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Perché la stampa inglese attacca l'Italia
Aggiornamento: il Guardian attacca la presidenza italiana del G8
8 luglio 2009 (MoviSol)
- A poche ore dall'inizio del G8 dell'Aquila, il quotidiano londinese il Guardian sferra un attacco durissimo contro il Governo italiano, accusando l'esecutivo italiano di aver fallito miseramente nella preparazione del vertice. Addirittura prospetta l'esclusione dell'Italia dal G8: "Ci sono pressioni crescenti da altri stati membri [del G8, NdR] per fare espellere l'Italia, secondo fonti altolocate".
L'articolo del Guardian fa parte di una campagna mediatica britannica che va avanti da settimane, il cui vero scopo è quello di destabilizzare l'Italia, paese dove il movimento di Lyndon LaRouche ha un'influenza crescente a livello politico, e dove il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti si è opposto agli schemi di salvataggio britannici per tentare di tenere in piedi il sistema finanziario internazionale in bancarotta.
Il quotidiano britannico afferma che l'Italia non ha sviluppato "alcuna iniziativa sostanziale" e quindi "gli Stati Uniti hanno preso in mano la situazione. Washington ha organizzato le telefonate degli sherpa… tentando di dare uno scopo al vertice". Cita "funzionari altolocati" che accusano l'Italia di aver organizzato male l'incontro e di non fare il suo dovere come membro del G8, prendendo come pretesto la mancanza di cooperazione con le iniziative "umanitarie" per l'Africa di personaggi come Tony Blair e Bob Geldof, e riferendosi anche agli scandali intorno al Presidente del Consiglio Berlusconi.
Ma il vero motivo dietro la campagna di stampa viene svelato poco dopo. Si dice che la bozza del comunicato "è praticamente vuota" e che l'Italia ha cercato di coprire le sue debolezze aumentando il numero degli invitati. Non si è voluto raggiungere l'accordo prima del vertice? Orrore! C'è il rischio che non si avalli automaticamente la linea pro-City di Londra, anti-Rooseveltiana, che viene ripetuta incessantemente nelle maggiori capitali in questi mesi. Berlusconi si è impegnato a proporre le riforme sviluppate da Giulio Tremonti in merito alla riorganizzazione del sistema finanziario internazionale, ma è chiaro che il Guardian e i suoi mandanti vogliono evitare qualsiasi discussione su questo punto.
Perché la stampa inglese attacca l'Italia...
E' in atto un'operazione coperta contro il Governo italiano. Si tratta della ripetizione di quell'operazione che già scoppiò intorno a Clinton a fine anni '90. Oggi come allora, è il "fattore LaRouche" a rendere necessarie operazioni multilivello che passano dai media ai tribunali ai servizi segreti deviati, di modo da screditare, delegittimare, privare di autorevolezza ogni volontà politica riformatrice dell'attuale ordine finanziario internazionale alla luce di un principio di giustizia che riporti le Nazioni verso un'epoca di sviluppo e di pace. Infatti il ministro Tremonti, che è allo stato attuale una delle personalità più ascoltate in Europa, sostiene la Nuova Bretton Woods, il progetto per un nuovo sistema finanziario internazionale che Lyndon LaRouche propose nel febbraio del 1997 e che Bill Clinton e il Segretario al Tesoro Robert Rubin presero in considerazione qualche mese più tardi. Ecco che mentre Bill Clinton vide inibita ogni sua capacità politica con lo scandalo Lewinsky, l'Italia rischia di subire oggi il medesimo destino, in un 2009 durante il quale ricoprirà il ruolo di presidente del G8.
Un cittadino dotato di un minimo senso critico dovrebbe chiedersi del perché della recente pioggia di scandali e critiche espresse al Governo italiano proprio in questo momento. La risposta più immediata potrebbe essere quella della importante fase pre-elettorale appena conclusasi in Italia. Ma in realtà vi è molto di più. Vi è molto di più perché al "caso Berlusconi" hanno partecipato in primo luogo i media internazionali. Da Repubblica, a El Pais, alla Bbc, alla Cnn, si tratta di una rete mediatica legata ai circoli bancari londinesi, ed a personaggi a questi legatissimi come Carlo De Benedetti, George Soros, Ted Turner. Anche i "moralizzatori", quelli che ce l'hanno con la politica, come Di Pietro e Grillo per esempio, sono complici di questi circoli. Non è un caso per esempio che Grillo durante uno spettacolo dell'inverno del 2003, definì il megaspeculatore George Soros ed il magnate dei media Ted Turner, come modelli di capitalismo etico. Tanto sono "etici" che entrambi aderiscono alle tesi neomaltusiane (per la riduzione della popolazione mondiale) [1].
La cittadinanza dovrebbe dunque quanto meno prendere le distanze da una operazione che è un palese tentativo di condizionare la sovranità politica italiana da parte di forze private nazionali ed estere.
In Italia gli scandali intorno al Presidente Berlusconi hanno rappresentato l'ancora di salvataggio a cui è ricorso il potentato finanziario dietro al Gruppo L'Espresso per impedire la disintegrazione della creatura politica che sponsorizzano, il Partito Democratico. Dunque, il dato politico principale della faccenda è che il PD si trova ad un livello di pochezza ideale da farsi dettare l'agenda politica dal gossip de La Repubblica piuttosto che fare politica intorno a questioni fondanti. Tuttavia tra queste questioni fondanti vi è la riforma del sistema finanziario internazionale che il Governo italiano non riesce a portare avanti a livello di G8 o G20 – ma allora qui si dovrebbe rivolgere un duro atto di accusa verso Gordon Brown! – ; la questione del flusso creditizio che non arriva dalle banche – ed allora qui si dovrebbe dar ragione a Tremonti quando propone i Tremonti Bond e decide di istituire il controllo prefettizio sulle banche, invece che invocare il "trascendentale" principio dell'indipendenza delle banche! – ; la questione Alitalia, che era opportuno tenere in mano pubblica e rifinanziare – ma allora qui invece che rivolgere un j'accuse al Governo lo si dovrebbe rivolgere alla legislazione europea! – . Queste vicende mostrano le lacune del patrimonio ideale dell'attuale PD e del ventennale conformarsi della sua dirigenza all'ideologia liberista e alla globalizzazione finanziaria. Si tratta di un vero e proprio tradimento di quello che dovrebbe essere il patrimonio genetico del Partito Democratico, così come si espresse durante l'era di Franklin Delano Roosevelt, in quanto esperienza decisiva dal punto di vista storico, sia sul fronte economico che sul fronte delle relazioni internazionali.
La presidenza del G8 all'Italia
Così La Repubblica si è avvantaggiata delle operazioni sporche di personaggi su cui la magistratura dovrebbe aprire un'inchiesta per verificare se appartenenti o comunque vicini ai servizi segreti deviati – mentre il PD si è avvantaggiato dell'inchiesta di Repubblica. A livello elettorale tutto ciò è costato in termini di voti quasi dieci punti percentuali al PdL, ma ha fatto riguadagnare al PD ben pochi punti percentuali rispetto ai minimi di consenso a cui veniva dato.
Ma a queste vicende è stata data un'eco internazionale, mentre appunto l'Italia per questo 2009 riveste il ruolo di presidente in seno agli incontri del G8. Se l'Italia non avesse rivestito questo ruolo, la grande eco internazionale data al sexygate di Berlusconi non ci sarebbe stata. Ma invece Berlusconi, pur con i suoi chiari limiti, evidenziati dalle ripetute dichiarazioni sul fatto che la crisi sarebbe solo "psicologica", ha scelto come superministro dell'Economia un personaggio un po' eccentrico come Tremonti, che nonostante sia un uomo fedele alla politica del premier, gode trasversalmente della simpatia e del rispetto di gran parte dei politici e dei cittadini italiani. E per l'oligarchia finanziaria la pericolosità del Governo Berlusconi risiede in particolare nel Giulio Tremonti che parla di valori e di morale, che parla di legge e politica sovraordinata ai desiderata dei banchieri, che partecipa ad incontri pubblici con Lyndon LaRouche, che non perde occasione per ricordare che il problema di fondo dell'attuale fase storica non sono le liberalizzazioni o la riforma delle pensioni – tutta roba che bastona lavoratori e pensionati per dare nuovi aiuti agli speculatori – quanto il magnetismo esercitato dai prodotti speculativi sulle banche e la parallela allergia che hanno verso l'economia reale. Secondo Tremonti l'attuale "stabilizzazione" del sistema finanziario decantata dai cosiddetti esperti in realtà significa soltanto porre le basi per una nuova crisi. Se non si neutralizza il meccanismo dei derivati e altri titoli altamente speculativi non si potrà effettuare un cambiamento vero.
Le cose che LaRouche sostiene, con la crisi finanziaria ed economica in corso fanno sempre più breccia anche tra chi finora credeva di poter fare politica accettando che la questione della sovranità creditizia e monetaria potesse essere lasciata alle autorità finanziarie ed ai banchieri. Se queste divengono oggetto di discussione tra più leader nazionali, l'oligarchia finanziaria rischia di ritrovarsi in serie difficoltà. E allora, anche per rifarsi all'articolo di Lodovico Festa comparso su Il Foglio del 30 giugno che centra piuttosto bene il punctum dolens di tutta la questione, il problema non è tanto ciò che ha fatto o detto sinora Tremonti, quanto il processo che egli potrebbe mettere in moto. [2]
Il dato comune dell'attacco scandalistico di oggi con quello che riguardò Bill Clinton nel 1998, è che oggi come allora sul tavolo di discussione di chi ricopre un ruolo che potrebbe essere cruciale per la storia, vi è la proposta di Nuova Bretton Woods di LaRouche. LaRouche di fatto è vittima di ostracismo, diffamazioni e menzogne da circa quarant'anni, ma la capacità del suo movimento politico di far arrivare le sue idee ai piani alti della politica mondiale è assai efficace. Di fatto i sexygate hanno la capacità di delegittimare agli occhi altrui, e di inibire la capacità propositiva di chi è fautore di proposte concettualmente complesse, che rompono con gli schemi a cui si è abituati.
Sia chiaro che qui non si prendono le difese di Berlusconi e tanto meno si intende addentrarsi negli scandali, ma si interviene sul fatto che essi vengano artatamente strumentalizzati per condizionare la sovranità nazionale italiana.
Claudio Giudici
Movimento Internazionale per i diritti civili - Solidarietà
Note:
[1] - Il 5 maggio alcuni tra i più ricchi personaggi del mondo si sono riuniti segretamente a New York. Tre settimane dopo, la notizia è finita sul Sunday Times, in un articolo di John Harlow intitolato "Club di miliardari si adopera per ridurre la popolazione", che ha anche rivelato l'ordine del giorno. La riunione sembra essere stata convocata su iniziativa di Bill Gates, l'uomo più ricco del mondo secondo Forbes e fondatore di Microsoft, dal numero due sulla lista di Forbes Warren Buffett (il quale ha versato 31 miliardi di dollari alla Fondazione Bill e Melinda Gates) e da David Rockefeller, [...]. Oltre a questi tre personaggi, alla riunione segreta erano presenti il sindaco di New York Michael Bloomberg, il famoso speculatore George Soros, il cofondatore del Blackstone Group Peter G. Peterson (tra i promotori dei tagli alla sanità pubblica), l'ex manager di hedge fund Julian H. Robertson Jr., l'ex presidente della Cisco Systems John Morgridge con la consorte Tashia, David Rockefeller Jr. e i magnate della comunicazione Ted Turner e Oprah Winfrey. "Inizialmente, i partecipanti si sono rifiutati di rivelare dettagli sulla riunione, durata cinque ore, citando un accordo per proteggerne il carattere confidenziale", ha riferito il Times. Apparentemente si è cominciato con un intervento di quindici minuti in cui ciascuno ha perorato la propria "causa" particolare. Poi a cena, secondo John Harlow, "prendendo spunto da Gates, hanno tutti concordato che la sovrappopolazione" fosse la "causa-ombrello" che abbraccia ogni altra preoccupazione. La seduta è stata talmente "discreta" che alcuni collaboratori dei miliardari credevano che il loro boss partecipasse a un "briefing sulla sicurezza". Un partecipante ha affermato che c'è stato consenso sull'appoggiare una strategia "per combattere la crescita demografica in quanto minaccia ambientale, sociale e industriale potenzialmente disastrosa". I governi sono stati giudicati incapaci di scongiurare il disastro incombente. Secondo ABC News, "La riunione ha ricordato quelle che si tenevano nello studio di J.P. Morgan, in cui si ritrovavano i più importanti finanzieri americani per discutere come i cittadini privati potessero fermare il panico economico". (Fonte EIR – Strategic Alert edizione italiana, n. 23, 4 giugno 2009).
[2] - Il Financial Times del 9 aprile 2008, in un articolo di Tony Barber, che nello Strategic Alert n. 16 del 17 aprile 2008 segnalammo, in merito a Tremonti (in quel momento solo papabile ministro dell'Economia) sosteneva: "Quindi consideriamolo come un uovo di serpente che, schiuso, diverrebbe, secondo la sua natura nocivo, e uccidiamolo nel guscio".
venerdì 10 luglio 2009
giovedì 18 giugno 2009
PAPA PIO XII AIUTO' TUTTI GLI EBREI CHE POTE'.
Un Rabbino americano chiede la canonizzazione di Pio XII
Nella prefazione all’ultimo libro di suor Margherita Marchione
di Antonio Gaspari
ROMA, venerdì, 12 giugno 2009 (ZENIT.org).- E’ un Rabbino statunitense, fino al settembre del 2008 aveva sollevato dubbi sull’idoneità per la beatificazione di Pio XII, mentre adesso prega per il Pontefice e propone di riconoscere Papa Pacelli come santo
Nella prefazione all’ultimo libro di suor Margherita Marchione, “Papa Pio XII. Un antologia di testi nel 70° anniversario dell’incoronazione”, edito in italiano e inglese dalla Libreria Editrice Vaticana, il Rabbino americano Erich A. Silver del Temple Beth David in Cheshire, responsabile per il miglioramento delle relazioni tra Giudaismo e Chiesa Cattolica, racconta il perchè del suo cambio di opinione.
“Credevo – ha scritto Silver nella prefazione al libro della Marchione – che poteva fare di più. Volevo sapere se, infatti, fosse stato un collaboratore, un antisemita passivo, mentre milioni furono uccisi, alcuni in vista del Vaticano”.
Poi – ha raccontato il Rabbino – nel mese di settembre del 2008 venne a Roma, invitato da Gary Krupp a partecipare ad un simposio organizzato dalla Pave The Way Foundation, in cui si voleva esplorare il ruolo di Pio XII durante l’Olocausto.
In quell’occasione il Rabbino Silver conobbe suor Marchione e una cinquantina tra, Rabbini, sacerdoti, studiosi e giornalisti che avevano studiato e indagato a fondo sul tema.
Per Silver, quel simposio è stata una folgorazione: “Le prove che ho visto – ha scritto – mi hanno convinto che la sua sola motivazione (di Pio XII ndr) è stata di salvare tutti gli ebrei che poteva”.
E l’immagine negativa contro Pio XII? Secondo Silver, tutto è cominciato con la pubblicazione del libro “The Deputy” con la diffusione di bugie e l’abitudine a non indagare i fatti storici. Così molte persone sono diventate “strumento di coloro che detestano Pio XII perchè fu sempre anticomunista”.
“E’ da notare – ha rilevato Silver – che, dopo la fine della guerra, e fino alla sua morte gli ebrei lo hanno lodato continuamente riconoscendolo come salvatore”.
“Io spero – ha auspicato il Rabbino – che la canonizzazione di Papa Pio XII possa procedere speditamente, affinché non solo i cattolici, ma tutto il mondo possa conoscere il bene compiuto da quest’uomo di Dio”.
Nella parte finale della sua introduzione al libro della Marchione, Silver ha ricordato che nel 50° anniversario della morte di Pio XII, nella predica di Yom Kippur, “ho parlato del bisogno che c’è di correggere gli sbagli fatti nel passato. Dopo tutto, Eugenio Pacelli è un amico speciale di Dio – un santo. Tocca a noi riconoscere questo fatto”.
Intervistata da ZENIT suor Margherita Marchione, conosciuta come “Fighting Nun” (la suora che combatte), autrice di oltre 15 libri sulla figura di Pio XII, ha ricordato di aver conosciuto e incontrato Papa Pacelli nell’estate del 1957, quando venne in Italia per condurre una serie di ricerche sul poeta Clemente Rebora.
Per suor Margherita, Pio XII è la più grande personalità dell’epoca della Seconda Guerra Mondiale. “Questo Papa – ha detto a ZENIT – nel silenzio e nella sofferenza, senza armi e senza eserciti, riuscì a salvare tante vite umane e ad alleviare tante pene. E’ la verità storica”.
Suor Margherita ha dimostrato che Pio XII fu nemico acerrimo dei nazisti e dei comunisti.
Come ha scritto monsignor Fulton J. Sheen, “il Vaticano è stato tacciato di comunismo dai nazisti, di comunismo dai nazisti, di antifascismo dai fascisti, ma in realtà si oppone a ogni ideologia antireligiosa”.
In merito al rapporto con gli ebrei, suor Margherita può dimostrare che “Pio XII ha salvato più ebrei di qualsiasi altra persona inclusi Oskar Schindler e Raoul Wallemberg”.
“Durante la guerra – ha aggiunto – Pio XII ha fatto di più di qualsiasi altro capo di stato come il presidente americano Franklin Roosevelt oppure Winston Churchill i quali potevano servirsi di mezzi militari. L’unico capo mondiale che ha salvato migliaia di ebrei è stato Pio XII, il quale non aveva mezzi militari”.
“Per questo motivo – ha concluso la religiosa – Pio XII merita di essere riconosciuto come beato” .
Nella prefazione all’ultimo libro di suor Margherita Marchione
di Antonio Gaspari
ROMA, venerdì, 12 giugno 2009 (ZENIT.org).- E’ un Rabbino statunitense, fino al settembre del 2008 aveva sollevato dubbi sull’idoneità per la beatificazione di Pio XII, mentre adesso prega per il Pontefice e propone di riconoscere Papa Pacelli come santo
Nella prefazione all’ultimo libro di suor Margherita Marchione, “Papa Pio XII. Un antologia di testi nel 70° anniversario dell’incoronazione”, edito in italiano e inglese dalla Libreria Editrice Vaticana, il Rabbino americano Erich A. Silver del Temple Beth David in Cheshire, responsabile per il miglioramento delle relazioni tra Giudaismo e Chiesa Cattolica, racconta il perchè del suo cambio di opinione.
“Credevo – ha scritto Silver nella prefazione al libro della Marchione – che poteva fare di più. Volevo sapere se, infatti, fosse stato un collaboratore, un antisemita passivo, mentre milioni furono uccisi, alcuni in vista del Vaticano”.
Poi – ha raccontato il Rabbino – nel mese di settembre del 2008 venne a Roma, invitato da Gary Krupp a partecipare ad un simposio organizzato dalla Pave The Way Foundation, in cui si voleva esplorare il ruolo di Pio XII durante l’Olocausto.
In quell’occasione il Rabbino Silver conobbe suor Marchione e una cinquantina tra, Rabbini, sacerdoti, studiosi e giornalisti che avevano studiato e indagato a fondo sul tema.
Per Silver, quel simposio è stata una folgorazione: “Le prove che ho visto – ha scritto – mi hanno convinto che la sua sola motivazione (di Pio XII ndr) è stata di salvare tutti gli ebrei che poteva”.
E l’immagine negativa contro Pio XII? Secondo Silver, tutto è cominciato con la pubblicazione del libro “The Deputy” con la diffusione di bugie e l’abitudine a non indagare i fatti storici. Così molte persone sono diventate “strumento di coloro che detestano Pio XII perchè fu sempre anticomunista”.
“E’ da notare – ha rilevato Silver – che, dopo la fine della guerra, e fino alla sua morte gli ebrei lo hanno lodato continuamente riconoscendolo come salvatore”.
“Io spero – ha auspicato il Rabbino – che la canonizzazione di Papa Pio XII possa procedere speditamente, affinché non solo i cattolici, ma tutto il mondo possa conoscere il bene compiuto da quest’uomo di Dio”.
Nella parte finale della sua introduzione al libro della Marchione, Silver ha ricordato che nel 50° anniversario della morte di Pio XII, nella predica di Yom Kippur, “ho parlato del bisogno che c’è di correggere gli sbagli fatti nel passato. Dopo tutto, Eugenio Pacelli è un amico speciale di Dio – un santo. Tocca a noi riconoscere questo fatto”.
Intervistata da ZENIT suor Margherita Marchione, conosciuta come “Fighting Nun” (la suora che combatte), autrice di oltre 15 libri sulla figura di Pio XII, ha ricordato di aver conosciuto e incontrato Papa Pacelli nell’estate del 1957, quando venne in Italia per condurre una serie di ricerche sul poeta Clemente Rebora.
Per suor Margherita, Pio XII è la più grande personalità dell’epoca della Seconda Guerra Mondiale. “Questo Papa – ha detto a ZENIT – nel silenzio e nella sofferenza, senza armi e senza eserciti, riuscì a salvare tante vite umane e ad alleviare tante pene. E’ la verità storica”.
Suor Margherita ha dimostrato che Pio XII fu nemico acerrimo dei nazisti e dei comunisti.
Come ha scritto monsignor Fulton J. Sheen, “il Vaticano è stato tacciato di comunismo dai nazisti, di comunismo dai nazisti, di antifascismo dai fascisti, ma in realtà si oppone a ogni ideologia antireligiosa”.
In merito al rapporto con gli ebrei, suor Margherita può dimostrare che “Pio XII ha salvato più ebrei di qualsiasi altra persona inclusi Oskar Schindler e Raoul Wallemberg”.
“Durante la guerra – ha aggiunto – Pio XII ha fatto di più di qualsiasi altro capo di stato come il presidente americano Franklin Roosevelt oppure Winston Churchill i quali potevano servirsi di mezzi militari. L’unico capo mondiale che ha salvato migliaia di ebrei è stato Pio XII, il quale non aveva mezzi militari”.
“Per questo motivo – ha concluso la religiosa – Pio XII merita di essere riconosciuto come beato” .
domenica 14 giugno 2009
ESTERNAZIONI DI COSSIGA.IL PROGETTO EVERSIVO MIRA A TREMONTI.
DA " IL GIORNALE" DEL 14 GIUGNO 2009
«Sì, puntano a far fuori Silvio. È Draghi il loro candidato» di Roberto Scafuri
Roma. Presidente emerito Francesco Cossiga, un «progetto eversivo» vuole sostituire Berlusconi con un «non eletto dal popolo». Sospetti?
«Certezze».
Un Dini del 2009.
«Un governatore della banca d’Italia».
Mario Draghi?
«Chi altri? Il cavallo su cui ha sempre puntato Pierfurby Casini, nel caso di parità elettorale... Ma Silvio ancora una volta ha ribaltato pronostici e avversari».
Già, il Pdl ha retto. Anzi, con le amministrative la vittoria è stata più che netta.
«Aspettiamo i ballottaggi per avere il quadro completo».
Ma altri nomi di «non eletti» spendibili per un progetto del genere ci sono, secondo lei?
«Non ne vedo altri, e mi pare che i rapporti tra il ministro del Tesoro e il Governatore siano tornati sufficientemente tempestosi... Nel passato in lizza c’è stato Mario Monti, ma non mi sembrano i tempi».
Affidare l’Italia a «non eletto», dopo aver distrutto psicologicamente e mediaticamente l’«eletto». Il trauma già vissuto da Berlusconi nel ’94.
«Sì, fu un grosso trauma quando Bossi abbandonò la coalizione e, soprattutto, Scalfaro si rimangiò la promessa delle elezioni...».
Talmente scottato che gli è rimasta la sindrome?
«Possibile».
Esagerato parlare di complotto?
«Ma no... Gridare al lupo al lupo ogni tanto è una tattica di salvaguardia legittima. La difesa non è mai troppa».
Ma chi sono i mandanti dell’attacco? Anche lei pensa a Murdoch?
«Penso che Murdoch c’entri, eccome...».
Soltanto per vendicarsi dell’Iva al 20 per cento, come chiedeva l’Europa? Il movente sembra un po’ debole.
«Murdoch è ancora incavolato come una belva, ma non per l’Iva, che deve aver digerito... Anche se fu virulenta, la campagna lanciata contro il governo».
Sembrava essere diventato il vate della sinistra, il difensore dei deboli...
«Certo! Ma oggi lui ha il dente avvelenato per la questione del digitale terrestre, che moltiplica il numero di canali, e soprattutto perché Rai e Mediaset si vogliono sfilare dalla piattaforma Sky e metterne su una propria, gratuita... Questioni serie, una montagna di denaro».
Quindi non è sbagliato il parallelo con i poteri forti del ’94...
«No, anche se ora non ci sono più in gioco gli Agnelli... E poi De Benedetti c’è sempre».
Un nemico che sembrava però essere diventato più amico...
«Anche lui è molto arrabbiato con il governo, e per di più con il figlio che ha separato le attività finanziarie da quelle editoriali, e con Repubblica ed Espresso che non vanno proprio a gonfie vele...».
E il governo che c’entra?
«Hanno fatto le fusioni bancarie, e lui è rimasto fuori. Hanno sistemato, se così si può dire, la questione Telecom, e lui fuori. Hanno fatto la Cai-Alitalia, e lui...».
Fuori.
«Poi gli è andata male pure l’operazione con la società immobiliare...».
Insomma, sono passati davanti tanti piattini prelibati...
«E lui dice: “ma a me non spetta niente”?».
E per questo ispirerebbe la ruvidezza di «Repubblica», che risulta così indigesta al premier?
«In quel caso c’entra anche un altro fattore: non la cattiveria, direi, ma la durezza di cervice di Eziuccio Mauro. E di D’Avanzo, con le sue ricostruzioni di gossip così lunghe ma anche tanto povere di fatti».
A Berlusconi non può essere imputato nulla?
«Gli avevo consigliato di non parlare di queste vicende... Lui invece è andato a Porta a Porta».
Non si può dire che la controffensiva mediatica non abbia avuto un certo successo. Tornando ai poteri forti, può darsi che il Vaticano non abbia gradito tutto questo clamore attorno a fatti così privati e delicati?
«Ai vertici non prevale un atteggiamento moralistico, anche se riconoscono che tali vicende abbiano creato danno nella fascia degli elettori cattolici, specie delle regioni meridionali. La crescita dell’astensionismo l’ha dimostrato...».
Pensa che tra i beneficiari del «progetto eversivo» ci potesse essere anche il presidente della Camera?
«Assolutamente no. Lui cerca di farsi una sua piattaforma personale... Ha visto che scatto d’orgoglio dei vecchi tempi, con l’affare Gheddafi?».
Forse sarebbe stato meglio evitare del tutto.
«Nella prassi parlamentare i presidenti parlano e straparlano, ma devono evitare di entrare nella sfera diplomatica. Meglio non ricevere personalità di rango così più elevato dal proprio... Anch’io ricevetti in Parlamento il principe di Galles, ma in quanto primo dei lords, che equivale a essere, per così dire, il primo dei senatori del Regno Unito».
Prima, con Gheddafi, c’era stato l’incidente del discorso in Senato...
«Un altro piccolo pasticcio, salvato in corner».
Ma in sala Zuccari Gheddafi l’ha vista e abbracciata con affetto.
«In italiano m’ha detto: “Mio caro amico Cossiga...”. Quando c’era ancora l’embargo, sono stato il primo a essere ricevuto nella tenda del deserto, e lì ho capito che comprende l’italiano...».
E da cosa l’ha capito?
«Ho raccontato una barzelletta, e ha riso ancora prima che il traduttore gliela traducesse...».
Però... ha visto che amazzoni si porta dietro il Rais?
«Lasci stare, più belle le veline».
«Sì, puntano a far fuori Silvio. È Draghi il loro candidato» di Roberto Scafuri
Roma. Presidente emerito Francesco Cossiga, un «progetto eversivo» vuole sostituire Berlusconi con un «non eletto dal popolo». Sospetti?
«Certezze».
Un Dini del 2009.
«Un governatore della banca d’Italia».
Mario Draghi?
«Chi altri? Il cavallo su cui ha sempre puntato Pierfurby Casini, nel caso di parità elettorale... Ma Silvio ancora una volta ha ribaltato pronostici e avversari».
Già, il Pdl ha retto. Anzi, con le amministrative la vittoria è stata più che netta.
«Aspettiamo i ballottaggi per avere il quadro completo».
Ma altri nomi di «non eletti» spendibili per un progetto del genere ci sono, secondo lei?
«Non ne vedo altri, e mi pare che i rapporti tra il ministro del Tesoro e il Governatore siano tornati sufficientemente tempestosi... Nel passato in lizza c’è stato Mario Monti, ma non mi sembrano i tempi».
Affidare l’Italia a «non eletto», dopo aver distrutto psicologicamente e mediaticamente l’«eletto». Il trauma già vissuto da Berlusconi nel ’94.
«Sì, fu un grosso trauma quando Bossi abbandonò la coalizione e, soprattutto, Scalfaro si rimangiò la promessa delle elezioni...».
Talmente scottato che gli è rimasta la sindrome?
«Possibile».
Esagerato parlare di complotto?
«Ma no... Gridare al lupo al lupo ogni tanto è una tattica di salvaguardia legittima. La difesa non è mai troppa».
Ma chi sono i mandanti dell’attacco? Anche lei pensa a Murdoch?
«Penso che Murdoch c’entri, eccome...».
Soltanto per vendicarsi dell’Iva al 20 per cento, come chiedeva l’Europa? Il movente sembra un po’ debole.
«Murdoch è ancora incavolato come una belva, ma non per l’Iva, che deve aver digerito... Anche se fu virulenta, la campagna lanciata contro il governo».
Sembrava essere diventato il vate della sinistra, il difensore dei deboli...
«Certo! Ma oggi lui ha il dente avvelenato per la questione del digitale terrestre, che moltiplica il numero di canali, e soprattutto perché Rai e Mediaset si vogliono sfilare dalla piattaforma Sky e metterne su una propria, gratuita... Questioni serie, una montagna di denaro».
Quindi non è sbagliato il parallelo con i poteri forti del ’94...
«No, anche se ora non ci sono più in gioco gli Agnelli... E poi De Benedetti c’è sempre».
Un nemico che sembrava però essere diventato più amico...
«Anche lui è molto arrabbiato con il governo, e per di più con il figlio che ha separato le attività finanziarie da quelle editoriali, e con Repubblica ed Espresso che non vanno proprio a gonfie vele...».
E il governo che c’entra?
«Hanno fatto le fusioni bancarie, e lui è rimasto fuori. Hanno sistemato, se così si può dire, la questione Telecom, e lui fuori. Hanno fatto la Cai-Alitalia, e lui...».
Fuori.
«Poi gli è andata male pure l’operazione con la società immobiliare...».
Insomma, sono passati davanti tanti piattini prelibati...
«E lui dice: “ma a me non spetta niente”?».
E per questo ispirerebbe la ruvidezza di «Repubblica», che risulta così indigesta al premier?
«In quel caso c’entra anche un altro fattore: non la cattiveria, direi, ma la durezza di cervice di Eziuccio Mauro. E di D’Avanzo, con le sue ricostruzioni di gossip così lunghe ma anche tanto povere di fatti».
A Berlusconi non può essere imputato nulla?
«Gli avevo consigliato di non parlare di queste vicende... Lui invece è andato a Porta a Porta».
Non si può dire che la controffensiva mediatica non abbia avuto un certo successo. Tornando ai poteri forti, può darsi che il Vaticano non abbia gradito tutto questo clamore attorno a fatti così privati e delicati?
«Ai vertici non prevale un atteggiamento moralistico, anche se riconoscono che tali vicende abbiano creato danno nella fascia degli elettori cattolici, specie delle regioni meridionali. La crescita dell’astensionismo l’ha dimostrato...».
Pensa che tra i beneficiari del «progetto eversivo» ci potesse essere anche il presidente della Camera?
«Assolutamente no. Lui cerca di farsi una sua piattaforma personale... Ha visto che scatto d’orgoglio dei vecchi tempi, con l’affare Gheddafi?».
Forse sarebbe stato meglio evitare del tutto.
«Nella prassi parlamentare i presidenti parlano e straparlano, ma devono evitare di entrare nella sfera diplomatica. Meglio non ricevere personalità di rango così più elevato dal proprio... Anch’io ricevetti in Parlamento il principe di Galles, ma in quanto primo dei lords, che equivale a essere, per così dire, il primo dei senatori del Regno Unito».
Prima, con Gheddafi, c’era stato l’incidente del discorso in Senato...
«Un altro piccolo pasticcio, salvato in corner».
Ma in sala Zuccari Gheddafi l’ha vista e abbracciata con affetto.
«In italiano m’ha detto: “Mio caro amico Cossiga...”. Quando c’era ancora l’embargo, sono stato il primo a essere ricevuto nella tenda del deserto, e lì ho capito che comprende l’italiano...».
E da cosa l’ha capito?
«Ho raccontato una barzelletta, e ha riso ancora prima che il traduttore gliela traducesse...».
Però... ha visto che amazzoni si porta dietro il Rais?
«Lasci stare, più belle le veline».
venerdì 12 giugno 2009
CASORIA-GATE ovvero IL DUELLO MURDOCH-BERLUSCONI
IL DUELLO MURDOCH-BERLUSCONI VISTO DA Conrad Black, EX magnate dei media, Dal 2007 IN GALERA - "Come Napoleone, non ha alcuna politica se non la guerra e con lui nessuna OPERAZIONE amichevole è niente di più di una tregua prima di un nuovo assalto"...
DA "IL FOGLIO"
Pubblichiamo un articolo apparso su "The Daily Beast" scritto da Conrad Black, storico canadese e giornalista, membro della Camera Lord britannica. È stato il terzo maggior magnate dei media al mondo. Dal 2007 è detenuto nel carcere federale di Coleman, in Florida, numero di matricola 18330424.
La disputa in corso tra il premier italiano e imprenditore dei media Silvio Berlusconi e il presidente di News Corp. Rupert Murdoch è una nuova temeraria frontiera per l'insaziabile espansionista Murdoch. Quando mostrarono al generale De Gaulle le macerie di Stalingrado durante una visita in Urss nel 1944, lui scandalizzò i suoi ospiti russi dicendo: "Che gran popolo! - riferendosi ai tedeschi - Ad aver raggiunto il Volga".
Non è chiaro chi vincerà questa battaglia tra giganti dei media, ma è un riconoscimento
all'invasore il fatto stesso che stia accadendo. Berlusconi non avrebbe potuto mettere in piedi un'offensiva simile contro Murdoch in Australia. Nonostante una personalità abbastanza affabile, Murdoch è un uomo d'affari aggressivo-compulsivo.
Come Napoleone, non ha alcuna politica se non la guerra e con lui nessuna separazione apparentemente amichevole da un mercato o da una impresa è niente di più di una tregua prima di un nuovo assalto. Ha fatto accordi infiniti con uomini d'affari e politici, ma a eccezione di Ronald Reagan, e forse di Tony Blair, li ha abbandonati tutti - Margaret Thatcher, John Major, Jimmy Carter, i Clinton e una lunga serie di australiani.
Non serve dire che Silvio Berlusconi non è un leader politico comune. Ha riscosso il successo elettorale più grande di chiunque altro nella storia italiana. Mussolini non fece vere elezioni e i leader di lungo corso della Dc Alcide De Gasperi e Giulio Andreotti guidavano coalizioni fragili e furono parecchio aiutati e guidati dai pontefici di allora, come quando Pio XII scomunicò preventivamente tutti gli elettori comunisti italiani appena prima delle elezioni del 1949.
In questi eventi alcuni schemi comportamentali suonano familiari. Berlusconi fu al fianco di Murdoch mentre metteva insieme un monopolio virtuale della televisione a pagamento in Italia, mentre la sua società, Mediaset, era leader di mercato nella programmazione
generalista, davanti al gruppo statale, la Rai. Murdoch rese Sky Italia un successo, che ora fa profitti annuali da 3,2 miliardi di dollari, contro i 4 miliardi di Mediaset e i 2,9 miliardi della Rai.
La relazione fra i due cominciò ad andare a monte con le reciproche incursioni fra i principali protagonisti delle rispettive emittenti. Da quando è suonato il campanello d'allarme, ha iniziato a pesare - sempre di più ogni settimana che passa - il fatto che Berlusconi controlla il governo, il Parlamento e, di fatto, la Rai, che l'Italia non sia un ambiente politico puritano e che la sua opinione pubblica non vada in particolare subbuglio
per questioni di etica finanziaria e sessuale che rovescerebbero i governi britannici o persino australiani e porterebbero a una procedura di impeachment negli Stati
Uniti.
Berlusconi ha raddoppiato la tassa sulle pay tv - ovvero sull'azienda di Murdoch - dal 10 al 20 per cento, un pesante colpo basso per la maggior parte degli standard anglosassoni. Sta anche sfilando Mediaset e Rai dai canali di Murdoch. Questo è giocare pesante, ma è lo stile preferito anche da Murdoch, che sapeva bene di trovarsi nel paese di Machiavelli e dei Borgia, non alle Bermuda, in Svizzera o in Danimarca.
Come è sua abitudine, Murdoch ha risposto con editoriali bigotti sul Times londinese e altrove, di fatto accusando Berlusconi di essere un corrotto aspirante dittatore e un libertino depravato sessualmente alla ricerca costante di minorenni. Questo ha fatto gioco con l'annuncio della signora Berlusconi della richiesta di divorzio dal marito,
che "frequenta le ragazzine". Questa coppia ha avuto per diversi anni una divertente serie di dispute pubbliche con accuse, minacce, scuse pubbliche da parte di lui e lacrimose riconciliazioni.
Giornali cerimoniosi e perbenisti come l'Economist si sono lamentati a lungo del comportamento ridicolo di Berlusconi, ma gli italiani in generale lo hanno ritenuto un efficace capo di governo e un personaggio accattivante. E' molto ricco, flamboyant, ha riempito il suo governo di signore attraenti e non sempre qualificate, e intrattiene i suoi concittadini che nel complesso, e per ovvie ragioni storiche, considerano la politica
un'attività assurda.
Berlusconi rivela ammirabili qualità umane in caso di crisi, come quando ha tenuto un consiglio dei ministri a Napoli durante lo sciopero della spazzatura un anno fa, e quando ha personalmente supervisionato la distribuzione degli aiuti alla popolazione colpita dal recente terremoto. L'unica elezione che ha perso in dieci anni l'ha persa di pochissimo, quando il suo avversario, un socialista essiccato come Romano Prodi, lo lasciò di sasso
sostenendo che le uniche iniziative prese da Berlusconi erano state "un trapianto di capelli e un naso rifatto".
E' gioco facile per il Times di Murdoch - quotidiano che non ha alcuna influenza in Italia e che Murdoch ha trasformato da una delle testate più importanti del mondo a un altro tabloid del gruppo News Corp. - accusare Berlusconi di "disprezzo verso il popolo italiano". Murdoch può tranquillamente lasciare che siano gli italiani che hanno eletto Berlusconi a deciderlo.
Nipote di un pastore presbiteriano scozzese, Murdoch ama dipingersi come una specie di moralista. Ma avendo degradato gli standard pubblici di informazione e intrattenimento più di ogni altro nella storia dei media in lingua inglese, e non essendo esattamente un testimonial di fedeltà coniugale, questo atteggiamento da moralista si posiziona fra i più bizzarri dei suoi tanti tentativi di finzione.
Berlusconi ha giurato che non ci fosse nulla di "piccante" nella sua relazione con l'ex diciassettenne, e la ragazza e la madre confermano. Nel momento in cui non emerge nulla che implichi coercizione, gli italiani con tutta probabilità non si faranno toccare dalla questione.
Il sostegno a Murdoch da parte dei giornali della famiglia Agnelli - il Corriere della Sera e La Stampa - indica che ha fatto qualche attenta attività di "coalition-building" - Murdoch è stato un abile giudice di uomini politici per molti anni, saltando al momento giusto e, con qualche lieve plausibilità, raccogliendo il merito di essere uno che fa e disfa governi.
Ma pure se gli italiani dovessero stancarsi delle buffonerie da circo di Berlusconi, non si scalderanno certo per un intruso australiano, cinico e grigio. Rupert Murdoch è un grande uomo d'affari, ma non potrà mai emergere in un atto di una commedia da nightclub, soprattutto in Italia, dove la politica è spesso misurata sulla base di questo
standard.
Murdoch potrebbe anzi rivelarsi un calcio provvidenziale per la demagogia pseudopopulista e vagamente xenofoba di Berlusconi. Questa volta non è probabile che Murdoch riesca a far sloggiare un premier forte e intelligente, nonostante il logoro travestimento di Berlusconi in un buffone iperattivo. Ma nel peggiore dei casi, Murdoch subirà una modesta erosione di profitti in Italia e una ramanzina in una lingua che non capisce. La cosa non gli farà certo male, ma nemmeno bene.
Dagospia [12-06-2009]
DA "IL FOGLIO"
Pubblichiamo un articolo apparso su "The Daily Beast" scritto da Conrad Black, storico canadese e giornalista, membro della Camera Lord britannica. È stato il terzo maggior magnate dei media al mondo. Dal 2007 è detenuto nel carcere federale di Coleman, in Florida, numero di matricola 18330424.
La disputa in corso tra il premier italiano e imprenditore dei media Silvio Berlusconi e il presidente di News Corp. Rupert Murdoch è una nuova temeraria frontiera per l'insaziabile espansionista Murdoch. Quando mostrarono al generale De Gaulle le macerie di Stalingrado durante una visita in Urss nel 1944, lui scandalizzò i suoi ospiti russi dicendo: "Che gran popolo! - riferendosi ai tedeschi - Ad aver raggiunto il Volga".
Non è chiaro chi vincerà questa battaglia tra giganti dei media, ma è un riconoscimento
all'invasore il fatto stesso che stia accadendo. Berlusconi non avrebbe potuto mettere in piedi un'offensiva simile contro Murdoch in Australia. Nonostante una personalità abbastanza affabile, Murdoch è un uomo d'affari aggressivo-compulsivo.
Come Napoleone, non ha alcuna politica se non la guerra e con lui nessuna separazione apparentemente amichevole da un mercato o da una impresa è niente di più di una tregua prima di un nuovo assalto. Ha fatto accordi infiniti con uomini d'affari e politici, ma a eccezione di Ronald Reagan, e forse di Tony Blair, li ha abbandonati tutti - Margaret Thatcher, John Major, Jimmy Carter, i Clinton e una lunga serie di australiani.
Non serve dire che Silvio Berlusconi non è un leader politico comune. Ha riscosso il successo elettorale più grande di chiunque altro nella storia italiana. Mussolini non fece vere elezioni e i leader di lungo corso della Dc Alcide De Gasperi e Giulio Andreotti guidavano coalizioni fragili e furono parecchio aiutati e guidati dai pontefici di allora, come quando Pio XII scomunicò preventivamente tutti gli elettori comunisti italiani appena prima delle elezioni del 1949.
In questi eventi alcuni schemi comportamentali suonano familiari. Berlusconi fu al fianco di Murdoch mentre metteva insieme un monopolio virtuale della televisione a pagamento in Italia, mentre la sua società, Mediaset, era leader di mercato nella programmazione
generalista, davanti al gruppo statale, la Rai. Murdoch rese Sky Italia un successo, che ora fa profitti annuali da 3,2 miliardi di dollari, contro i 4 miliardi di Mediaset e i 2,9 miliardi della Rai.
La relazione fra i due cominciò ad andare a monte con le reciproche incursioni fra i principali protagonisti delle rispettive emittenti. Da quando è suonato il campanello d'allarme, ha iniziato a pesare - sempre di più ogni settimana che passa - il fatto che Berlusconi controlla il governo, il Parlamento e, di fatto, la Rai, che l'Italia non sia un ambiente politico puritano e che la sua opinione pubblica non vada in particolare subbuglio
per questioni di etica finanziaria e sessuale che rovescerebbero i governi britannici o persino australiani e porterebbero a una procedura di impeachment negli Stati
Uniti.
Berlusconi ha raddoppiato la tassa sulle pay tv - ovvero sull'azienda di Murdoch - dal 10 al 20 per cento, un pesante colpo basso per la maggior parte degli standard anglosassoni. Sta anche sfilando Mediaset e Rai dai canali di Murdoch. Questo è giocare pesante, ma è lo stile preferito anche da Murdoch, che sapeva bene di trovarsi nel paese di Machiavelli e dei Borgia, non alle Bermuda, in Svizzera o in Danimarca.
Come è sua abitudine, Murdoch ha risposto con editoriali bigotti sul Times londinese e altrove, di fatto accusando Berlusconi di essere un corrotto aspirante dittatore e un libertino depravato sessualmente alla ricerca costante di minorenni. Questo ha fatto gioco con l'annuncio della signora Berlusconi della richiesta di divorzio dal marito,
che "frequenta le ragazzine". Questa coppia ha avuto per diversi anni una divertente serie di dispute pubbliche con accuse, minacce, scuse pubbliche da parte di lui e lacrimose riconciliazioni.
Giornali cerimoniosi e perbenisti come l'Economist si sono lamentati a lungo del comportamento ridicolo di Berlusconi, ma gli italiani in generale lo hanno ritenuto un efficace capo di governo e un personaggio accattivante. E' molto ricco, flamboyant, ha riempito il suo governo di signore attraenti e non sempre qualificate, e intrattiene i suoi concittadini che nel complesso, e per ovvie ragioni storiche, considerano la politica
un'attività assurda.
Berlusconi rivela ammirabili qualità umane in caso di crisi, come quando ha tenuto un consiglio dei ministri a Napoli durante lo sciopero della spazzatura un anno fa, e quando ha personalmente supervisionato la distribuzione degli aiuti alla popolazione colpita dal recente terremoto. L'unica elezione che ha perso in dieci anni l'ha persa di pochissimo, quando il suo avversario, un socialista essiccato come Romano Prodi, lo lasciò di sasso
sostenendo che le uniche iniziative prese da Berlusconi erano state "un trapianto di capelli e un naso rifatto".
E' gioco facile per il Times di Murdoch - quotidiano che non ha alcuna influenza in Italia e che Murdoch ha trasformato da una delle testate più importanti del mondo a un altro tabloid del gruppo News Corp. - accusare Berlusconi di "disprezzo verso il popolo italiano". Murdoch può tranquillamente lasciare che siano gli italiani che hanno eletto Berlusconi a deciderlo.
Nipote di un pastore presbiteriano scozzese, Murdoch ama dipingersi come una specie di moralista. Ma avendo degradato gli standard pubblici di informazione e intrattenimento più di ogni altro nella storia dei media in lingua inglese, e non essendo esattamente un testimonial di fedeltà coniugale, questo atteggiamento da moralista si posiziona fra i più bizzarri dei suoi tanti tentativi di finzione.
Berlusconi ha giurato che non ci fosse nulla di "piccante" nella sua relazione con l'ex diciassettenne, e la ragazza e la madre confermano. Nel momento in cui non emerge nulla che implichi coercizione, gli italiani con tutta probabilità non si faranno toccare dalla questione.
Il sostegno a Murdoch da parte dei giornali della famiglia Agnelli - il Corriere della Sera e La Stampa - indica che ha fatto qualche attenta attività di "coalition-building" - Murdoch è stato un abile giudice di uomini politici per molti anni, saltando al momento giusto e, con qualche lieve plausibilità, raccogliendo il merito di essere uno che fa e disfa governi.
Ma pure se gli italiani dovessero stancarsi delle buffonerie da circo di Berlusconi, non si scalderanno certo per un intruso australiano, cinico e grigio. Rupert Murdoch è un grande uomo d'affari, ma non potrà mai emergere in un atto di una commedia da nightclub, soprattutto in Italia, dove la politica è spesso misurata sulla base di questo
standard.
Murdoch potrebbe anzi rivelarsi un calcio provvidenziale per la demagogia pseudopopulista e vagamente xenofoba di Berlusconi. Questa volta non è probabile che Murdoch riesca a far sloggiare un premier forte e intelligente, nonostante il logoro travestimento di Berlusconi in un buffone iperattivo. Ma nel peggiore dei casi, Murdoch subirà una modesta erosione di profitti in Italia e una ramanzina in una lingua che non capisce. La cosa non gli farà certo male, ma nemmeno bene.
Dagospia [12-06-2009]
giovedì 4 giugno 2009
Rivelazioni di Cossiga. Scandaletti alla Lewinsky: il vero bersaglio è Tremonti.
Riprendiamo dal sito http://www.movisol.org/08news150.htm un articolo pubblicato in data non sospetta del 16 luglio 2008:
Il sistema nazionale contro il Britannia
"L'oligarchia anglo-olandese aggrappata al sistema che sta colando a picco ha un solo modo per fermare le iniziative del ministro dell'Economia italiano che stanno guadagnando consensi nazionali e internazionali: rovesciare il governo. Per raggiungere quell'obiettivo, è stato attivato il "partito britannico", e in particolare la "fazione del Britannia", nota al pubblico italiano da quando l'EIR, nel 1993, denunciò la famosa riunione a bordo del panfilo della Regina Elisabetta al largo di Civitavecchia, il 2 giugno 1992, in cui banchieri della City, grand commis e affaristi italiani dell'economia e della politica discussero delle future privatizzazioni. La figura centrale di quel consesso fu Mario Draghi, allora direttore generale del ministero del Tesoro e, in seguito, regista delle privatizzazioni (o meglio, "Piratizzazioni") prima di passare alla Goldman Sachs e essere incoronato governatore di Bankitalia dopo la caduta di Fazio.
Membro emerito del partito britannico è l'ex Presidente Francesco Cossiga. Cossiga appartiene a un piano superiore a quello dei Britannia boys, da cui si può trattare Draghi (come Cossiga spesso fa) alla stregua di un cameriere. Recentemente, Cossiga ha rivelato che esiste un piano per far cadere Berlusconi entro quattro mesi con azioni della magistratura, condite da scandaletti alla Lewinsky, e sostituirlo con una rosa di tecnocrati tra cui spiccano i nomi di, appunto, Draghi e Mario Monti.
Le rivelazioni-minacce di Cossiga vanno collocate nel contesto più ampio in cui agisce il "partito del Britannia", che nel 1992-93 fu rappresentato dall'operazione "Mani Pulite". Antonio Di Pietro, un protagonista dell'epoca, si è oggi messo a capo del fronte radicale che è quasi riuscito a dirottare il Partito Democratico su un binario giustizialista, se non fosse per il fallimento politico della manifestazione di Piazza Navona. Dal canto suo Berlusconi, si dice consigliato dai suoi legali, ha provocato lo scontro con la famosa legge per la sospensione dei processi, poi modificata, invece di ripristinare l'immunità parlamentare esistente in quasi tutti i paesi democratici. Poi si è mosso in questa direzione con la legge per le alte cariche dello stato, ma intanto si è rivissuta l'atmosfera del 1993-95.
Ribadiamo che, ovviamente, il bersaglio del partito britannico non è Berlusconi ma Tremonti."
Una semplice domanda: ma Cossiga come faceva a prevedere nel luglio 2008 -con inquietante accuratezza- quello che sarebbe successo circa otto mesi dopo?
Il sistema nazionale contro il Britannia
"L'oligarchia anglo-olandese aggrappata al sistema che sta colando a picco ha un solo modo per fermare le iniziative del ministro dell'Economia italiano che stanno guadagnando consensi nazionali e internazionali: rovesciare il governo. Per raggiungere quell'obiettivo, è stato attivato il "partito britannico", e in particolare la "fazione del Britannia", nota al pubblico italiano da quando l'EIR, nel 1993, denunciò la famosa riunione a bordo del panfilo della Regina Elisabetta al largo di Civitavecchia, il 2 giugno 1992, in cui banchieri della City, grand commis e affaristi italiani dell'economia e della politica discussero delle future privatizzazioni. La figura centrale di quel consesso fu Mario Draghi, allora direttore generale del ministero del Tesoro e, in seguito, regista delle privatizzazioni (o meglio, "Piratizzazioni") prima di passare alla Goldman Sachs e essere incoronato governatore di Bankitalia dopo la caduta di Fazio.
Membro emerito del partito britannico è l'ex Presidente Francesco Cossiga. Cossiga appartiene a un piano superiore a quello dei Britannia boys, da cui si può trattare Draghi (come Cossiga spesso fa) alla stregua di un cameriere. Recentemente, Cossiga ha rivelato che esiste un piano per far cadere Berlusconi entro quattro mesi con azioni della magistratura, condite da scandaletti alla Lewinsky, e sostituirlo con una rosa di tecnocrati tra cui spiccano i nomi di, appunto, Draghi e Mario Monti.
Le rivelazioni-minacce di Cossiga vanno collocate nel contesto più ampio in cui agisce il "partito del Britannia", che nel 1992-93 fu rappresentato dall'operazione "Mani Pulite". Antonio Di Pietro, un protagonista dell'epoca, si è oggi messo a capo del fronte radicale che è quasi riuscito a dirottare il Partito Democratico su un binario giustizialista, se non fosse per il fallimento politico della manifestazione di Piazza Navona. Dal canto suo Berlusconi, si dice consigliato dai suoi legali, ha provocato lo scontro con la famosa legge per la sospensione dei processi, poi modificata, invece di ripristinare l'immunità parlamentare esistente in quasi tutti i paesi democratici. Poi si è mosso in questa direzione con la legge per le alte cariche dello stato, ma intanto si è rivissuta l'atmosfera del 1993-95.
Ribadiamo che, ovviamente, il bersaglio del partito britannico non è Berlusconi ma Tremonti."
Una semplice domanda: ma Cossiga come faceva a prevedere nel luglio 2008 -con inquietante accuratezza- quello che sarebbe successo circa otto mesi dopo?
martedì 12 maggio 2009
41 ERBE E RADICI CHE CURANO IL CANCRO E L'AIDS.
UNA RICERCA ITALIANA.
L' arma dei Masai contro l' Aids: il mistero delle erbe magiche
Repubblica — 18 luglio 2008 pagina 38 sezione: POLITICA ESTERA
Sembra un cellulare che trilla lontanissimo. Un suono familiare, eppure talmente incongruo nel cuore della Tanzania e di questa savana gialla e polverosa in cui rumoreggiano solo le capre, che pensi di essere colto da un' allucinazione. Intorno alla capanna alcuni ciuffi d' erba secca si piegano silenziosi nel vento caldo, e nell' aia persino i bambini sono ammutoliti dal tormento delle mosche. Eppure avvicinandoti all' abitazione giureresti che sia proprio un telefonino che squilla,
anche se il suono artificiale si diffonde malamente nella stanza col pavimento di terra battuta in cui Elias sta ricevendo i suoi pazienti, seduto dietro a un tavolo ingombro di barattolini di plastica. E' venerdì, giornata di visita, e la stanza è stipata di gente. Sono donne, uomini, bambini, arrivati a piedi anche da molto lontano, malgrado tutti siano malati. Arusha, la terza città della Tanzania,
poco più che qualche sbaffo d' asfalto costeggiato da edifici di cemento e pochi alberi, dista in auto oltre due ore. Ma qualcuno è arrivato anche da lì, come una donna con il suo bambino, entrambi sieropositivi. La fama di Elias, il guaritore più noto del villaggio di Ngarenanyki, uno dei traditional doctors che a partire dal 2002 sono stati ufficialmente riconosciuti dal governo della Tanzania e ammessi ad esercitare la loro professione alla luce del sole, è giunta fino in città. «Posso curare la malaria, il diabete, l' asma, il cancro e anche l' Aids», assicura in un dialetto swahili questo masai alto e dinoccolato. Vestito di stoffe colorate, le orecchie bucate e le guance scavate da due grandi cerchi che indicano la sua appartenenza alla tribù dei pastori, non ha esattamente l' aspetto di uno specialista dal quale andresti a farti curare il cancro, e forse nemmeno un raffreddore. Eppure ogni settimana decine di persone vanno a trovarlo per chiedergli aiuto, e tra loro anche alcuni occidentali. Una terapia per il cancro e l' Aids a base di foglie, cortecce e radici? Tutto è talmente inconcepibile che quando Ze-Elias, come lo chiamano qui, estrae un cellulare ultrapiatto di ultima generazione, in realtà ci si stupisce appena. E' la Tanzania: un paese in cui modernità e tradizione convivono nel rispetto reciproco, in cui 120 diverse tribù e una decina di religioni danno luogo a una pacifica repubblica presidenziale e in cui guaritori tradizionali e medicina moderna collaborano per migliorare il servizio sanitario nazionale, scambiandosi i pazienti per diagnosi e terapie. «Devo andare», si scusa Elias finita la telefonata, indicando un punto lontano, dietro al monte Meru. Oltre
il suo dito, a una distanza moltiplicata da buche e fango, sassi e torrenti da passare al guado, avvolto da una foresta tropicale fresca e verdissima, c' è il villaggio di Ngongongare. Lì la cooperazione italiana ha costruito e attrezzato un laboratorio di ricerca, con tanto di stanze per i ricercatori e collegamenti wi-fi, coinvolgendo la comunità locale, le università e il governo della Tanzania. Obiettivo: catalogare e salvaguardare le piante usate dai guaritori tradizionali creando una piccola attività commerciale, un vivaio gestito dalle donne del villaggio in cui coltivare e vendere le piante che oggi i guaritori raccolgono in natura, percorrendo anche centinaia di chilometri. Elias è uno dei cinque esperti selezionati dal progetto finanziato dal nostro ministero degli Esteri e portato avanti congiuntamente da Cins (Cooperazione Italiana Nord Sud) e Aaf (Associazione Africa Futura). Insieme a lui ci sono Leizar, un altro masai, e tre donne: Mama
Mathilia, Mama Lucy e Mama Fatume, nota agli ospedali di mezza Tanzania per la sua ricetta delle 41 piante capacT dicono, di curare l' Aids. Nei verdi germogli del vivaio di Ngongongare infatti c' è molto più che un piccolo business di villaggio: c' è la potenziale soluzione dell' Africa ai suoi più gravi problemi. Perché i rimedi capaci di curare l' Aids o il cancro, se esistono, valgono cifre inestimabili. «Prima di vedere i test ero molto dubbioso sulle capacità di questi medici tradizionali e pensavo che le guarigioni fossero dovute a suggestione - afferma Josih Tayali medico e docente dell' università di Arusha coinvolto nel progetto - ma mi sono dovuto ricredere sia sulle loro capacità diagnostiche che su quelle curative: scelgono piante che contengono gli stessi principi attivi utilizzati in farmacologia, e anzi ne usano direi più di quanti ne conosciamo.
Molti guaritori sono analfabeti, ma hanno nozioni approfondite di anatomia e fisiologia: conoscono gli organi e il loro funzionamento e sono in grado di diagnosticare anche malattie complesse, tra cui alcune forme di cancro. Ormai persino gli ospedali consigliano ai pazienti terminali di rivolgersi
ai guaritori. E' pratica non ufficiale, ma molto diffusa». Tayali sta studiando il caso di due sieropositivi che si sono rivolti a Mama Fatume poco dopo essersi ammalati di Aids. In 3 mesi il virus è regredito, il CD4 (un indicatore delle difese immunitarie) è salito da 400 a 750 e le persone stanno di nuovo bene. E se le 41 piante di Fatume (o le due di Elias, gli unici guaritori che si dicono
in grado di curare l'Aids, mentre gli altri lamentano di non aver trovato la cura adatta) fossero davvero capaci di produrre dei risultati? «Se muoio porto la mia conoscenza con me - dice Mama Fatume - ma se la divulgo perdo il mio lavoro. Non so decidere cosa fare. Per ora ho scelto una via di mezzo: non ho consegnato le mie piante all' università di Dar Es Salaam, che me le chiede da molto tempo per analizzarlePerò le ho date agli italiani, che hanno firmato delle carte in
cui dicono che se dalle mie piante si può ricavare una medicina io avrò molti soldi, nessuno potrà rubare la mia ricetta e potrò anche continuare a lavorare». «Le 41 piante di Fatume ora sono in Italia - dice Paola Murri, coordinatrice del progetto - ma il nostro coinvolgimento non prevedeva fondi per questo tipo di analisi. Si cerca quindi una struttura che effettui gratuitamente i rilievi (lo hanno già fatto per altre piante il Cnr, l' università di Firenze e quella di Pavia, ndr), per poi lasciare in ogni caso al governo della Tanzania i benefici di ogni scoperta». Per il progetto sono stati spesi oltre due milioni di euro. Fino a qualche tempo fa l' Occidente ricco, con una cifra del genere, finanziava una parte del suo senso di colpa, ma oggi le cose sono cambiate. Oggi, i risultati economici di una ricerca scientifica possono diventare un' opportunità per tutti.
ALESSANDRA VIOLA
Qualcuno sa che fine ha fatto questa ricerca?
L' arma dei Masai contro l' Aids: il mistero delle erbe magiche
Repubblica — 18 luglio 2008 pagina 38 sezione: POLITICA ESTERA
Sembra un cellulare che trilla lontanissimo. Un suono familiare, eppure talmente incongruo nel cuore della Tanzania e di questa savana gialla e polverosa in cui rumoreggiano solo le capre, che pensi di essere colto da un' allucinazione. Intorno alla capanna alcuni ciuffi d' erba secca si piegano silenziosi nel vento caldo, e nell' aia persino i bambini sono ammutoliti dal tormento delle mosche. Eppure avvicinandoti all' abitazione giureresti che sia proprio un telefonino che squilla,
anche se il suono artificiale si diffonde malamente nella stanza col pavimento di terra battuta in cui Elias sta ricevendo i suoi pazienti, seduto dietro a un tavolo ingombro di barattolini di plastica. E' venerdì, giornata di visita, e la stanza è stipata di gente. Sono donne, uomini, bambini, arrivati a piedi anche da molto lontano, malgrado tutti siano malati. Arusha, la terza città della Tanzania,
poco più che qualche sbaffo d' asfalto costeggiato da edifici di cemento e pochi alberi, dista in auto oltre due ore. Ma qualcuno è arrivato anche da lì, come una donna con il suo bambino, entrambi sieropositivi. La fama di Elias, il guaritore più noto del villaggio di Ngarenanyki, uno dei traditional doctors che a partire dal 2002 sono stati ufficialmente riconosciuti dal governo della Tanzania e ammessi ad esercitare la loro professione alla luce del sole, è giunta fino in città. «Posso curare la malaria, il diabete, l' asma, il cancro e anche l' Aids», assicura in un dialetto swahili questo masai alto e dinoccolato. Vestito di stoffe colorate, le orecchie bucate e le guance scavate da due grandi cerchi che indicano la sua appartenenza alla tribù dei pastori, non ha esattamente l' aspetto di uno specialista dal quale andresti a farti curare il cancro, e forse nemmeno un raffreddore. Eppure ogni settimana decine di persone vanno a trovarlo per chiedergli aiuto, e tra loro anche alcuni occidentali. Una terapia per il cancro e l' Aids a base di foglie, cortecce e radici? Tutto è talmente inconcepibile che quando Ze-Elias, come lo chiamano qui, estrae un cellulare ultrapiatto di ultima generazione, in realtà ci si stupisce appena. E' la Tanzania: un paese in cui modernità e tradizione convivono nel rispetto reciproco, in cui 120 diverse tribù e una decina di religioni danno luogo a una pacifica repubblica presidenziale e in cui guaritori tradizionali e medicina moderna collaborano per migliorare il servizio sanitario nazionale, scambiandosi i pazienti per diagnosi e terapie. «Devo andare», si scusa Elias finita la telefonata, indicando un punto lontano, dietro al monte Meru. Oltre
il suo dito, a una distanza moltiplicata da buche e fango, sassi e torrenti da passare al guado, avvolto da una foresta tropicale fresca e verdissima, c' è il villaggio di Ngongongare. Lì la cooperazione italiana ha costruito e attrezzato un laboratorio di ricerca, con tanto di stanze per i ricercatori e collegamenti wi-fi, coinvolgendo la comunità locale, le università e il governo della Tanzania. Obiettivo: catalogare e salvaguardare le piante usate dai guaritori tradizionali creando una piccola attività commerciale, un vivaio gestito dalle donne del villaggio in cui coltivare e vendere le piante che oggi i guaritori raccolgono in natura, percorrendo anche centinaia di chilometri. Elias è uno dei cinque esperti selezionati dal progetto finanziato dal nostro ministero degli Esteri e portato avanti congiuntamente da Cins (Cooperazione Italiana Nord Sud) e Aaf (Associazione Africa Futura). Insieme a lui ci sono Leizar, un altro masai, e tre donne: Mama
Mathilia, Mama Lucy e Mama Fatume, nota agli ospedali di mezza Tanzania per la sua ricetta delle 41 piante capacT dicono, di curare l' Aids. Nei verdi germogli del vivaio di Ngongongare infatti c' è molto più che un piccolo business di villaggio: c' è la potenziale soluzione dell' Africa ai suoi più gravi problemi. Perché i rimedi capaci di curare l' Aids o il cancro, se esistono, valgono cifre inestimabili. «Prima di vedere i test ero molto dubbioso sulle capacità di questi medici tradizionali e pensavo che le guarigioni fossero dovute a suggestione - afferma Josih Tayali medico e docente dell' università di Arusha coinvolto nel progetto - ma mi sono dovuto ricredere sia sulle loro capacità diagnostiche che su quelle curative: scelgono piante che contengono gli stessi principi attivi utilizzati in farmacologia, e anzi ne usano direi più di quanti ne conosciamo.
Molti guaritori sono analfabeti, ma hanno nozioni approfondite di anatomia e fisiologia: conoscono gli organi e il loro funzionamento e sono in grado di diagnosticare anche malattie complesse, tra cui alcune forme di cancro. Ormai persino gli ospedali consigliano ai pazienti terminali di rivolgersi
ai guaritori. E' pratica non ufficiale, ma molto diffusa». Tayali sta studiando il caso di due sieropositivi che si sono rivolti a Mama Fatume poco dopo essersi ammalati di Aids. In 3 mesi il virus è regredito, il CD4 (un indicatore delle difese immunitarie) è salito da 400 a 750 e le persone stanno di nuovo bene. E se le 41 piante di Fatume (o le due di Elias, gli unici guaritori che si dicono
in grado di curare l'Aids, mentre gli altri lamentano di non aver trovato la cura adatta) fossero davvero capaci di produrre dei risultati? «Se muoio porto la mia conoscenza con me - dice Mama Fatume - ma se la divulgo perdo il mio lavoro. Non so decidere cosa fare. Per ora ho scelto una via di mezzo: non ho consegnato le mie piante all' università di Dar Es Salaam, che me le chiede da molto tempo per analizzarlePerò le ho date agli italiani, che hanno firmato delle carte in
cui dicono che se dalle mie piante si può ricavare una medicina io avrò molti soldi, nessuno potrà rubare la mia ricetta e potrò anche continuare a lavorare». «Le 41 piante di Fatume ora sono in Italia - dice Paola Murri, coordinatrice del progetto - ma il nostro coinvolgimento non prevedeva fondi per questo tipo di analisi. Si cerca quindi una struttura che effettui gratuitamente i rilievi (lo hanno già fatto per altre piante il Cnr, l' università di Firenze e quella di Pavia, ndr), per poi lasciare in ogni caso al governo della Tanzania i benefici di ogni scoperta». Per il progetto sono stati spesi oltre due milioni di euro. Fino a qualche tempo fa l' Occidente ricco, con una cifra del genere, finanziava una parte del suo senso di colpa, ma oggi le cose sono cambiate. Oggi, i risultati economici di una ricerca scientifica possono diventare un' opportunità per tutti.
ALESSANDRA VIOLA
Qualcuno sa che fine ha fatto questa ricerca?
LA SOCIETA' MULTIETNICA ESISTE GIA': SI CHIAMA USA.
Lettera 20 a Dagospia
La cosidetta società multi-etnica è una boiata pazzesca. Esiste già, si chiama USA ed è composta di mille etnie e culture che si detestano neanche tanto cordialmente. Finora gli è andata abbastanza bene perchè quel paese ha una base culturale nord-europea che gli ha dato dei buoni fondamentali ed un territorio che più ricco ed esteso non si può, ma adesso che il palo della cuccagna comincia a scricchiolare e la commistione con culture del Sud del mondo, spontaneamente refrattarie al modello nord-europeo, si è fatta più invasiva, il futuro non è per niente roseo.
Già il liberismo è stata a suo tempo una scelta obbligata per costringere le culture refrattarie ad adeguarsi, adesso cosa si possono inventare? Mi piacerebbe risvegliarmi tra 50 anni e vedere come è andata e mi aspetto un mondo cinesizzato con gli USA a fare la parte dell'Inghilterra dopo il crollo del colonialismo. E stiamo parlando di un paese 'nuovo'.
Se la società multi-etnica non ha funzionato lì, perchè dovrebbe funzionare in Europa, con culture già fortemente connotate da una storia di millenni dietro le spalle? Mi sembra una follia. E mi dispiace che a capirlo sia Berlusconi e non la sinistra, che ragiona con gli schemini ideologici. Quelli, per capirci, che hanno portato al disastro del socialismo reale. Tempo fa lo ha detto anche Helmut Schmidt, padre fondatore dell'Europa, che è stato un grave errore l'apertura delle frontiere, che porterà solo alla formazione di mille ghetti turbolenti e un degrado sociale diffuso. Ma hanno fatto tutti finta di non sentire per non apparire politicamente scorretti. Quand'è che la Sinistra tornerà sulla terra? Ma forse, ahimè, mi sa che non c'è mai stata.
[11-05-2009] Dino Manetta
La cosidetta società multi-etnica è una boiata pazzesca. Esiste già, si chiama USA ed è composta di mille etnie e culture che si detestano neanche tanto cordialmente. Finora gli è andata abbastanza bene perchè quel paese ha una base culturale nord-europea che gli ha dato dei buoni fondamentali ed un territorio che più ricco ed esteso non si può, ma adesso che il palo della cuccagna comincia a scricchiolare e la commistione con culture del Sud del mondo, spontaneamente refrattarie al modello nord-europeo, si è fatta più invasiva, il futuro non è per niente roseo.
Già il liberismo è stata a suo tempo una scelta obbligata per costringere le culture refrattarie ad adeguarsi, adesso cosa si possono inventare? Mi piacerebbe risvegliarmi tra 50 anni e vedere come è andata e mi aspetto un mondo cinesizzato con gli USA a fare la parte dell'Inghilterra dopo il crollo del colonialismo. E stiamo parlando di un paese 'nuovo'.
Se la società multi-etnica non ha funzionato lì, perchè dovrebbe funzionare in Europa, con culture già fortemente connotate da una storia di millenni dietro le spalle? Mi sembra una follia. E mi dispiace che a capirlo sia Berlusconi e non la sinistra, che ragiona con gli schemini ideologici. Quelli, per capirci, che hanno portato al disastro del socialismo reale. Tempo fa lo ha detto anche Helmut Schmidt, padre fondatore dell'Europa, che è stato un grave errore l'apertura delle frontiere, che porterà solo alla formazione di mille ghetti turbolenti e un degrado sociale diffuso. Ma hanno fatto tutti finta di non sentire per non apparire politicamente scorretti. Quand'è che la Sinistra tornerà sulla terra? Ma forse, ahimè, mi sa che non c'è mai stata.
[11-05-2009] Dino Manetta
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