La stima propria avvelena la Grazia. Purgatorio
d’un anima per aver trascurato la Comunione.
(1) Trovandomi nel solito mio stato mi sono trovata
fuori di me stessa con Gesù
bambino, e pareva
che diceva ad un sacerdote:
(2) “La stima propria avvelena la Grazia in te
e negli altri, perché dovendo per il tuo
uffizio
somministrare la Grazia, se le anime avvertono, ché facilmente si avverte quando
c’è questo veleno,
che quello che dici e fai lo fai per essere stimato, già la Grazia non
entra sola, ma
insieme col veleno che hai tu; quindi, invece di risorgere alla vita, trovano
la morte”.
(3) Poi ha soggiunto: “E’ necessario vuotarsi
di tutto per poterti riempire del Tutto che
è Iddio, e tenendo
in te il Tutto, darai il Tutto a tutti quelli che verranno da te, e dando il
Tutto agli altri,
troverai tutto a tua disposizione, in modo che nessuno saprà negarti
niente, neanche la
stima, anzi da umana l’avrai divina, qual si conviene al Tutto che
abita in te”.
(4) Dopo ciò vedevo un anima del purgatorio che
vedendoci, si nascondeva e ci
sfuggiva, ed era
tale il rossore che provava che rimaneva come schiacciata. Io sono
rimasta stupita, che
invece di correre al bambino, sfuggiva, Gesù è scomparso ed io mi
sono avvicinata
domandandole la cagione di ciò, ed essa era tanto vergognosa che non
poteva dir parola,
ed avendola costretto mi ha detto:
(5) “Giusta giustizia di Dio, che ha suggellato
sulla mia fronte la confusione e tale
timore della sua
presenza, che sono costretta a fuggirlo, agisco contro il mio stesso
volere, ché mentre
mi consumo di volerlo, un altra pena m’inonda e lo sfuggo. Oh! Dio,
vederlo e fuggirlo,
sono pene mortali ed inesprimibili.
Però, mi ho meritato queste pene
distinte dalle altre
anime, ché facendo io vita devota, abusai molte volte di non fare la
comunione per cose
da niente, per tentazioni, per freddezze, per timori, ed anche
qualche volta per
poter portare ragioni al confessore e farmi sentire che non facevo la
comunione. Dalle anime si tiene un niente tutto questo,
ma Iddio ne fa severissimo
giudizio, dandole
pene che superano le altre pene, perché sono difetti più diretti
all’amore. Oltre di tutto ciò, Gesù Cristo nel
santissimo sacramento brucia d’amore e dal
desiderio di darsi
alle anime, si sente morire continuamente d’amore, e l’anima potendo
accostarsi a
riceverlo, e non facendolo, anzi se ne sta indifferente con tante inutili
pretesti, è
un’affronto e un dispiacere tale che Lui riceve, che si sente smaniare,
bruciare, e alle sue
vampe non può dare sfogo, si sente come soffocare dal suo amore,
senza che trovi a
chi farne parte, e quasi impazzito va ripetendo:
(6) “Gli eccessi dei miei amori non sono
curati, anzi dimenticati, anche quelle che si
dicono mie spose non
hanno ansia di ricevermi e di farmi sfogare almeno con loro, ah! in
niente sono
contraccambiato. Ahi! ahi! ahi! non
sono amato! non sono amato!”
(7) Ed il Signore per farmi purgare da questo
difetto, mi ha fatto parte della pena che
Lui soffre quando le
anime non lo ricevono. E’ una pena, è
un cruccio, è un fuoco che
paragonato allo
stesso fuoco del purgatorio, si può dire che questo è un niente”.
(8) Dopo ciò, mi sono trovata in me stessa,
tutta stupita pensando alla pena di
quell’anima, mentre
da noi si tiene veramente come un niente il lasciare la santa
comunione.
Libro di Cielo
“Il Regno della mia Divina Volontà in mezzo alle creature. Il richiamo delle
creature nell’ordine, al suo posto e nello scopo per cui fu creata da Dio”.
Serva di Dio Luisa Piccarreta
7-41
Ottobre 14, 1906
“Il Regno della mia Divina Volontà in mezzo alle creature. Il richiamo delle
creature nell’ordine, al suo posto e nello scopo per cui fu creata da Dio”.
Serva di Dio Luisa Piccarreta
7-41
Ottobre 14, 1906
7-54
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