Due sono le più grandi INDULGENZE. PLENARIE.
E vengono da Dio, da Me Pontefice eterno. (Gesù a Maria Valtorta – Quaderni 19 marzo 1944)
ESTRATTO DAL MANUALE DELLE INDULGENZE
LIBRERIA EDITRICE VATICANA
CITTA’ DEL VATICANO
Quanto segue è tratto dall'Enchiridion indulgentiarum o Manuale delle indulgenze, pubblicato su Acta Apostolicae Sedis il 29 luglio 1968.
Indulgenza plenaria
In articulo mortis (In punto di morte)
Al fedele in pericolo di morte, che non possa essere assistito da un sacerdote che gli amministri i sacramenti e gli impartisca la benedizione apostolica con l'annessa indulgenza plenaria, la santa Madre Chiesa concede ugualmente l'indulgenza plenaria in punto di morte, purché sia debitamente disposto e abbia recitato abitualmente durante la vita qualche preghiera. Per l'acquisto di tale indulgenza è raccomandabile l'uso del crocifisso o della croce.
Per l'acquisto dell'indulgenza, da parte del moribondo si richiede:
a) che invochi con la bocca o almeno col cuore il nome di Gesù;
b) che accetti la morte dalle mani del Signore come pena del peccato.
La condizione "purché abbia recitato abitualmente durante la vita qualche preghiera" supplisce in questo caso le tre solite condizioni richieste per l'acquisto dell'indulgenza plenaria.
Questa indulgenza plenaria in punto di morte può essere lucrata dal fedele che, nello stesso giorno abbia già acquistato un'altra indulgenza plenaria.
Indulgenza plenaria.
Gesù a Maria Valtorta:
“Conoscete tante indulgenze e vi sono anime piccine (non piccole: piccine) le quali, nella loro religione ristretta e fasciata dalle pratiche come una mummia fra le tenebre di un ipogeo, fanno la somma giornaliera di quanti giorni di indulgenza acquistano con questa o quella preghiera.
Le indulgenze ci sono perché ne godiate nella vita futura, è vero.
Ma fate luce, date ala alla vostra anima e alla vostra religione. Sono cose celesti.
Non fatene delle schiave imprigionate in buia carcere.
Luce, luce, ala, ala. Alzatevi! Amate!
Pregate per amare, siate buoni per amare, vivete per amare.
Due sono le più grandi INDULGENZE. PLENARIE.
E vengono da Dio, da Me Pontefice eterno.
Quella dell’amore che copre la moltitudine di peccati. Li distrugge nel suo fuoco. Chi ama con tutte le sue forze consuma di attimo in attimo le sue umane imperfezioni. PIÙ DI IMPERFEZIONI NON FA CHI AMA.(…) La seconda plenaria indulgenza data da Dio è quella di una morte rassegnata, quale che sia il genere di essa; una morte volonterosa di fare l’estrema obbedienza a Dio.
La morte è sempre un calvario. Grande o piccino. (…) Ogni morte santa è gloria resa a Dio. 19.3.44
Tutte le morti sono gloria resa a Dio quando sono accettate e subite con santità. Lungi da voi la anche santa invidia di questa o quella morte. Lungi la misurazione umana del valore di questa o di quella morte. La morte è una volontà di Dio che si compie (….) la morte è sempre l’estrema obbedienza a Dio che ha comminato la morte all’uomo per il suo peccato. 19.3.44
La morte del giusto è come quella della rosa, è come il sonno dell’uccello. Dolce, bella, gradita al Signore. Nell’arena di un circo o nel buio del carcere, fra gli affetti familiari o nella solitudine di chi è senza nessuno, rapida o lunga di tormenti, essa è sempre, sempre, sempre gloria resa a Dio.
Accettatela con pace. Desideratela con pace. Compitela con pace. La mia pace permanga in voi anche in questa prova, in questo desiderio, in questa consumazione. Abbiate già la mia pace eterna in voi, sin da ora, e per questa estrema cosa. 19.3.44
Maria Valtorta – Quaderni 19 marzo 1944
martedì 21 gennaio 2014
venerdì 20 dicembre 2013
Racconto di Natale di Dino Buzzati
Buon Natale e un Felice Anno Nuovo

![]() |
El Greco, La Sacra Famiglia |
In questa occasione consiglio la lettura di un racconto di Natale poco conosciuto, in
cui l'"ateo - credente" Dino
Buzzati coglie, in una narrazione breve
ed ingenua in apparenza, il significato autentico del Natale, che risiede nella
condivisione dell'amore divino. –
Racconto che ad ogni buon conto riporto di seguito:
RACCONTO DI NATALE
di Dino Buzzati (l’autore de Il deserto dei Tartari)
di Dino Buzzati (l’autore de Il deserto dei Tartari)
Tetro e ogivale è
l'antico palazzo dei vescovi, stillante salnitro dai muri, rimanerci è un
supplizio nelle notti d'inverno. E l'adiacente cattedrale è immensa, a girarla
tutta non basta una vita, e c'è un tale intrico di cappelle e sacrestie che,
dopo secoli di abbandono, ne sono rimaste alcune pressoché inesplorate. Che
farà la sera di Natale - ci si domanda – lo scarno arcivescovo tutto solo,
mentre la città è in festa? Come potrà vincere la malinconia? Tutti hanno una
consolazione: il bimbo ha il treno e pinocchio, la sorellina ha la bambola, la
mamma ha i figli intorno a sé, il malato una nuova speranza, il vecchio scapolo
il compagno di dissipazioni, i1 carcerato la voce di un altro dalla cella vicina.
Come farà l'arcivescovo? Sorrideva lo zelante don Valentino, segretario di sua
eccellenza, udendo la gente parlare così. L'arcivescovo ha Dio, la sera di
Natale. Inginocchiato solo soletto nel mezzo della cattedrale gelida e deserta
a prima vista potrebbe quasi far pena, e invece se si sapesse! Solo soletto non
è, non ha neanche freddo, né si sente abbandonato. Nella sera di Natale Dio
dilaga nel tempio, per l'arcivescovo, le navate ne rigurgitano letteralmente,
al punto che le porte stentano a chiudersi; e, pur mancando le stufe, fa così
caldo che le vecchie bisce bianche si risvegliano nei sepolcri degli storici
abati e salgono dagli sfiatatoi dei sotterranei sporgendo gentilmente la testa
dalle balaustre dei confessionali.
Così, quella sera il Duomo; traboccante di Dio. E benché sapesse che non gli competeva, don Valentino si tratteneva perfino troppo volentieri a disporre l'inginocchiatoio del presule. Altro che alberi, tacchini e vino spumante. Questa, una serata di Natale. Senonché in mezzo a questi pensieri, udì battere a una porta. "Chi bussa alle porte del Duomo" si chiese don Valentino "la sera di Natale? Non hanno ancora pregato abbastanza? Che smania li ha presi?" Pur dicendosi così andò ad aprire e con una folata divento entrò un poverello in cenci.
"Che quantità di Dio! " esclamò sorridendo costui guardandosi intorno- "Che bellezza! Lo si sente perfino di fuori.
Monsignore, non me ne potrebbe lasciare un pochino? Pensi, è la sera di Natale. "
"E' di sua eccellenza l'arcivescovo" rispose il prete. "Serve a lui, fra un paio d'ore. Sua eccellenza fa già la vita di un santo, non pretenderai mica che adesso rinunci anche a Dio! E poi io non sono mai stato monsignore."
"Neanche un pochino, reverendo? Ce n'è tanto! Sua eccellenza non se ne accorgerebbe nemmeno!"
"Ti ho detto di no... Puoi andare... Il Duomo è chiuso al pubblico" e congedò il poverello con un biglietto da cinque lire.
Ma come il disgraziato uscì dalla chiesa, nello stesso istante Dio disparve. Sgomento, don Valentino si guardava intorno, scrutando le volte tenebrose: Dio non c'era neppure lassù. Lo spettacoloso apparato di colonne, statue, baldacchini, altari, catafalchi, candelabri, panneggi, di solito così misterioso e potente, era diventato all'improvviso inospitale e sinistro. E tra un paio d'ore l'arcivescovo sarebbe disceso.
Con orgasmo don Valentino socchiuse una delle porte esterne, guardò nella piazza. Niente. Anche fuori, benché fosse Natale, non c'era traccia di Dio. Dalle mille finestre accese giungevano echi di risate, bicchieri infranti, musiche e perfino bestemmie. Non campane, non canti.
Don Valentino uscì nella notte, se n'andò per le strade profane, tra fragore di scatenati banchetti. Lui però sapeva l'indirizzo giusto. Quando entrò nella casa, la famiglia amica stava sedendosi a tavola. Tutti si guardavano benevolmente l'un l'altro e intorno ad essi c'era un poco di Dio.
"Buon Natale, reverendo" disse il capofamiglia. "Vuol favorire?"
"Ho fretta, amici" rispose lui. "Per una mia sbadataggine Iddio ha abbandonato il Duomo e sua eccellenza tra poco va a pregare. Non mi potete dare il vostro? Tanto, voi siete in compagnia, non ne avete un assoluto bisogno."
"Caro il mio don Valentino" fece il capofamiglia. "Lei dimentica, direi, che oggi è Natale. Proprio oggi i miei figli dovrebbero far a meno di Dio? Mi meraviglio, don Valentino."
E nell'attimo stesso che l'uomo diceva così Iddio sgusciò fuori dalla stanza, i sorrisi giocondi si spensero e il cappone arrosto sembrò sabbia tra i denti.
Via di nuovo allora, nella notte, lungo le strade deserte. Cammina cammina, don Valentino infine lo rivide. Era giunto alle porte della città e dinanzi a lui si stendeva nel buio, biancheggiando un poco per la neve, la grande campagna. Sopra i prati e i filari di gelsi, ondeggiava Dio, come aspettando. Don Valentino cadde in ginocchio.
"Ma che cosa fa, reverendo?" gli domandò un contadino. "Vuoi prendersi un malanno con questo freddo?"
"Guarda laggiù figliolo. Non vedi?"
Il contadino guardò senza stupore. "È nostro" disse. "Ogni Natale viene a benedire i nostri campi."
" Senti " disse il prete. "Non me ne potresti dare un poco? In città siamo rimasti senza, perfino le chiese sono vuote. Lasciamene un pochino che l'arcivescovo possa almeno fare un Natale decente."
"Ma neanche per idea, caro il mio reverendo! Chi sa che schifosi peccati avete fatto nella vostra città. Colpa vostra. Arrangiatevi."
"Si è peccato, sicuro. E chi non pecca? Ma puoi salvare molte anime figliolo, solo che tu mi dica di sì."
"Ne ho abbastanza di salvare la mia!" ridacchiò il contadino, e nell'attimo stesso che lo diceva, Iddio si sollevò dai suoi campi e scomparve nel buio.
Andò ancora più lontano, cercando. Dio pareva farsi sempre più raro e chi ne possedeva un poco non voleva cederlo (ma nell'atto stesso che lui rispondeva di no, Dio scompariva, allontanandosi progressivamente).
Ecco quindi don Valentino ai limiti di una vastissima landa, e in fondo, proprio all'orizzonte, risplendeva dolcemente Dio come una nube oblunga. Il pretino si gettò in ginocchio nella neve. "Aspettami, o Signore " supplicava "per colpa mia l'arcivescovo è rimasto solo, e stasera è Natale!"
Aveva i piedi gelati, si incamminò nella nebbia, affondava fino al ginocchio, ogni tanto stramazzava lungo disteso. Quanto avrebbe resistito?
Finché udì un coro disteso e patetico, voci d'angelo, un raggio di luce filtrava nella nebbia. Aprì una porticina di legno: era una grandissima chiesa e nel mezzo, tra pochi lumini, un prete stava pregando. E la chiesa era piena di paradiso.
"Fratello" gemette don Valentino, al limite delle forze, irto di ghiaccioli "abbi pietà di me. Il mio arcivescovo per colpa mia è rimasto solo e ha bisogno di Dio. Dammene un poco, ti prego."
Lentamente si voltò colui che stava pregando. E don Valentino, riconoscendolo, si fece, se era possibile, ancora più pallido.
"Buon Natale a te, don Valentino" esclamò l'arcivescovo facendosi incontro, tutto recinto di Dio. "Benedetto ragazzo, ma dove ti eri cacciato? Si può sapere che cosa sei andato a cercar fuori in questa notte da lupi?"
Così, quella sera il Duomo; traboccante di Dio. E benché sapesse che non gli competeva, don Valentino si tratteneva perfino troppo volentieri a disporre l'inginocchiatoio del presule. Altro che alberi, tacchini e vino spumante. Questa, una serata di Natale. Senonché in mezzo a questi pensieri, udì battere a una porta. "Chi bussa alle porte del Duomo" si chiese don Valentino "la sera di Natale? Non hanno ancora pregato abbastanza? Che smania li ha presi?" Pur dicendosi così andò ad aprire e con una folata divento entrò un poverello in cenci.
"Che quantità di Dio! " esclamò sorridendo costui guardandosi intorno- "Che bellezza! Lo si sente perfino di fuori.
Monsignore, non me ne potrebbe lasciare un pochino? Pensi, è la sera di Natale. "
"E' di sua eccellenza l'arcivescovo" rispose il prete. "Serve a lui, fra un paio d'ore. Sua eccellenza fa già la vita di un santo, non pretenderai mica che adesso rinunci anche a Dio! E poi io non sono mai stato monsignore."
"Neanche un pochino, reverendo? Ce n'è tanto! Sua eccellenza non se ne accorgerebbe nemmeno!"
"Ti ho detto di no... Puoi andare... Il Duomo è chiuso al pubblico" e congedò il poverello con un biglietto da cinque lire.
Ma come il disgraziato uscì dalla chiesa, nello stesso istante Dio disparve. Sgomento, don Valentino si guardava intorno, scrutando le volte tenebrose: Dio non c'era neppure lassù. Lo spettacoloso apparato di colonne, statue, baldacchini, altari, catafalchi, candelabri, panneggi, di solito così misterioso e potente, era diventato all'improvviso inospitale e sinistro. E tra un paio d'ore l'arcivescovo sarebbe disceso.
Con orgasmo don Valentino socchiuse una delle porte esterne, guardò nella piazza. Niente. Anche fuori, benché fosse Natale, non c'era traccia di Dio. Dalle mille finestre accese giungevano echi di risate, bicchieri infranti, musiche e perfino bestemmie. Non campane, non canti.
Don Valentino uscì nella notte, se n'andò per le strade profane, tra fragore di scatenati banchetti. Lui però sapeva l'indirizzo giusto. Quando entrò nella casa, la famiglia amica stava sedendosi a tavola. Tutti si guardavano benevolmente l'un l'altro e intorno ad essi c'era un poco di Dio.
"Buon Natale, reverendo" disse il capofamiglia. "Vuol favorire?"
"Ho fretta, amici" rispose lui. "Per una mia sbadataggine Iddio ha abbandonato il Duomo e sua eccellenza tra poco va a pregare. Non mi potete dare il vostro? Tanto, voi siete in compagnia, non ne avete un assoluto bisogno."
"Caro il mio don Valentino" fece il capofamiglia. "Lei dimentica, direi, che oggi è Natale. Proprio oggi i miei figli dovrebbero far a meno di Dio? Mi meraviglio, don Valentino."
E nell'attimo stesso che l'uomo diceva così Iddio sgusciò fuori dalla stanza, i sorrisi giocondi si spensero e il cappone arrosto sembrò sabbia tra i denti.
Via di nuovo allora, nella notte, lungo le strade deserte. Cammina cammina, don Valentino infine lo rivide. Era giunto alle porte della città e dinanzi a lui si stendeva nel buio, biancheggiando un poco per la neve, la grande campagna. Sopra i prati e i filari di gelsi, ondeggiava Dio, come aspettando. Don Valentino cadde in ginocchio.
"Ma che cosa fa, reverendo?" gli domandò un contadino. "Vuoi prendersi un malanno con questo freddo?"
"Guarda laggiù figliolo. Non vedi?"
Il contadino guardò senza stupore. "È nostro" disse. "Ogni Natale viene a benedire i nostri campi."
" Senti " disse il prete. "Non me ne potresti dare un poco? In città siamo rimasti senza, perfino le chiese sono vuote. Lasciamene un pochino che l'arcivescovo possa almeno fare un Natale decente."
"Ma neanche per idea, caro il mio reverendo! Chi sa che schifosi peccati avete fatto nella vostra città. Colpa vostra. Arrangiatevi."
"Si è peccato, sicuro. E chi non pecca? Ma puoi salvare molte anime figliolo, solo che tu mi dica di sì."
"Ne ho abbastanza di salvare la mia!" ridacchiò il contadino, e nell'attimo stesso che lo diceva, Iddio si sollevò dai suoi campi e scomparve nel buio.
Andò ancora più lontano, cercando. Dio pareva farsi sempre più raro e chi ne possedeva un poco non voleva cederlo (ma nell'atto stesso che lui rispondeva di no, Dio scompariva, allontanandosi progressivamente).
Ecco quindi don Valentino ai limiti di una vastissima landa, e in fondo, proprio all'orizzonte, risplendeva dolcemente Dio come una nube oblunga. Il pretino si gettò in ginocchio nella neve. "Aspettami, o Signore " supplicava "per colpa mia l'arcivescovo è rimasto solo, e stasera è Natale!"
Aveva i piedi gelati, si incamminò nella nebbia, affondava fino al ginocchio, ogni tanto stramazzava lungo disteso. Quanto avrebbe resistito?
Finché udì un coro disteso e patetico, voci d'angelo, un raggio di luce filtrava nella nebbia. Aprì una porticina di legno: era una grandissima chiesa e nel mezzo, tra pochi lumini, un prete stava pregando. E la chiesa era piena di paradiso.
"Fratello" gemette don Valentino, al limite delle forze, irto di ghiaccioli "abbi pietà di me. Il mio arcivescovo per colpa mia è rimasto solo e ha bisogno di Dio. Dammene un poco, ti prego."
Lentamente si voltò colui che stava pregando. E don Valentino, riconoscendolo, si fece, se era possibile, ancora più pallido.
"Buon Natale a te, don Valentino" esclamò l'arcivescovo facendosi incontro, tutto recinto di Dio. "Benedetto ragazzo, ma dove ti eri cacciato? Si può sapere che cosa sei andato a cercar fuori in questa notte da lupi?"
domenica 1 dicembre 2013
Napoleone cattolico dimostra l'esistenza di Dio
NAPOLEONE BONAPARTE
CONVERSAZIONI SUL
CRISTIANESIMO
Ragionare nella fede
Prefazione
Giacomo Biffi
Traduzione
Vito Patella
Curatela
Giorgio Carbone O.P.
Titolo originale: Sentiment de
Napoléon sur le christianisme, Conversations
religieuses, recueillies à Sainte Hélène par M. le
Général Comte de
Montholon et parM. le Chevalier de Beauterne,Waille, Paris 1843.
Prova
dell’esistenza di Dio
Il generale Bertrand
diceva all’Imperatore: «Sire, lei crede
in Dio, e anch’io credo;
ma insomma, che cosa ne sa?
L’ha per caso visto?».
E l’Imperatore
replicava: «Che cosa è Dio? Che cosa ne
so io? Ma allora,
risponda lei a questa domanda: Come
giudica se un uomo è
geniale? È una cosa che lei ha mai
vista, dico il genio?
Che cosa ne sa lei, per credere nel
genio? La risposta è: si
vede l’effetto, e da questo si risale
alla causa, e si crede
che questa causa esista, insomma
che essa sia reale. Le
faccio questo esempio: quando
durante una battaglia le
cose si mettono al peggio, lei
cosa fa? Comincia a
guardare verso di me, per trovare
una via d’uscita. Perché
guarda a me? Perché ha l’istinto
di credere nel mio
genio; ne ha bisogno. Nel folto della
mischia, quando le sorti
della battaglia erano incerte, perché
lei, generale, mi
cercava con lo sguardo, le sue labbra
quasi mi chiamavano, e
da ogni parte si sentiva gridare:
Dov’è l’Imperatore, e quali
sono i suoi ordini? E questo
era il grido
dell’istinto, e della fede in me.
Ecco, anch’io ho un
istinto, una fede, una certezza, un
grido che mio malgrado
esce dal mio petto, quando rifletto
e guardo la natura, e mi
dico: Dio! Resto ammirato
e grido: Sì, Dio c’è!
Come le mie vittorie hanno convinto
lei a credere in me;
così l’universo mi fa credere in Dio.
Io credo in Dio, a causa
di ciò che vedo, e di ciò che
sento. Questi effetti
mirabili dell’onnipotenza divina non
sono altrettanto
eloquenti delle mie vittorie? Cosa vuole
che sia la manovra
militare più brillante, a confronto del
movimento degli astri?
Lei che crede al genio,
mi dica, la prego, da dove vengono
all’uomo di genio
l’inventiva, l’ispirazione, l’intuito?
Mi risponda! Qual è la
causa prima d tutto ciò? Lei dirà
che lo ignora. Anch’io.
Ma il talento di cui parliamo non
è forse altrettanto
evidente e tangibile di tanti fatti?
Se ci sono tante
differenze tra gli uomini, Qualcuno ha
creato queste
differenze, e questo Qualcuno non è né lei,
né io. Ma rimane il
fatto che il genio è solo un vocabolo
che non ci dice niente
sulle sue cause.
E se qualcuno mi
obietta: Sono gli organi! Ecco, questa è
una sciocchezza buona
per un sempliciotto, non certo
per me: mi capisce?
Il suo spirito,
generale, è forse uguale a quello del pastore
che di qui vediamo nella
valle a sorvegliare le pecore?
Non c’è, tra il suo
spirito e quello del pastore, la stessa differenza
che c’è tra quello di un
cavallo e quello di un
uomo? Sì? Ma come fa ad
affermarlo con tanta sicurezza?
Lei in realtà non ha mai
visto lo spirito di quell’uomo, perché
lo spirito è invisibile.
Però, lei ha parlato con quel
pastore, gli ha fatto
delle domande e dalle risposte lei ha
capito chi egli sia;
cioè lei ha capito la causa dagli effetti, e
ha ragione. Certamente,
la sua intelligenza, la sua ragione,
insomma le sue facoltà
sono superiori a quelle del pastore.
Ecco, a me gli effetti
divini fanno pensare a una causa
divina, perché c’è una
ragione superiore, un Essere Infinito,
che è la causa delle
cause, ed è anche la causa della
sua [di Bertrand]
intelligenza.
Generale Bertrand, c’è
un Essere Infinito in confronto al
quale lei non è che un
atomo; in confronto al quale anch’io,
Napoleone, con tutto il
mio genio, sono niente: lo
capisce? Io lo sento,
questo Dio… lo vedo… ne ho bisogno…
credo in lui… E se lei
non crede, peggio per lei…
Ma a me la cosa sta a
cuore… alla buon’ora, generale,
lei crede in Dio! Io
perdono molte cose,ma ho orrore degli
atei e dei materialisti…Cosa
vuole che io abbia in comune
con un uomo che non
crede all’esistenza dell’anima, e che
crede che l’uomo sia un
mucchio di fango? Cosa vuole che
io abbia in comune con
un uomo che pretende che io sia,
come
lui pensa di essere, solo un mucchio di fango?».
Fonte: www.edizionistudiodomenicano
giovedì 7 novembre 2013
La preghiera è necessaria per ottenere le grazie
A Santa Maria degli Angeli
L'abate Cestac, morto nel 1686, fu un'anima abituata ai favori della Vergine Maria. Un giorno fu improvvisamente colpito come da un raggio di luce divina. Vide i demoni spandersi in tutta la terra e cagionarvi indicibili rovine. Nello stesso tempo vide la Vergine che gli disse che difatti demoni erano scatenati sul mondo e che era tempo di invocarla qual Regina degli Angeli, affinché Ella inviasse le sue Sante Legioni per atterrare le potenze dell'inferno.
"Madre mia -disse l'abate Cestac- Tu che sei così buona, non potresti inviare i tuoi Angeli, senza che te lo si domandi?". "No -rispose Maria Santissima- la preghiera è una condizione posta da Dio stesso per l'impetrazione delle grazie". "Ebbene, mia buona Madre, vorresti Tu stessa insegnarmi come pregarti?".
E l'abate Cestac ricevette la seguente preghiera a Maria Regina degli Angeli:
"Augusta Regina del cielo e Signora degli Angeli, che ricevesti da Dio il potere e la missione di schiacciare la testa a satana, noi ti preghiamo umilmente di inviare le Legioni celesti, con a capo San Michele Arcangelo, affinché, sotto i tuoi ordini, inseguano i demoni, li combattano dappertutto, reprimano la loro audacia e li respingano nell'abisso: "Chi è come Dio?". O buone e tenera Madre, Tu sarai sempre il nostro amore e la nostra speranza. O Divina Madre, invia i Santi Angeli per difenderci e per respingere lungi da noi il crudele nemico. Santi Angeli e Arcangeli, difendeteci, custoditeci. Amen.
Dalla filotea mariana "Un segreto di felicità" del Padre Francesco M. Avidano
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L'abate Cestac, morto nel 1686, fu un'anima abituata ai favori della Vergine Maria. Un giorno fu improvvisamente colpito come da un raggio di luce divina. Vide i demoni spandersi in tutta la terra e cagionarvi indicibili rovine. Nello stesso tempo vide la Vergine che gli disse che difatti demoni erano scatenati sul mondo e che era tempo di invocarla qual Regina degli Angeli, affinché Ella inviasse le sue Sante Legioni per atterrare le potenze dell'inferno.
"Madre mia -disse l'abate Cestac- Tu che sei così buona, non potresti inviare i tuoi Angeli, senza che te lo si domandi?". "No -rispose Maria Santissima- la preghiera è una condizione posta da Dio stesso per l'impetrazione delle grazie". "Ebbene, mia buona Madre, vorresti Tu stessa insegnarmi come pregarti?".
E l'abate Cestac ricevette la seguente preghiera a Maria Regina degli Angeli:
"Augusta Regina del cielo e Signora degli Angeli, che ricevesti da Dio il potere e la missione di schiacciare la testa a satana, noi ti preghiamo umilmente di inviare le Legioni celesti, con a capo San Michele Arcangelo, affinché, sotto i tuoi ordini, inseguano i demoni, li combattano dappertutto, reprimano la loro audacia e li respingano nell'abisso: "Chi è come Dio?". O buone e tenera Madre, Tu sarai sempre il nostro amore e la nostra speranza. O Divina Madre, invia i Santi Angeli per difenderci e per respingere lungi da noi il crudele nemico. Santi Angeli e Arcangeli, difendeteci, custoditeci. Amen.
Dalla filotea mariana "Un segreto di felicità" del Padre Francesco M. Avidano
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martedì 15 ottobre 2013
La santa Messa: ciò che dicono i santi.
LA SANTA MESSA. Ciò che dicono i santi e Gesù riguardo alla Santa Messa
|
Parole del nostro
Signore Gesù Cristo a San Gertrude (1256-1302)
«Assicurati che, a chi ascolta devotamente la Santa Messa, Io
manderò, negli ultimi istanti della sua vita, tanti dei miei Santi, per
confortarlo e proteggerlo, quante saranno state le Messe da lui bene
ascoltate». (Lib. 3 c.
16).
|
San Girolamo, Sacerdote e
dottore della Chiesa (347-420)
«Il Signore ci accorda tutto
quello che nella Santa Messa Gli domandiamo e, ciò che è più, ci dà quello
che noi non pensiamo neppure di chiedere e che ci è pur necessario.»
San Gregorio Magno, Papa e dottore della Chiesa (540-604)
«La Santa Messa è l’unico sacrificio che fa uscire prestamente
le Anime dalle pene del Purgatorio.»
San Giovanni Crisostomo, Vescovo e
dottore della Chiesa (+407)
«La Santa Messa ha in certa maniera tanto pregio, quanto ne ebbe
per le Anime nostre la morte di Gesù Cristo sulla Croce.»
Sant’Alfonso M. de’ Liguori, V. dottore della Chiesa (1696-1787)
«Dio Stesso non può fare che vi sia un’azione più santa e più
grande della Celebrazione di una Santa Messa».
San Tommaso d’Aquino, Sac. e dottore della Chiesa (1225-1274)
«Tanto vale la Celebrazione della Santa Messa, quanto vale la
Morte di Gesù in Croce».
San Francesco d'Assisi , Patrono d’Italia (1182-1226)
«L’Uomo
deve tremare, il Mondo deve fremere, il Cielo intero deve essere commosso,
quando sull’Altare, tra le mani del Sacerdote, appare il Figlio di Dio».
Santa Teresa di Gesù, Vergine e dottore della Chiesa (1515-1582)
«Senza la Santa Messa che cosa sarebbe di noi? Tutto perirebbe
quaggiù, perché soltanto Essa può fermare il braccio di Dio. Senza di Essa,
certamente, la Chiesa non durerebbe e il Mondo andrebbe disperatamente
perduto.»
San Pio da Pietrelcina, Sacerdote (1887-1968)
«Sarebbe più facile che la Terra si reggesse senza Sole, anziché
senza la Santa Messa”.
«Quando assisti alla
Messa, rinnova la tua fede e medita circa la Vittima che si immola per te
alla Giustizia Divina, per placarla e renderla propizia. Non te ne andare
dall’altare senza versare lacrime di dolore e di amore per Gesù, crocifisso
per la tua salvezza. La Vergine Addolorata ti accompagnerà e sarà
la tua dolce ispirazione».
Che dice la Chiesa riguardo
alla Santa Messa
Gli effetti salutari, poi, che ogni Sacrificio della Santa Messa produce nell’Anima di chi vi partecipa, sono ammirabili:
·
ottiene il pentimento e il perdono delle colpe;
· diminuisce la pena temporale dovuta ai peccati; · indebolisce l’impero di Satana e i furori della concupiscenza; · rinsalda i vincoli dell’incorporazione a Cristo; · preserva da pericoli e disgrazie; · abbrevia la durata del Purgatorio; · procura un più alto grado di gloria in Cielo. |
San Giovanni Maria Vianney, Sacerdote (1786-1859)
«Se conoscessimo il
valore del santo Sacrificio della Messa, qual zelo maggiore porremo mai
nell’ascoltarla.»
«Com’è
felice quell’Angelo Custode che accompagna un’Anima alla Santa Messa!».
San Leonardo da Porto Maurizio , Sacerdote (1676-1751)
«Vale più ascoltare devotamente una Santa Messa che digiunare un
anno a pane e acqua.»
«Io credo che, se non ci fosse la Messa, a quest’ora il
Mondo sarebbe già sprofondato sotto il peso delle sue iniquità. È la Messa il
poderoso sostegno che lo regge».
San Bernardo , Abate e dottore della Chiesa (1090-1153)
«Si merita di più ascoltando devotamente una Santa Messa che col
distribuire ai poveri tutte le proprie sostanze e col girare pellegrinando
tutta la terra.»
Sant’Agostino , Vescovo e
dottore della Chiesa (354-430)
«Tutti
i passi che uno fa per recarsi ad ascoltare la Santa Messa sono da un Angelo
scritti e numerati e per ognuno sarà concesso da Dio sommo premio in terra e
in cielo.»
San Cipriano, Vescovo e martire (210-258)
«La Messa è medicina per sanare le infermità ed olocausto per
pagare le colpe.»
San Pietro Giuliano Eymmard , Sacerdote (1811-1868)
«Sappi, o Cristiano, che
la Santa Messa è l’atto più santo della religione: tu non potresti fare
niente di più glorioso a Dio, né di più vantaggioso alla tua anima che di
ascoltarla piamente ed il più sovente.»
San Bonaventura, Vescovo e dottore della Chiesa (1218-1274)
«La Santa Messa è l’Opera in
cui Dio ci mette sotto gli occhi tutto l’Amore che ci ha portato; è, in un
certo modo, la sintesi di tutti i benefici elargitici».a Dio la Santa Messa
che i meriti di tutti gli Angeli.»
San Filippo Neri, Sacerdote (1515-1595)
«Con l’orazione noi domandiamo a Dio le Grazie; nella
Santa Messa costringiamo Dio a darcele».
San Lorenzo Giustiniani , Vescovo (1381-1456)
«È più accetta a Dio la Santa Messa che i meriti di tutti gli
Angeli.»
Nessuna lingua
umana può enumerare i favori dei
quali è sorgente il Sacrificio della Messa: ·il peccatore si riconcilia con
Dio;
· il giusto diviene più giusto; · sono cancellate le colpe; · annientati i vizi; · alimentati le virtù e i meriti; · confuse le insidie diaboliche. Beato chi può e partecipa alla Santa Messa anche nei giorni feriali. Con approvazione ecclesiastica
Si prega di diffondere. Per richieste:
Associazione “Volontari Seminatori della Carità” – via Pio XI, Trav. De Blasio, 31 - 89133 R.C. – Tel. 0965-53866
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Santa Messa: settantasette grazie che si ricevono. P. Martin von Cochem
Settantasette
grazie e frutti che si ricevono
assistendo alla santa Messa
del R. P. Martin de Cochem
frère mineur capucin
extrait de son Explication
du Saint Sacrifice de la Messe, Paris : Casterman, 1901
Imprimatur : Tornaci, die 10 Januarii 1901, V. Cantineau, can. Cens.
lib.
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1 . Dio Padre ha mandato il suo Figlio sulla terra
per la nostra salvezza.
2 . Con l' obbedienza al Padre ed il Suo amore per
noi, Gesù Cristo scende a nascondersi sotto le specie del pane e del vino.
3 . Lo Spirito Santo cambia il pane e il vino nel
corpo e nel sangue di Gesù Cristo.
4 . Cristo si annienta per essere veramente
presente in ogni particella di ogni ostia consacrata .
5 . Cristo rinnova il mistero dell'Incarnazione.
6 . Egli nasce di nuovo per noi.
7 . Sull'altare dà tutte le espressioni di amore
che aveva dato agli uomini, nel corso della sua vita terrena.
8 . Rinnova la sua dolorosa passione e ci permette
di partecipare ai suoi frutti.
9 . Gesù Cristo muore spiritualmente e dà la sua nobile
vita per noi.
10 . Offre il Suo Preziosissimo Sangue all'Eterno
Padre per noi.
11 . Con il suo sangue prezioso, bagna e purifica la tua anima da ogni macchia di
peccato.
12 . Si offre in olocausto per noi e rende a Dio tutto l'onore dovutogli.
13 . Se
date a Dio questo onore in
unione con Gesù Cristo, lo compenserete
di tutta la gloria che avete mancato di rendergli.
14 . Gesù Cristo si fa vostro sacrificio di lode
e ripara le lodi che avete rifiutato di
rendere a Dio.
15 . Offrendo queste lodi del Figlio di Dio al Padre celeste, gli rendete più gloria di
quanta gliene possano dare gli angeli .
16 . Gesù Cristo si fa vostro sacrificio di ringraziamento e supplisce alla vostra
ingratitudine .
17 . L' offerta di questo sacrificio in rendimento di
grazie ricompensa Dio per tutti i suoi benefici.
18 . Gesù Cristo espia per voi e vi riconcilia con Dio.
19 . Egli perdona i peccati veniali, a condizione
di non volerli più commettere.
20 . Supplisce al bene che hai trascurato di fare.
21 . Ripara le negligenze nell’operare il bene.
22 . Rimette le colpe commesse inavvertitamente,
quelle che non conosci o che ti sei dimenticato di accusare in confessione.
23 . E' il vostro sacrificio di soddisfazione ed estingue una parte dei
debiti con la giustizia divina.
24 . Assistendo alla Messa, si possono espiare più
peccati che con la più grande
penitenza perché:
25 . Gesù Cristo vi comunicherà parte dei suoi meriti, che a vostra
volta potrete offrire al Padre celeste per i
vostri peccati .
26 . Gesù Cristo nella Messa prega anche per voi, come ha fatto sulla croce per
i suoi nemici.
27 . Il suo prezioso sangue grida innumerevoli volte misericordia per voi per quante gocce
di sangue ha versato nella sua passione.
28 . Le sue ferite sacre chiedono perdono per voi.
29 . Per meriti
della preghiera di Gesù, le vostre preghiere durante la Messa sono
ascoltate in modo più favorevole.
30 . La vostra preghiera durante la Messa, diventa
molto efficace perché:
31 . Gesù
la offre al Padre in unione con la sua.
32 . Vi compatisce
e si prende cura della vostra
salvezza.
33 . Tutti
gli angeli presenti pregano per
voi e offrono le vostre preghiere al
loro Signore sovrano.
34 . In virtù della Santa Messa, il diavolo si
tiene lontano.
35 . Il sacerdote prega in particolare per chi assiste e così rende il santo sacrificio più vantaggioso per loro.
36 . Assistendo alla santa Messa, si diventa
misticamente sacerdoti e Gesù Cristo vi
dà il potere di offrire il santo sacrificio per voi e per gli altri.
37 . La Santa Messa è quanto di più prezioso si possa offrire alla Santissima Trinità.
38 . Questo dono è più prezioso del cielo e della
terra.
39 . È Dio stesso.
40 . E ' la gloria di Dio.
41 . E ' la gioia della Santissima Trinità.
42 . Questo nobile dono Gesù Cristo lo offre a te!
43 . L'ascolto della Santa Messa è il più grande
culto di latria.
44 . Con questa partecipazione rendete
il più grande tributo all’umanità di Gesù Cristo.
45 . Voi onorate
degnamente la passione del Salvatore e
ne raccogliete i frutti.
46 . Voi onorate e
date gioia alla Madre di Dio.
47 . Voi onorate e rallegrate le anime più di molte altre orazioni.
48 . Questo è il modo migliore per arricchire la
vostra anima.
49 . Questa è
l’opera buona per eccellenza.
50 . Questo è il supremo atto di fede che vi
assicura una grande ricompensa.
51 . Prostrandosi umilmente davanti alle sacre specie, si fa un sublime atto di
culto.
52 . Ogni volta che si guarda pieni di fede l'Ostia
Santa, si guadagna un premio speciale in cielo.
53 . Ogni volta che vi battete il petto con
contrizione per i peccati, ottenete la
remissione di molte colpe.
54 . Se vi
trovate in peccato mortale, ascoltando
la Santa Messa con devozione, Dio vi offrirà la grazia della conversione.
55 . La Santa Messa aumenta la grazia santificante
e attira molti grazie attuali.
56 . Assistendo alla Messa si è spiritualmente
nutriti del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo.
57 . Avrete l’insigne privilegio di contemplare
Gesù Cristo sotto le sacre specie.
58 . Si riceve la benedizione del sacerdote che Dio
ratifica in cielo.
59 . La partecipazione alla Messa attira
anche benedizioni temporali.
60 . Preserva da molte disgrazie.
61 . Fortifica contro le tentazioni.
62 . Attira la grazia di una buona morte.
63 . La Messa ascoltata in onore degli angeli e dei
santi, richiama la loro protezione e il
loro aiuto potente.
64 . Al momento della morte, le Messe che avete
sentito bene diventeranno un motivo di
conforto e di confidenza nella misericordia divina.
65 . Esse vi accompagneranno davanti al giusto
giudice e chiederanno perdono per voi.
66 . Le Messe ascoltate bene mitigheranno le fiamme del purgatorio, perché :
67 . Ciascuna riduce la pena temporale più
della più dura penitenza.
68 . Una sola
Messa ascoltata bene in vita
sarà più vantaggiosa per la tua anima più di tante Messe offerte per
te dopo la tua morte.
69 . La devozione alla Santa Messa vi farà
guadagnare una grande gloria in cielo.
70 . La frequente partecipazione alla Messa ti farà ottenere un posto più alto in
Cielo e aumenterà la tua felicità eterna.
71 . Nessuna preghiera offerta per gli amici e
parenti è così efficace come assistere alla Santa Messa.
72 . Assistere alla Messa per le intenzioni dei
propri benefattori è un mezzo sicuro di
ringraziarli per i benefici ricevuti
73 . I poveri, i malati, i moribondi vengono
potentemente aiutati.
74 . Otteniamo la conversione dei peccatori .
75 . Tutti i fedeli ottengono abbondanti
benedizioni .
76 . Le anime del purgatorio sono consolate.
77 . I poveri,
che non hanno i mezzi per far celebrare Messe per i loro cari, partecipando devotamente possono
liberare le anime dei loro cari dal
fuoco del purgatorio.
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