La pace sia con te

lunedì 1 febbraio 2010

LA VERONICA E' CUSTODITA DAI FRATI CAPPUCCINI A MANOPPELLO IN PROVINCIA DI PESCARA?



È A MANOPPELLO IL VELO DEL SUDARIO CON IL VOLTO DI GESÙ?
di Alfonso Marzocco

Santa Veronica è, secondo la tradizione cristiana, la "pia donna" che “nell’ora della sventura, del peccato, del dubbio, fu fedele, non peccò e soccorse il suo Signore” , e Gli asciugò con un telo il volto, mentre sotto la croce Gesù saliva al Calvario, rimanendo il Volto stesso impresso sul panno.

Veronica non compare nei vangeli canonici, ma è venerata come santa dalla Chiesa cattolica ed è citata più volte nell’ ”Evangelo come mi è stato rivelato “ dettato a Maria Valtorta , secondo la quale si chiamava Niche ed era «una donna ebrea della Diaspora». Al suo gesto pietoso è dedicata anche una stazione della Via Crucis, che è uno dei pii esercizi più amati , con cui i fedeli venerano la Passione del Signore. “Attraverso il pio esercizio i fedeli ripercorrono con partecipe affetto il tratto ultimo del cammino percorso da Gesù durante la sua vita terrena: dal Monte degli Ulivi, dove nel «podere chiamato Getsemani» (Mc 14, 32) il Signore fu «in preda all’angoscia» (Lc 22, 44), fino al Monte Calvario dove fu crocifisso tra due malfattori, al giardino dove fu deposto in un sepolcro nuovo, scavato nella roccia….Nella sua forma attuale, attestata già nella prima metà del secolo XVII, la Via Crucis, diffusa soprattutto da san Leonardo da Porto Maurizio († 1751), approvata dalla Sede Apostolica ed arricchita da indulgenze, consta di quattordici stazioni.”
La Via Crucis è riconosciuta come forma di pietà popolare anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica.
Diverse di queste stazioni corrispondono a episodi evangelici. Altre, come le cadute di Gesù e l'incontro con la Madre, sono state introdotte dalla devozione popolare. La sesta stazione, della Veronica, è legata, secondo la tradizione, al telo in cui è stata conservata l'immagine del volto sfigurato di Gesù.
Il popolo cristiano ha quindi sempre creduto all’esistenza di questa immagine acheropita (non realizzata da mani umane) e in ciò approvato almeno implicitamente dalla Chiesa e dal Papa, che guida il Venerdì Santo la Via Crucis che si svolge nel Colosseo a Roma.
Dal secolo XIII si venerò in S. Pietro a Roma, una immagine del volto di Cristo, detto ‘Velo della Veronica”, che gli studiosi identificarono per lo più con l’icona tardo bizantina attualmente lì conservata.

Ma proprio la lettura attenta di due preziose e autorevoli testimonianze, quella di Dante e quella di Petrarca , ci deve illuminare: perché un “vecchierel canuto e stanco” dovrebbe affrontare un viaggio lungo e pericoloso per andare a venerare una semplice icona bizantina e perché un pellegrino dalla Croazia, o da qualsiasi altra terra lontana, dovrebbe venire a vedere la “nostra Veronica” se non fossero convinti di rivedere in quel panno le fattezze del volto insanguinato di Cristo, che vi volle imprimere quando la Veronica gli asciugò il volto durante l’ascesa al Calvario? La poesia fa rivivere la scena del pellegrino medievale che medita sulla Veronica che “ apre lo scrignetto, ne trae un lino finissimo, quadrato, e lo offre al Redentore. Questo lo accetta. E poiché non può con una mano sola fare da Sé, la pietosa lo aiuta, badando di non urtargli la corona, a posarselo sul volto. E Gesù preme il fresco lino sulla sua povera faccia e ve lo tiene, come ne trovasse un grande ristoro”.
Maria Valtorta descrive anche come la “Veronica” sia giunta nelle mani della Madonna, che meditava nel Cenacolo:
“È Maria di Magdala che va dritta e forte all'uscio e chiede: «Chi bussa?».
Una voce di donna risponde: «Sono Niche. Ho una cosa da dare alla Madre. Aprite! Presto. La ronda è in giro».
Giovanni, che si è svincolato dalla Madre ed è corso presso la Maddalena, lavora intorno ai molteplici serrami, tutti ben assicurati questa sera. Apre. Entra Niche con la servente ed un uomo nerboruto che le scorta. Chiudono.
«Ho una cosa...», e piange Niche e non può parlare...
«Che? Che?». Le sono tutti addosso, curiosi.
«Sul Calvario... Ho visto il Salvatore in quello stato... Avevo preparato il velo lombare perché non usasse i cenci dei boia... Ma era tanto sudato, col sangue negli occhi, che ho pensato darglielo perché si asciugasse.
Ed Egli lo ha fatto... E mi ha reso il velo. Io non l'ho usato più... Volevo tenerlo per reliquia col suo sudore e il suo sangue. E vedendo l'accanimento dei giudei, dopo poco, con Plautina e le altre romane Lidia e Valeria, insieme, abbiamo deciso di tornare indietro. Per paura che ci levassero questo lino. Le romane son donne virili. Ci hanno messe nel mezzo, io e la servente, e ci hanno protette. È vero che sono contaminazione per Israele... e che toccare Plautina è pericolo. Ma ciò si pensa in tempi di calma. Oggi erano tutti ubbriachi... A casa ho pianto... per ore... Poi è venuto il terremoto e sono svenuta... Rinvenuta, ho voluto baciare quel lino e
ho visto... oh!... Vi è sopra la faccia del Redentore!...
«Fa' vedere! Fa' vedere!».
«No. Prima alla Madre. È il suo diritto».
«È tanto sfinita! Non resisterà...»
«Oh! non lo dite! Le sarà di conforto, invece. Avvertitela!».
Giovanni bussa piano all'uscio.
«Chi è?».
«Io, Madre. Fuori è Niche... È venuta nella notte... Ti ha portato un ricordo... un dono... Spera darti conforto con quello».
«Oh! un solo dono mi può confortare! Il sorriso del suo Volto...»
«Madre!». Giovanni l'abbraccia per tema che cada e dice, come confidasse il Nome vero di Dio: «Quello è. Il sorriso del suo Volto, impresso nel lino con cui Niche lo ha asciugato sul Calvario» .

Ma la Veronica ora dove si trova?
Era certamente presente a Roma dal secolo XIII al 1527 (fino al 1601 secondo le fonti ufficiali). Infatti “Papa Innocenzo III (1198-1216) ne promuove in particolare il culto, istituisce una processione annuale e concede indulgenze a quanti piamente vi partecipino. Racchiusa in una cornice dorata, dono di tre signori veneziani, viene esposta in San Pietro durante le maggiori festività e in particolare durante gli Anni Santi del 1300 e del 1350”. E le ostensioni pubbliche si svolgono a Roma con una certa regolarità fino al 1600-1601. Poi non più.

Nel 1620, venti anni dopo l’ultima ostensione pubblica della “Veronica”, i frati cappuccini giungono a Manoppello, un paese abruzzese ai piedi della Maiella, non molto lontano da Pescara , e vi edificano, un po’ fuori dell’abitato, un convento con una chiesetta. Lì dal 1638 si custodisce e si venera una reliquia “Il Volto Santo di Manoppello”, che richiama molti pellegrini ogni anno. Quella chiesetta primitiva è divenuta poi il Santuario del Volto Santo.
La coincidenza cronologica è singolare: a Roma non è più attestata la “Veronica” e dopo qualche anno compare a Manoppello il “Volto Santo” o “Velo di Manoppello”.

La “Relazione historica” di padre Donato di Bomba, scritta tra il 1640 e il 1646, riporta tra l’altro che Donato Antonio de Fabritiis avrebbe donato il “Velo” ai frati cappuccini, donazione confermata anche da un atto notarile del 1646. Il de Fabritiis avrebbe acquistato nel 1618 il Velo da Marzia Leonelli, che lo cedeva perché aveva bisogno di danaro per riscattare dalla prigione il marito, violento uomo d’armi.
Il Velo di Manoppello potrebbe essere la Veronica, già custodita a Roma, a cui era sta inviata da Germano I, patriarca di Costantinopoli, per salvarla dalla furia degli iconoclasti. Ma come il Velo era arrivato nelle mani del violento soldato di ventura, che l’aveva venduta al de Fabritiis, che l’aveva donata ai frati cappuccini?
Il 6 maggio 1527 ci fu il “sacco di Roma”, quando la città fu messa a ferro e fuoco. I lanzichenecchi tedeschi e i tercieros spagnoli - soldati mercenari al servizio di Carlo V d’Asburgo, assediarono il Pontefice e lo costrinsero ad asserragliarsi in Castel Sant’Angelo e a fuggire poi a Orvieto, dove rimase fino a quando accettò di incoronare Carlo V imperatore del Sacro romano impero. Un certo messer Urbano, acquartieratosi anch’egli a Orvieto con gli altri fedelissimi del Papa, il 14 maggio 1527 inviò una missiva alla duchessa di Orvieto e le riferì della Basilica Vaticana, “in la qual chiesia et allo altare proprio dicono esser stati morti da 500 homeni, et reliquie sante disperse et arse, et alcuni dicono anche abruciata la Veronica”.

Un fatto certo è che la Veronica ora non è più a San Pietro: infatti quanti nel secolo XX hanno potuto osservare la tela custodita nella cappella, che si apre sopra la statua della Veronica, affermano che si tratta di un panno quadrato di colore chiaro, non trasparente, sul quale non si distingue alcun lineamento. “Anche Giovanni Paolo Il, nella circostanza del Grande Giubileo del 2000, ha voluto vedere il quadro custodito in Vaticano. Ha chiesto che fosse portato nel proprio appartamento, lo ha osservato attentamente e, dopo essersi reso personalmente conto dell’inconsistenza dell’immagine, lo ha fatto riportare nel pilastro della Veronica senza prendere ulteriori iniziative.”

Un’ ipotesi condivisibile è che nel 1527 qualche soldato delle truppe che saccheggiarono Roma sia venuto in possesso della “Veronica” e che, successivamente, lui o qualcuno dei suoi discendenti l’abbia venduta, fino a che non è arrivata nelle mani di qualche buon cristiano che ha ritenuto opportuno donarla ai frati cappuccini di Manoppello.
Dal 1527 al 1601 probabilmente (nessuno aveva interesse a dichiararne il furto o lo smarrimento) fu mostrata nelle pubbliche ostensioni a Roma una copia dell’Acheropita.
Il Volto Santo di Manoppello, come lo descrive suor Blandine Paschalis Schlomer è il volto di un uomo impresso su ambo i lati di una tela quasi trasparente – come in una diapositiva- "... come quello di una persona viva che si trova dietro al tessuto e che guarda attraverso questa stoffa sottilissima: una persona con capelli di uno splendore meraviglioso, ... che cadono in due bande sciolte su tutti e due i lati. Ma ciò che parla di più in questo volto sono gli occhi di un bianco molto intenso. Lo sguardo è gentile. C’è come un sorriso nell’espressione" (p. 28). Tuttavia per un osservatore non frettoloso "c’è qualcosa di inspiegabile e di totalmente inconsueto. Per esempio la stoffa appare molto antica, con una superficie ruvida, ma da un momento all’altro la stessa stoffa appare come una tessitura finissima e delicatissima e totalmente trasparente, perfino splendente. Nella stessa maniera il volto umano che si può scorgere su questa stoffa appare una volta con un intensissimo colorito e delineato con molta precisione nel disegno dei capelli e degli altri dettagli — ci si trova davanti una immagine che appare compatta in una tonalità scura di un’ocra a tratti verdeggiante — e poi si è sorpresi di vedere invece un tessuto bianco, quasi un soffio tanto è esile"(p. 28). Inoltre, "se si pone il Velo contro la luce, quando essa passa direttamente da dietro attraverso il tessuto, l’immagine sparisce come se i fili l’avessero assorbita" (p. 29). Non si scorgono, neppure a forti ingrandimenti, tracce di apporto di colore sulle fibre del tessuto. Quest’ultimo può venir osservato solo se ci si pone da una determinata angolazione rispetto all’immagine o se si colloca uno schermo opaco posteriormente a essa.
Ed ecco la descrizione della “Veronica” che Gesù stesso detta a Maria Valtorta:
«Dio non delude mai una giusta preghiera e conforta i suoi figli che sperano in Lui. Maria lo trova nel conforto della Veronica. Ella, la povera Mamma, ha stampato negli occhi l'effigie del mio Volto spento. Non può resistere a quella vista. Non è più il suo Gesù quello, invecchiato, enfiato, con gli occhi chiusi che non la guardano, con la bocca contorta che non le parla e sorride. Ma ecco un Volto [la Veronica] che è di Gesù vivo. Doloroso, ferito, ma vivo ancora. Ecco il suo sguardo che la guarda, la sua bocca che par dica: "Mamma!". Ecco il suo sorriso che la saluta ancora ».
Al cap. 637 aggiunge: «Il velo della Veronica è anche un pungolo alla vostra anima scettica. Confrontate, voi che procedete per aridi esami, o razionalisti, o tiepidi, o vacillanti nella fede, il Volto del Sudario e quello della Sindone. L’uno è il Volto d’un vivo, l’altro quello d’un morto. Ma lunghezza, larghezza, caratteri somatici, forma, caratteristiche, sono uguali. Sovrapponete le immagini. Vedrete che corrispondono. Sono Io. Io che ho voluto ricordarvi come ero e come ero divenuto per amore di voi. Se non foste dei perduti, dei ciechi, dovrebbero bastare quei due Volti a portarvi all’amore, al pentimento, a Dio».
Suor Blandine ha sovrapposto le due immagini. Anche se a prima vista i due Volti sembrano escludersi, tuttavia, sovrapponendo il negativo della Sindone, della prima fotografia scattata da Giuseppe Enrie nel 1931, e la parte anteriore del Velo di Manoppello s’individuano ben dieci punti di congruenza. La religiosa trappista fornisce nel testo istruzioni molto dettagliate per ottenere tale sovrapposizione.
D’altra parte alcune celebri icone — per esempio, quella del Cristo del Monastero di Santa Caterina al Sinai — si sovrappongono quasi perfettamente sia alla Sindone che al Volto Santo.
Credo, pertanto, che anche al Volto Santo di Manoppello possano applicarsi le parole che papa Giovanni Paolo II ebbe ad esprimere per la Sindone “… una reliquia insolita e misteriosa …, singolarissimo testimone … della Pasqua... Testimone muto, ma nello stesso tempo sorprendentemente eloquente!”

martedì 19 gennaio 2010

Papa Giovanni Paolo II dà una mano a Papa Pio XII

Rivelazione: Wojtyla delegò
Papa Pio XII a fare il miracolo
di Andrea Tornielli

articolo de "Il Giornale" di martedì 19 gennaio 2010




Una giovane mamma era affetta da un tumore. Wojtyla gli apparve in sogno e gli disse di rivolgersi a Papa Pacelli.
C’è un presunto miracolo attribuito all’intercessione di Pio XII che potrebbe portare in tempi relativamente brevi alla sua beatificazione. Un miracolo che vedrebbe in qualche modo misteriosamente coinvolto anche Giovanni Paolo II, il cui decreto sull’eroicità delle virtù è stato promulgato da Benedetto XVI lo stesso giorno di quello su Papa Pacelli: la guarigione di una giovane mamma da un linfoma maligno. Il condizionale è d’obbligo, in queste circostanze, ma il caso viene attentamente vagliato dalla postulazione della causa e dalla diocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia, dov’è avvenuto. La notizia è stata resa nota dal giornale online «Petrus», senza alcun particolare, ma con l’importante conferma del vicario della stessa diocesi. Il Giornale ha potuto ora ricostruire
l’intera vicenda, che sarà studiata nei prossimi mesi.
Siamo nel 2005, poco tempo dopo la morte di Papa Wojtyla. Una giovane coppia che ha già avuto due bimbi, ne aspetta un terzo. Per la madre trentunenne, che fa l’insegnante, la gravidanza si presenta in salita: ha forti dolori e i medici non riescono inizialmente a comprendere l'origine dei suoi disturbi. Alla fine, dopo molte analisi e una biopsia, le viene diagnosticato un linfoma di Burkitt, tumore maligno del tessuto linfatico piuttosto aggressivo, che insorge di frequente nelle ossa mascellari per diffondersi poi ai visceri dell’addome e del bacino e al sistema nervoso centrale. L’attesa della nuova vita che la donna porta in grembo si
trasforma in un dramma.
Il marito della donna inizia a pregare Papa Wojtyla, da poco scomparso, per
chiedergli di intercedere per la sua famiglia. Una notte, l’uomo vede in sogno Giovanni Paolo II. «Aveva il volto serio. Mi disse: “Io non posso fare niente, dovete pregare quest’altro sacerdote...”. Mi mostrò l’immagine di un prete smilzo, alto, magro. Io non lo riconobbi, non sapevo chi fosse». L’uomo rimane turbato dal sogno, ma non può identificare il prete che Wojtyla gli ha indicato. Pochi giorni dopo, aprendo casualmente una rivista, ecco una foto del giovane Eugenio
Pacelli che attira la sua attenzione. È lui quello che aveva visto ritratto in sogno.
Si mette in moto una catena di preghiera che chiede l’intercessione di Pio XII. E la donna guarisce dopo le primissime cure. Il risultato è considerato così importante che i medici ipotizzano un possibile errore diagnostico iniziale. Ma gli esami e le cartelle cliniche confermano l’accuratezza dei risultati delle prime analisi. Il tumore è sparito, la donna sta bene, ha avuto il suo terzo figlio, è tornata al suo lavoro a scuola. Lasciato passare un po’ di tempo, è lei a rivolgersi al Vaticano per segnalare il suo caso.
Una conferma il vicario generale della diocesi di Sorrento-Castellammare di
Stabia, don Carmine Giudici: «È tutto vero - ha dichiarato a “Petrus” - la Santa Sede ci ha comunicato di essere stata contattata da un fedele della nostra diocesi che sostiene di aver ricevuto un miracolo per intercessione di Pio XII.
L’arcivescovo Felice Cece ha quindi deciso di istituire a giorni l’apposito
Tribunale diocesano». Sarà questo tribunale a vagliare il caso per formulare un primo responso. Se sarà positivo, le carte passeranno a Roma, alla Congregazione delle cause dei santi: qui dovranno essere studiate prima dalla Consulta medica, chiamata a pronunciarsi sull’inspiegabilità della guarigione. Se anche i medici che collaborano con la Santa Sede diranno di sì, il caso della mamma guarita sarà discusso prima dai teologi della Congregazione, quindi dai cardinali e vescovi.
Soltanto dopo aver superato questi tre gradi di giudizio, il dossier sul presunto miracolo arriverà sul tavolo di Benedetto XVI, che deciderà sul riconoscimento finale. Allora e solo allora, Papa Pacelli potrà essere beatificato.
L’istituzione di un Tribunale diocesano e l’eventuale arrivo della documentazione al dicastero che studia i processi di beatificazione e canonizzazione non significano alcun riconoscimento, ma soltanto che il caso in questione è giudicato interessante e degno di attenzione. È dunque del tutto prematuro ipotizzare sviluppi, ancora di più immaginare date. Quello che colpisce, nella storia della famiglia di Castellammare di Stabia, è il ruolo avuto nella vicenda da Papa Wojtyla, che in sogno avrebbe suggerito al marito della donna la preghiera a quel «prete smilzo» rivelatosi poi essere Pacelli. Quasi che Giovanni Paolo II avesse voluto in qualche modo aiutare la causa del suo predecessore. La notizia del
presunto miracolo è arrivata in Vaticano pochi giorni prima che Benedetto XVI promulgasse il decreto sulle virtù eroiche di Wojtyla e a sorpresa sbloccasse anche quello di Pio XII, rimasto in attesa per due anni a motivo di ulteriori verifiche negli archivi vaticani.

© IL GIORNALE ON LINE S.R.L.







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martedì 12 gennaio 2010

AVANTI CASTA, ALLA RISCOSSA - FINANZA ROSSA, FINANZA ROSSA

AVANTI CASTA!

- Bersani, Di Pietro e Letta jr fanno spallucce alla riforma fiscale perché all’erario girano il 17,36% di quel che davvero finisce nelle loro tasche, come capita per altro a chi è stato eletto alla Camera (e al Senato il fisco è ancora più leggero: 15,32%!) - Chi ha un reddito imponibile di 9 mila euro lordi all’anno, pari a 692 euro lordi al mese, paga in proporzione più tasse...(23 %)

Franco Bechis per Libero

L'unica cosa importante l'hanno già ottenuta da tempo: il fisco non mette le mani nelle loro tasche. Sarà per questo che Pierluigi Bersani, Antonio Di Pietro ed Enrico Letta fanno spallucce alla riforma fiscale proposta da Silvio Berlusconi. Due sole aliquote, una del 23 per cento e una al 33 per cento oltre quei centomila euro che sono circa la metà di quel che guadagnano i Bersani, Di Pietro e Letta jr?
Il magnifico trio appena sceso in campo contro l'abbassamento delle tasse se ne può allegramente infischiare: tutti e tre dovrebbero versare al fisco il 43% del loro reddito, più i contributi per assistenza e previdenza. Ma facendo parte della casta dei mandarini che le leggi le impone agli altri lasciando per sé un trattamento di lusso, i Bersani- Di Pietro e Letta jr all'erario girano il 17,36% di quel che davvero finisce nelle loro tasche, come capita per altro a chi è stato eletto alla Camera (e al Senato il fisco è ancora più leggero: 15,32%).

Chi ha un reddito imponibile di 9 mila euro lordi all'anno, pari a 692 euro lordi al mese, paga in proporzione più tasse del segretario del Pd, del suo vicesegretario e dal padre-padrone dell'Italia dei valori: il 23 per cento. E' per questo che i mandarini del centrosinistra, nati e cresciuti a palazzo dove vigono sempre regole speciali, non riescono a capire perché ci si lamenta delle tasse troppo alte.
Non le devono pagare loro, non le devono pagare i loro amici, i collaboratori di una vita: in quel mondo le tasse un tempo non si pagavano del tutto, poi si è fatto finta di pagarle come tutti i comuni mortali. Così oggi i deputati si intascano netti ogni mese 5.486,58 euro, dopo avere pagato ritenute previdenziali di 784,14 euro, assistenziali di 526,66 euro, un contributo per l'assegno vitalizio di 1006,51 euro e Irpef per 3.899,75 euro.
Così sembrerebbero come tutti gli altri. Ma poi si mettono in tasca ogni mese esentasse 4.003,11 euro di diaria, 4.190 euro netti "a titolo di rimborso forfetario per le spese inerenti il rapporto fra eletto ed elettore", circa 1.100 euro al mese di rimborso per taxi che né Bersani né Letta né Di Pietro di solito prendono, e poco meno di 300 euro al mese netti a titolo di rimborso spese telefoniche.
I senatori si intascano invece qualcosina in più, perché durante una delle varie auto-riduzioni della indennità sotto il pressing della protesta popolare, hanno girato la testa dall'altra parte lasciando che fossero solo i deputati a tirare un pochino la cinghia: prendono quindi 150 euro al mese più dei colleghi di base e rimborsi assai più generosi. E' per questo che i mandarini della riforma fiscale non sentono proprio alcun bisogno...
12-01-2010]

giovedì 7 gennaio 2010

RUTELLI: Ecco perchè il PD si tiene stretto Di Pietro

da Dagospia del 7.1.2010

E RUTELLI EVOCA LE PROCURE SUL PD...

Da "Il Fatto Quotidiano" - Tutti pazzi per Rutelli? Ieri giornata di grande spolvero per il leader della neonata Api - alleanza per l'Italia - incastonato in due interviste su "Il Giornale" e su "Il Tempo". E se Feltri lo incorona come l'anti-Fini - celebrandone l'antimulticulturalismo per bocciare la legge sulla cittadinanza agli immigrati su cui il presidente della Camera sta giocando molto del suo mazzo di carte - , il quotidiano un giorno diretto da Gianni Letta lo erge a gran suggeritore per i peccati del Pd. Il ragionamento dell'ex verde-ex pd? I democratici si tengono avvinghiati a Di Pietro perché Tonino li garantirebbe da un'assalto delle toghe, a cui evidentemente terrebbe salda la museruola di fantomatici avvisi di garanzia. Da ex presidente del Copasir c'è da credere che abbia svelato magari un segreto?

EMMA BONINO e CFR-Council on Foreign Relations

Lettera 5 a Dagospia [07-01-2010]

Caro Dago, a quanto pare il pd candida la Bonino. Ma qualcuno dovrebbe
dire che la signora dei radicali italiani è consigliere del board
europeo del CFR-Council on Foreign relations, la più potente lobby USA.
Come si coincilia questa doppia militanza?

temis.blog.tiscali.it

lunedì 4 gennaio 2010

Israele «L’economia è tutta in mano a dieci famiglie»

da Il Giornale 29 dicembre 2009
Israele «L’economia è tutta in mano a dieci famiglie»

«Non c’è israeliano che non li conosca: sono sulle pagine di economia dei giornali, spesso riempiono le colonne di pettegolezzi mondani, sono fotografati in compagnia di ministri e deputati. Sono i grandi detentori di capitali, i magnati, quelli che i media locali amano definire con il termine inglese di tycoon: appartengono a quel piccolo numero di famiglie che, a quanto pare, fanno il bello e il cattivo tempo nell’economia israeliana. «Una decina di famiglie - riferisce ora con preoccupazione uno studio appena pubblicato - hanno di fatto il controllo dell’economia israeliana; un controllo che costituisce un rischio per il vasto pubblico degli investitori, per lo sviluppo dell’economia e per la qualità del governo e della democrazia».

Uno strano trafiletto, pubblicato a pochi giorni di distanza dalla comparsa dell'articolo di Ida Magli sul signoraggio bancario: il suo significato è criptico. Ma la cosa più strana è che, tranne Dagospia, nessuno ha fatto vista di averlo notato e poi quale sarebbe lo studio citato?

domenica 3 gennaio 2010

IL NUCLEARE? SUPERATO GRAZIE A MAGNETISMO E MOTO ONDOSO

MAGNETISMO E MOTO ONDOSO

IL NUCLEARE? SUPERATO.

LO DIMOSTRA UN GENIO DI MODUGNO - BARI

CON IN TASCA UNA LICENZA MEDIA

di Angela Cirone - Gianvito Armenise

Movimento Politico Cattolico “Azione e Tradizione”

www.azioneetradizione.it

DOMANDE E RISPOSTE.

Mai come in questi ultimi anni il dibattito circa i costi ed i benefici dello sfruttamento energetico ha trovato vastissima eco in tutti i dibattiti di politologi, scienziati ed economisti.

La domanda é da sempre la medesima: le fonti energetiche "tradizionali" e non rinnovabili sono
destinate ad esaurirsi nel volgere di qualche generazione? I ritmi di crescita della popolazione sono compatibili con quelli della produttività energetica? Esiste la possibilità di sostenere gli attuali livelli di consumo attraverso l'utilizzo su scala mondiale di fonti energetiche sempre più costose e scarseggianti? Per tali quesiti esistono molteplici livelli di confronto e di discussione.
Sono possibili le risposte degli ambientalisti trinariciuti che finiscono ostinatamente con l'opporsi ad ogni attività dell'uomo roteando la spada preconcetta del "NO!" ad ogni costo senza proporre alcunché. Costoro finiscono con l'essere emarginati dal dibattito ed “inquinano” anche le posizioni di coloro che, invece, pur muovendo le medesime critiche si sforzano di proporre modelli alternativi di sviluppo economico. Infine vi sono coloro i quali, drogati di teorie liberiste, vedono nei beni a disposizione dell'uomo, fattori della produzione da utilizzare in vista del maggior profitto. Punto e basta.

IL NUCLEARE È DAVVERO LA SOLUZIONE?

Ciò premesso, la possibilità di trarre energia sostanzialmente più pulita dalle cosiddette fonti
rinnovabili (sole, acqua e vento) non é più un tabù nemmeno in Italia e negli ultimi tempi decisi
passi in avanti in questo settore sono stati compiuti. Di fatto la coscienza ambientalista é cresciuta e si é radicata negli strati più profondi della popolazione. Tuttavia, si ritorna a parlare di nucleare e di possibilità (non tanto remota) di costruire centrali nucleari anche in Italia. Il disastro occorso alla centrale nucleare di Chernobyl é ancora sotto gli occhi di tutti coloro i quali quegli anni li hanno vissuti. Si obietta, da parte di chi sembra essere stato improvvisamente fulminato sulla via dell'uranio, che “si tratta di centrali vecchie e progettate trent'anni fa. Ora la tecnologia é più sicura ed i rischi di incidente sono ridotti al lumicino”.
Sarà vero? Ci risulta che le tipologie di centrali nucleari che si vorrebbero costruire in Italia stanno sollevando numerose diatribe a suon di avvocati in Finlandia ed i progetti avrebbero incassato ben 2100 note di "non conformità" rilevate dall’Autorità di Sicurezza Nucleare finlandese.
Ma se si domanda ad un "tifoso" del nucleare dove stoccare le scorie radioattive che conservano la loro pericolosità per un periodo che va dai 300 a qualche migliaio di anni, non si ottiene risposta.
In più, si osserva che se si imboccasse massicciamente la strada del nucleare, si finirebbe col creare una pericolosa dipendenza dai paesi produttori di uranio.
In definitiva, si passerebbe dalla padella alla brace: oggi l'Italia si troverebbe costretta a dipendere economicamente (ed anche politicamente) dai paesi produttori di petrolio, domani da quelli di uranio. Rimandando sine die la propria tanto auspicata indipendenza e sovranità. Anche i costi di estrazione dell'uranio saranno destinati a crescere esponenzialmente. Occorre sapere, infatti, che nel periodo gennaio 2006-aprile 2007 si é passati da un costo di estrazione per libbra di uranio di 37,5 dollari a ben 113 dollari. Un aumento di tre volte in poco più di un anno anche a seguito delle forti speculazioni di borsa attuate dai fondi comuni d’investimento. E qual’è uno dei paesi che produce il quantitativo di uranio maggiore su scala mondiale?
E' il Kazakhistan che si trova in un'area già contesa per le rotte petrolifere.
Insomma nulla di nuovo sotto il sole. Oggi guerre per il petrolio, ieri per il carbone, domani per l'uranio. Cambiano gli scenari e la musica di sottofondo ma il canovaccio rimarrà sempre lo stesso:
un'oligarchia di affaristi internazionali che investiranno i profitti realizzati in precedenza nel campo petrolifero per ottenere nuovi e più lauti guadagni nel settore dell'energia nucleare.

Allora che fare per non restare avvinghiati esclusivamente nel campo della pars destruens? Quali
alternative proporre per ribaltare l'asse della discussione?

DA MODUGNO PARTE LA SFIDA ALLE LOBBIES DELL'ENERGIA.
Semplice. Partire dalle esperienze già avviate, potenziarle e rilanciarle con forza, decisione e
coraggio. Forse pochi sanno che proprio Modugno, in Terra di Bari, potrebbe diventare l'omphalos,
l'ombelico del mondo. Modugno, in questi ultimi anni, é diventata protagonista di una battaglia di legalità e di civiltà che vede quotidianamente impegnati i propri abitanti contro l'insediamento di inceneritori e di centrali turbogas che, laddove entrassero in esercizio, potrebbero compromettere gravemente la già minacciata salute dei propri residenti.
E sempre da Modugno, in quella Puglia dei veleni, si potrebbero invertire di 180° i destini del
mondo. L'artefice di questo possibile ed auspicabile cambio di rotta si chiama Vito Antonio
Catinella. A molti potrebbe non dire nulla il suo nome. A chi scrive queste righe e che ha avuto
l'onore di conoscerlo dice tutto: un genio. Un genio di quelli buoni, umili e semplici che si
incontrano quasi mai nella vita. Un genio il cui intelletto é, probabilmente, strumento della grazia divina. Cinquantatre anni il prossimo sedici marzo, Vito ha alle spalle un'intera esistenza al servizio delle progettazioni e delle invenzioni conseguendo numerosi brevetti europei ed internazionali e meritandosi un’immensa stima da parte di fisici ricercatori e scienziati.
E chi si aspetta di trovarsi innanzi un solone, un accademico borioso e spocchioso avrà un’amara
sorpresa poiché Vito é un cuore buono e umile il cui genio non ha subìto influenze o addestramenti
in nessuna rigida accademia od università (pensate, può esibire soltanto una licenza media!) e si è alimentato nella solitudine del suo mondo fatto di minuziose ricerche e di infiniti esperimenti.
In lui, la meticolosa osservazione e la riproduzione artificiale dei fenomeni, si mescolano con una impressionante intuizione ispirata. Il tradizionale metodo scientifico deduttivo secondo il quale dal fenomeno è possibile risalire ad una legge cosiddetta matematica o fisica, (ossia eterna ed universale), in Vito Antonio Catinella viene sostituito da un metodo induttivo in cui sembra che la sua genialità affondi la creazione nella stessa intrinseca legge eterna ed universale e a poco a poco la dipani con la stessa naturalezza e lo stesso stupore con cui un bambino manovra il suo giocattolo.
Un curioso aneddoto: in età pre-scolare si divertiva a mandare in corto circuito l’impianto elettrico della propria abitazione per poi suggerire, al padre infuriato, le indicazioni per ripristinarlo. Sembra una favola, vero? Però l’uomo moderno è troppo cresciuto per credere ancora alle favole. E invece, forse è tempo di ricominciare a credere e di gridare a queste civiltà ormai ridotte allo stremo delle proprie forze, che probabilmente l’Eterno non si è ancora stancato del tutto dell’uomo al punto da regalargli una nuova speranza per ricominciare.

In pratica, ecco molto sinteticamente in cosa consiste il progetto rivoluzionario di Vito Antonio
Catinella. Una "struttura meccanica oscillante per produrre energia elettrica dal movimento di un
pendolo magnetico attraverso il moto ondoso". In sostanza trattasi di una boa che, col semplice
galleggiamento, mette in movimento un pendolo nella parte emersa della struttura. Al passaggio del pendolo, i magneti in esso inseriti, attirano i magneti presenti nella parte sottostante e statica della boa. Attorno a questi ultimi sono, infine, avvolte bobine in rame all’interno delle quali inizia a circolare corrente in virtù del fenomeno dell’induzione magnetica.
Già questo é di per sé sufficiente a farci comprendere la portata rivoluzionaria del progetto ma Vito Antonio Catinella é un genio perché il suo progetto consente anche di ottenere altri fondamentali risultati. E' possibile, infatti, accumulare energia nelle ore notturne ed ottenere idrogeno con successivo utilizzo dello stesso in altri importanti settori energetici. In più, esiste la fattibile possibilità di ottenere acqua potabile mediante il processo dell’osmosi inversa. Infine, il mega impianto consente di trasportare l’energia prodotta sulla piattaforma fino alla terra ferma anche a miglia di km di distanza. La resa? Parliamo di Gigawatt, ossia l'equivalente dell'energia prodotta da qualche centrale nucleare. Con la differenza che il progetto di Vito Antonio Catinella, asseconda le leggi del creato ed é energia prodotta in maniera sicura e pulita. L'energia nucleare presenta, viceversa, tutti i rischi e le implicazioni già evidenziate.
Ci si chiederà: ma il progetto è pura teoria oppure é già passato al vaglio di qualche esperto? Vito Antonio Catinella é titolare del brevetto internazionale per questa invenzione ed ha già concesso alla Puglia Energie Alternative S.r.l. Bari società creata ad hoc, i diritti di sfruttamento di quest’opera sulla quale hanno creduto fortemente investendo molte risorse economiche, attivando anche il C.E.S.E. società consortile del Politecnico di Bari, per definire il quantitativo energetico producibile, e per il finanziamento della parte relativa allo sviluppo del Prototipo.
Ma per poter essere realizzata su scala internazionale occorrono fondi ed una dose di coraggio non indifferente per sfidare i giganti degli affari. Siamo sicuri che a costoro, il progetto del genio di tutti i tempi, Vito Antonio Catinella, abitante a Modugno nel quartiere periferico di Piscina dei Preti, non piace. A noi, romantici e sognatori, invece sì e con il genio buono lanciamo ancora una volta la nostra sfida al mondo.

Auspichiamo, però, di avere al nostro fianco le istituzioni che a parole si dicono pronte a salvare il mondo. Pensiamo, ad esempio, al presidente della Regione Puglia, Vendola così attento e sensibile ai temi della salvaguardia ambientale. Pensiamo all’europarlamentare pugliese, Adriana Poli Bortone che potrebbe giocare un ruolo decisivo in Europa. Pensiamo a tutti gli uomini di buona volontà che desiderano impegnarsi per una battaglia di civiltà e di cultura. Basta poco. Occorre solo cominciare a crederci.

Modugno (Terra di Bari), 13.III.2009

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