(ANSA) - Titoli di stato Usa falsi, per un valore di seimila miliardi di dollari - più del doppio dell'intero debito pubblico italiano - sono stati sequestrati in Svizzera dai carabinieri del Ros per ordine della Procura della Repubblica di Potenza. I titoli falsi erano contenuti in tre casse, solo apparentemente della Federal Reserve.
La "totale falsità " dei titoli, apparentemente emessi nel 1934 dalla Federal Reserve, è stata accertata da funzionari della stessa Banca centrale americana e da personale in servizio presso l'Ambasciata Usa a Roma. Dalle indagini - che hanno portato oggi all'emissione di un'ordinanza di custodia cautelare nei riguardi di otto persone - è emerso che le tre casse, con i titoli falsi, erano state trasportate da Hong Kong a Zurigo nel gennaio del 2007 e prese in carico da una società fiduciaria elvetica.
Da collegare con quest'altra notizia di due anni e mezzo fa:
Fermati giapponesi e filippini: forse tentavano una truffa - Il mistero dei bond falsi - Miliardi verso la Svizzera - Titoli di Stato Usa. «Risalgono agli anni ’30»
MALPENSA (Varese) — Già la prima volta sembrava impossibile: 131 miliardi (miliardi!) di dollari Usa in titoli di Stato sequestrati in un colpo solo a due giapponesi. Accadeva all’inizio di giugno alla frontiera ferroviaria italo-svizzera di Chiasso. Mistero sulla loro provenienza e sulla loro destinazione. Adesso il mistero si moltiplica per due perché lo scorso agosto uno stock quasi identico di bond americani è stato intercettato all’aeroporto di Malpensa nel bagaglio di due filippini diretti in Svizzera: stavolta addirittura 180 miliardi di dollari, l’equivalente del debito di un Paese come il Brasile, roba in grado di terremotare l’intero mercato finanziario del pianeta.
Chi sta cercando di piazzare una quantità di bond e obbligazioni per un valore pari a due punti di pil americano? E cosa sarebbe successo se a Chiasso e a Malpensa non fossero intervenuti gli uomini in divisa? A far rientrare parzialmente l’allarme c’è una notizia dell’ultima ora che trapela dagli ambienti investigativi: i titoli bloccati a Malpensa sono quasi certamente delle patacche. E quasi certamente lo sono anche quelli di Chiasso perché i due carichi appartenevano quasi interamente alla stessa partita: titoli — in apparenza — emessi dal governo americano negli anni ’30, all’indomani della Grande Depressione. La Guardia di Finanza di Malpensa attende nelle prossime ore una mail dagli Stati Uniti: sarebbe la conferma che quella trasportata dai due filippini è in realtà solo carta straccia.
«Ma di certo nessuno ha interesse a dire che i bond di Malpensa e Chiasso sono veri... » si lascia maliziosamente sfuggire uno degli inquirenti. Senza dubbio: se i titoli venissero messi tutti all’incasso, le finanze Usa andrebbero a fondo in un battibaleno e lo Stato dovrebbe dichiarare bancarotta. Ma il giallo finanziario resta tutto. L’ultimo capitolo lo hanno scritto a Ferragosto i finanzieri all’aeroporto milanese, controllando il contenuto di due valigette 24 ore in mano a una coppia di viaggiatori con passaporto filippino: 180 miliardi di dollari, seppur non in contanti, una cifra comunque sbalorditiva e senza precedenti. I due fanno scena muta di fronte alle domande degli inquirenti e per loro scatta (e perdura) l’arresto, anche perché la Finanza ha ben presente quanto accaduto due mesi prima ai loro colleghi di Chiasso. Ai primi di giugno, su un treno diretto a Basilea ci sono due distinti signori giapponesi, Akihiro Yamaguchi e Mitsuyoshi Watanabe: in un doppio fondo delle loro valigie ci sono bond americani per 131 miliardi di dollari. Una piccola parte del carico è costituita da «Kennedy bonds» emessi fino agli anni ’90 e così chiamati perché riportano l’effigie del presidente ucciso a Dallas; la maggior parte, invece, sono titoli antecedenti la Seconda Guerra mondiale. «Ai finanzieri i due dissero che si trattava di reperti storici senza valore», ricorda l’avvocato comasco Massimo Scopelliti che fu chiamato come difensore d’ufficio. Sarà, ma perché nascondere dei souvenir in un doppio fondo?
Yamaguchi e Mitsuyoshi vengono subito rilasciati dalle autorità italiane e da allora sono spariti. La notizia fa quasi subito il giro del mondo scatenando specie negli Usa reazioni ufficiali e fantasiose congetture. Una foto dei titoli sequestrati viene inviata via mail a Washington e il 19 giugno Stephen Meyerhardt, portavoce del Tesoro americano dichiara: «Quei titoli sono falsi». Ma il giudizio si basa solo su una immagine scannerizzata e su una considerazione: di quelle obbligazioni negli anni ’30 ne risultano emesse per un valore di 105 miliardi, molto meno dunque di quanto sequestrato a Chiasso. Si aggiunge al coro anche Darrin Blackford, «spokeman» della Cia che il 25 giugno dichiara: «Quei titoli non sono stati emessi dal governo Usa». Ma le fonti, benché ufficiali, non rassicurano la stampa americana: il Financial Times arriva a ipotizzare lo zampino della mafia nel traffico dei bond, ma è solo una ipotesi che appare più dettata dal folclore (se quei titoli vengono dall’Italia, deve esserci per forza di mezzo il Padrino). Il «carico da 11» ce lo mettono invece qualche giorno dopo l’agenzia Asia News e il giornalista americano Hal Turner: i titoli sono veri e il governo giapponese sta tentando di liquidarli perché non crede più nelle possibilità del governo Usa di far fronte al suo debito pubblico; a supporto della tesi viene aggiunto un particolare suggestivo: uno dei due businessmen giapponesi transitati da Chiasso è imparentato con un alto dirigente del Tesoro giapponese. Ma Turner non è in grado di citare le fonti del suo scoop e la sparata si riduce a un semplice fuoco d’artificio.
Su Internet a questo punto circola una nuova versione: durante la Seconda guerra, diversi Paesi belligeranti hanno stampato e messo in circolazione moneta e titoli dei Paesi nemici perfettamente contraffatta. Ecco perché dei giapponesi (o dei filippini) sono in possesso di titoli americani degli anni '30, ecco perché quanto sequestrato a Chiasso e Malpensa può essere gettato nel cestino. Se anche così fosse, resta in piedi un interrogativo: quale era lo scopo dei corrieri dei bond? Secondo fonti della Finanza italiana l’obiettivo era depositarne una piccola parte in banche svizzere a mo’ di garanzia e sperare in questo modo di ottenere denaro contante. Nessun terremoto finanziario planetario, insomma, ma solo una versione di Totò e Peppino con gli occhi a mandorla. Una risposta definitiva è attesa nei prossimi giorni: a Como si riunirà una commissione di esperti Usa che esaminerà «de visu» i bond di Chiasso, la Finanza di Malpensa annuncia la chiusura delle indagini per i prossimi giorni.
Claudio Del Frate
20 settembre 2009
Link: http://www.corriere.it/
http://www.corriere.it/cronache/09_settembre_20/bond_falsi_delfrate_661f9a3e-a5c6-11de-a2a4-00144f02aabc.shtml
20.09.2009
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