i suoi molteplici dèi.
I sacerdoti hanno una grande influenza sulla popolazione, che mantengono in una
sottomissione che va fino al terrore. Cuauhtlatoazin ha tredici anni, quando si
procede alla consacrazione del gran Tempio di Tenochtitlán. Nel corso di
quattro giorni, i sacerdoti sacrificano al loro dio 80.000 vittime umane. Dopo
il servizio militare, Cuauhtlatoazin si sposa con una ragazza della sua
condizione. Insieme, conducono una modesta vita di agricoltori.
Nel
1519, lo spagnolo Cortés sbarca nel Messico, alla testa di più di 500 soldati.
Conquista il paese per conto della Spagna, ma non senza zelo per l'evangelizzazione
degli Aztechi; nel 1524, ottiene la venuta a Città del Messico di dodici
Francescani. I missionari s'integrano facilmente nella popolazione; la loro
bontà contrasta con la durezza dei sacerdoti aztechi e con quella di certi
conquistatori. Si cominciano a costruire chiese. Tuttavia, gli Indiani si
mostrano assai refrattari al Battesimo, soprattutto a causa della poligamia che
dovrebbero abbandonare.
Cuauhtlatoazin
e sua moglie sono fra i primi a ricevere il Battesimo, ed assumono
rispettivamente i nomi di Juan Diego e Maria Lucia. Alla morte di
quest'ultima, nel 1529, Juan Diego si ritira a Tolpetlac, a 14 km da Città del
Messico, presso lo zio Juan Bernardino, diventato pure lui cristiano.
Il 9
dicembre 1531, come sempre il sabato, egli parte prestissimo la mattina per
assistere alla Messa celebrata in onore della Santa Vergine, presso i Frati
francescani, vicino a Città del Messico. Passa ai piedi della collina di
Tepeyac. Improvvisamente, sente un canto dolce e sonoro che gli sembra provenga
da una gran moltitudine di uccelli. Alzando gli occhi verso la cima della
collina, vede una nuvola bianca e sfavillante. Guarda intorno a sé e si chiede
se non stia sognando. Improvvisamente il canto tace ed una voce di donna, dolce
e delicata, lo chiama: «Juanito! Juan Dieguito!» S'inerpica rapidamente sulla
collina e si trova davanti ad una giovane bellissima, le cui vesti brillano
come il sole.
«Un tempio in cui
manifesterò il mio amore»
Rivolgendosi
a lui in nahuatl, la sua lingua materna, gli dice: «Figlio mio, Juanito, dove
vai? – Nobile Signora, mia Regina, vado a Messa a Città del Messico per
apprendervi le cose divine che ci insegna il sacerdote. – Voglio che tu sappia
con certezza, caro figlio, che io sono la perfetta e sempre Vergine Maria,
Madre del vero Dio da cui proviene ogni vita, il Signore di tutte le cose,
Creatore del cielo e della terra. Ho un grandissimo desiderio: che si
costruisca, in mio onore, un tempio in cui manifesterò il mio amore, la mia
compassione e la mia protezione. Sono vostra madre, piena di pietà e d'amore
per voi e per tutti coloro che mi amano, hanno fiducia in me e a me ricorrono.
Ascolterò le loro lamentele e lenirò la loro afflizione e le loro sofferenze.
Perché possa manifestare tutto il mio amore, va’ ora dal vescovo, a Città del
Messico, e digli che ti mando da lui per fargli conoscere il grande desiderio
che provo di veder costruire, qui, un tempio a me consacrato».
Juan
Diego si reca immediatamente al vescovado. Monsignor Zumárraga, religioso
francescano, primo vescovo di Città del Messico, è un uomo pio e pieno di zelo
il cui cuore trabocca di bontà per gli Indiani; ascolta attentamente il
pover'uomo, ma, temendo un'illusione, non gli dà credito. Verso sera, Juan
Diego prende la via del ritorno. In cima alla collina di Tepeyac, ha la felice
sorpresa di ritrovare l'Apparizione; rende conto della sua missione, poi
aggiunge: «Vi supplico di affidare il vostro messaggio a qualcuno più noto e
rispettato, affinché possa essere creduto. Io sono solo un modesto Indiano che
avete mandato da una persona altolocata in qualità di messaggero. Perciò non
sono stato creduto ed ho potuto soltanto causarvi una gran delusione. – Figlio
carissimo, risponde la Signora, devi capire che vi sono persone molto più
nobili cui avrei potuto affidare il mio messaggio, e tuttavia è grazie a te che
il mio progetto si realizzerà. Torna domani dal vescovo... digli che sono io in
persona, la Santa Vergine Maria, Madre di Dio, che ti manda».
La
domenica mattina dopo la Messa, Juan Diego si reca dal vescovo. Il prelato gli
fa molte domande, poi chiede un segno tangibile della realtà dell'apparizione.
Quando Juan Diego se ne torna a casa, il vescovo lo fa seguire discretamente da
due domestici. Sul ponte di Tepeyac, Juan Diego scompare ai loro occhi, e, malgrado
tutte le ricerche effettuate sulla collina e nei dintorni, essi non lo
ritrovano più. Furenti, dichiarano al vescovo che egli è un impostore e che non
bisogna assolutamente credergli. Durante il medesimo tempo, Juan Diego
riferisce alla bella Signora, che lo aspettava sulla collina, il nuovo
colloquio avuto con il vescovo: «Torna domattina a prendere il segno che
reclama», risponde l'Apparizione.
Rose,
in pieno inverno!
Tornando
a casa, l'Indiano trova lo zio malato e il giorno seguente deve rimanere al suo
capezzale per curarlo. Poiché la malattia si aggrava, lo zio chiede al nipote
di andare a cercare un sacerdote. All'alba, il martedì 12 dicembre, Juan Diego
si avvia verso la città. Quando si avvicina alla collina di Tepeyac, giudica
preferibile fare una deviazione per non incontrare la Signora. Ma,
improvvisamente, la vede venirgli incontro. Tutto confuso, le espone la
situazione e promette di tornare non appena avrà trovato un sacerdote per dare
l'olio santo allo zio. «Figliolo caro, replica l'Apparizione, non affliggerti
per la malattia di tuo zio, perché egli non morirà. Ti assicuro che guarirà...
Va’ fin in cima alla collina, cogli i fiori che ci vedrai e
portameli». Arrivato in cima, l'Indiano è stupefatto di trovarvi un
gran numero di fiori sbocciati, rose di Castiglia, che spandono un profumo
quanto mai soave. In questa stagione invernale, infatti, il freddo non lascia
sussistere nulla, ed il luogo è troppo arido per permettere la coltura dei
fiori. Juan Diego coglie le rose, le deposita nel mantello, o tilma, poi
ridiscende dalla collina. «Figlio caro, dice la Signora, questi fiori sono il
segno che darai al vescovo... Questo lo disporrà a costruire il tempio che gli
ho chiesto». Juan Diego corre al vescovado.
Quando
arriva, i domestici lo fanno aspettare per lunghe ore. Stupiti che sia tanto
paziente, e incuriositi da quel che porta nella tilma, finiscono per avvertire
il vescovo, il quale, malgrado si trovi in compagnia di parecchie persone, lo
fa entrare immediatamente. L'Indiano racconta la sua avventura, apre la tilma e
lascia sparpagliarsi per terra i fiori ancora brillanti di rugiada. Con le
lacrime agli occhi, Monsignor Zumárraga cade in ginocchio, ammirando le rose
del suo paese. Ad un tratto, scorge, sulla tilma, il ritratto di Nostra Signora. Vi è Maria, come
impressa sul mantello, bellissima e piena di dolcezza. I dubbi del
vescovo lasciano il posto ad una solida fede e ad una speranza incantata.
Prende la tilma e le rose, e le deposita rispettosamente nel suo oratorio
privato. Il giorno dopo, si reca con Juan Diego sulla collina delle
apparizioni. Dopo aver esaminato i luoghi, lascia che il veggente torni dallo
zio. Juan Bernardino è effettivamente guarito. La guarigione si è prodotta
all'ora stessa in cui Nostra Signora appariva a suo nipote. Racconta: «L'ho
vista anch'io. È venuta proprio qui e mi ha parlato. Vuole che le si eriga un
tempio sulla collina di Tepeyac e che si chiami il suo ritratto «Santa Maria di
Guadalupe». Ma non mi ha spiegato perché». Il nome di Guadalupe è ben noto agli
Spagnoli, poiché esiste nel loro paese un antichissimo santuario consacrato a
Nostra Signora di Guadalupe.
La
notizia del miracolo si sparge rapidamente; in poco tempo, Juan Diego diventa
popolare: «Accrescerò la tua fama», gli aveva detto Maria; ma l'Indiano rimane
sempre altrettanto umile. Per facilitare la contemplazione dell'Immagine,
Monsignor Zumárraga fa trasportare la tilma nella cattedrale. Poi intraprende
la costruzione di una chiesetta e di un eremo, per Juan Diego, sulla collina
delle apparizioni. Il 25 dicembre seguente, il vescovo consacra la cattedrale
alla Santissima Vergine, al fine di ringraziarla per i favori insigni di cui
Ella ha ricolmato la diocesi; poi, in una magnifica processione, l'Immagine
miracolosa viene portata verso il santuario di Tepeyac, che è appena stato
ultimato. Per manifestare la loro gioia, gli Indiani tirano frecce. Una di
esse, lanciata senza precauzioni, trafigge la gola di uno dei presenti che cade
a terra, ferito mortalmente. Subentra un silenzio impressionante ed una
supplica intensa sale verso la Madre di Dio. Improvvisamente, il ferito, che è
stato depositato ai piedi dell'Immagine miracolosa, riprende i sensi e si
rialza, pieno di vigore. L'entusiasmo della folla è al colmo.
Milioni
d'Indiani diventati Cristiani
Juan
Diego si sistema nel piccolo eremo e veglia alla manutenzione ed alla pulizia
del luogo. La sua vita rimane molto modesta: coltiva con cura un campo messo a
sua disposizione presso il santuario. Riceve i pellegrini, sempre più numerosi,
parlando loro con molto piacere della Santa Vergine e raccontando senza
stancarsi i particolari delle apparizioni. Gli vengono affidate intenzioni di
preghiere di ogni genere. Ascolta, compatisce, conforta. Passa una gran parte
del suo tempo libero in contemplazione davanti all'immagine della sua Signora;
i suoi progressi sulla via della santità sono rapidi. Un giorno dopo l'altro,
compie la sua missione di testimone, fino alla morte che avverrà il 9 dicembre
1548, diciassette anni dopo la prima apparizione.
Quando
gli Indiani appresero la notizia delle apparizioni di Nostra Signora, si
sparsero fra loro un entusiasmo ed una gioia indicibili. Rinunciando agli
idoli, alle superstizioni, ai sacrifici umani ed alla poligamia, molti chiesero
il Battesimo. Nei nove anni che seguirono le apparizioni, nove milioni di loro
furono convertiti alla fede cristiana, vale a dire 3000 al giorno!
I
particolari dell'Immagine di Maria colpiscono profondamente gli Indiani: quella
donna è più grande del “dio-sole”, poiché appare in piedi davanti al sole;
supera il “dio-luna”, poiché tiene la luna sotto ai suoi piedi; non è più di
questo mondo, poiché è circondata di nuvole ed è tenuta al di sopra del mondo
da un angelo; le mani giunte la mostrano in preghiera, il che significa che c'è
qualcuno di più grande di lei...
Ma,
ancora oggi, il mistero dell'Immagine miracolosa è grande. La tilma, vasto
grembiule tessuto a mano con fibre di cactus, porta l'Immagine sacra di
un'altezza di 1,43 m. Il viso della Vergine è perfettamente ovale e di un color
grigio che tende al rosa. Gli occhi hanno un'intensa espressione di purezza e
di dolcezza. La bocca sembra sorridere. La bellissima faccia, simile a quella
di un'Indiana meticcia, è incorniciata da una chioma nera che, vista da vicino,
comporta capelli di seta. Un'ampia tunica, di un rosa incarnato che non si è
mai potuto riprodurre, la copre fino ai piedi. Il mantello, azzurro-verde, è
bordato di un gallone d'oro e cosparso di stelle. Un sole di vari toni forma
uno sfondo magnifico in cui brillano raggi d'oro.
La
conservazione della tilma, dal 1531 ad oggi, rimane inspiegabile. In capo a più
di quattro secoli, la stoffa, di qualità mediocre, conserva la stessa
freschezza, la stessa vivacità di toni che aveva in origine. In confronto, una
copia dell'Immagine di Nostra Signora di Guadalupe, dipinta con gran cura nel
secolo XVIII e conservata nelle stesse condizioni climatiche di quella di Juan
Diego, si è completamente degradata in pochi anni. All'inizio del secolo XX,
periodo doloroso di rivoluzioni per il Messico, una carica di dinamite fu
depositata da miscredenti sotto l'Immagine, in un vaso pieno di fiori.
L'esplosione ha distrutto i gradini di marmo dell'altare maggiore, i
candelabri, tutti i portafiori; il marmo dell'altare fu fatto a pezzi, il
Cristo di ottone del tabernacolo si piegò in due. I vetri della maggior parte
delle case circostanti la basilica si ruppero, ma quello che proteggeva
l'Immagine non fu nemmeno incrinato; l'Immagine rimase intatta.
Dom Antoine Marie OSB
Abbazia
Saint-Joseph de Clairval
21150 Flavigny-sur-Ozerain
France